Salario minimo, Meloni valuta il da farsi. Pro e contro
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AperturaEconomia Mar 25 luglio 2023

Salario minimo, Meloni valuta il da farsi. Pro e contro del provvedimento

Il governo sceglie di prendere tempo sulla legge sul salario minimo. Per Anpit, è necessario un maggior coinvolgimento dei lavoratori Salario minimo, Meloni valuta il da farsi. Pro e contro del provvedimento Lavoratori all'opera nella raccolta dell'Uva
Fiorina Capozzi
di 
Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Meloni apre al confronto sul salario minimo

Non c’è una soluzione unica al tema del lavoro povero. Il salario minimo può essere una strada, ma tutto dipende da come la legge verrà poi realmente realizzata. E dalle eventuali distorsioni in fase applicativa. Per questo il governo di Giorgia Meloni ha deciso di prendere tempo per affrontare la questione in autunno. Intanto  la querelle continua. Con la sinistra che ne fa un tema centrale per il Paese, senza però essere entrata nel tema quando, al governo, avrebbe potuto cambiare le regole del gioco. E la premier che apre al confronto. Nel mezzo ci sono gli imprenditori che ritengono essenziale partecipare alla stesura della norma evitando aggravi di costi per le aziende, già affossate dal covid e dal rallentamento dell’economia. 

“La proposta di legge per l’istituzione di un salario minimo, depositata da una parte delle forze parlamentari di opposizione, è inefficace se non controproducente per una crescita reddituale effettiva” spiega Federico Iadicicco, presidente nazionale di Anpit, Associazione Nazionale per l’Industria e il Terziario. “L’obiettivo di aumentare il reddito disponibile può essere raggiunto efficacemente attraverso una riduzione della pressione fiscale su imprese e famiglie capace di generare un aumento dei consumi e degli investimenti, attivando così una spirale virtuosa verso lo sviluppo. Dovremmo poi cercare di aumentare la produttività del lavoro, ad oggi tra le più basse dei paesi occidentali” aggiunge.

Federico Iadicicco

Federico Iadicicco

Per gli imprenditori esiste una strada alternativa 

In buona parte il governo Meloni ha anche tentato di percorrerla attraverso l’abbattimento del cuneo fiscale per i redditi più bassi. Un provvedimento che la maggioranza vorrebbe poter trasformare in una misura strutturale. Ma, secondo Anpit, si  può fare di più: “si deve dare forza alla contrattazione aziendale indirizzandola verso un maggior coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte e dei risultati. Penso che le forze parlamentari tutte, il governo e le opposizioni, possano e debbano dialogare per offrire al Paese una riforma fiscale e politiche per lo sviluppo capaci, queste sì, di costruire una strutturale e duratura crescita dei salari”.

Per la premier del resto il salario minimo “è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi”. Per questa ragione il governo ha annucniato di essere disponibile “ad aprire ad un confronto con l’opposizione” pur sottolineando che la via da seguire è quella della contrattazione collettiva “da rafforzare”. Ma per uno scambio costruttivo è necessario tempo affinchè davvero si scelga la soluzione più adeguara in un contesto socio-economico sempre più complesso in Italia come nel resto del Vecchio continente. 

I rischi legati al salario minimo non mancano

Per la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che ha realizzato un’analisi dei livelli minimi retributivi di 63 CCNL più rappresentativi, “il isalario minimo non è la soluzione alle basse retribuzioni e allo sfruttamento, meglio puntare sulla contrattazione collettiva”. Nel dettaglio, dall’analisi emerge che oltre la metà dei contratti è al di sopra della soglia minima che vorrebbe introdurre il testo in discussione.

Non solo: “l’introduzione di un salario minimo legale, anziché rappresentare la soluzione, comporterebbe alcune controindicazioni: in primis, la marginalizzazione del ruolo della contrattazione collettiva, che in Italia è stata largamente usata per garantire a ciascun lavoratore le giuste tutele idonee al suo specifico impiego. Inoltre, potrebbe risultare un intervento semplicistico rispetto all’effettiva tutela del trattamento globale, economico e normativo dei lavoratori, ben più elevata del salario minimo tabellare” come spiegano i consulenti del lavoro.

C’è poi il tema del costo del lavoro in una fase delicata per l’economia. “La previsione di una simile misura determinerebbe un innalzamento del costo del lavoro a carico delle aziende con effetto trascinamento su tutti i livelli retributivi più alti del minimo, con il rischio di un effetto “immersione” in quei settori incapaci di assorbire l’incremento retributivo previsto” concludono i consulenti del lavoro. La prospettiva è insomma un aumento del lavoro nero e del lavoro povero. E cioè l’esatto inverso di quella che è l’ambizione del provvedimento. 

 

 

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