Inchiesta anti-dumping: gli 007 Ue in Cina- V&A
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AutoPrimo piano Lun 15 gennaio 2024

Inchiesta anti-dumping: gli 007 Ue in Cina. Nel mirino Byd, Geely e Saiac

Entra nel vivo l'inchiesta di Bruxelles sul sospetto di sostegni di Pechino all'auto. Tredici mesi poi il verdetto. In arrivo maxi carico da 7mila auto. Inchiesta anti-dumping: gli 007 Ue in Cina. Nel mirino Byd, Geely e Saiac Stabilimento di produzione cinese
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

In attesa dell’apertura dei primi siti produttivi, l’attacco all’Europa sta avvenendo con le maxi navi cargo. L’ultimo di questi giganti del mare è appena salpato dalla Cina con 7 mila auto Byd. Ma per i produttori del dragone farsi strada nel Vecchio Continente potrebbe a breve essere più difficile. Entra infatti nella fase calda l’inchiesta avviata mesi fa da Bruxelles sul possibile dumping cinese. Proprio in questi giorni gli 007 dell’Ue sono arrivati a Pechino per svolgere ispezioni e verificare se le risposte date dalle Case locali alle autorità comunitarie corrispondano al vero. Ed ora si sanno anche i nomi dei marchi finiti sotto tiro: si tratta di Byd, Geely e Saiac ovvero i tre maggiori produttori di auto in Cina con milioni di vetture immesse sul mercato. Per dare un’idea della forza d’urto basti pensare che Byd proprio quest’anno ha superato Tesla come maggior venditore di auto elettriche al mondo.

I sospetti dell’Unione europea

Le tre Case sono finite al centro dell’inchiesta Ue con l’accusa  di aver beneficiato ingiustamente dei sussidi elargiti in oltre dieci anni dal governo cinese per incentivare la produzione di auto elettriche. Grazie a questi finanziamenti occulti, reecita sempre l’accusa,  i cinesi possono vendere le auto sul mercato europeo a prezzi estremamente concorrenziali (fino al 20% in meno rispetto ai modelli simili delle Case europee).  L’inchiesta non riguarderebbe invece  alcuni brand occidentali che hanno trovato casa in Cina come Tesla, Bmw e Renault. 

Tredici mesi di indagini poi il verdetto

L’inchiesta dell’Unione europea durerà tredici mesi. Al termine Bruxelles potrebbe imporre delle tariffe punitive ai marchi cinesi. La sanzione, in sostanza, si  tradurrebbe nell’applicazione di dazi doganali aggiuntivi all’attuale tassa del 10%. Una mossa che l’Europa ritiene necessaria di fronte alle previsioni degli esperti che, con la dinamica dei prezzi attuale, le  quote di mercato cinesi potrebbero decollare al 15% già nel 2025. Non tutti però in Europa sostengono il braccio di ferro con la Cina. Il pericolo è che Pechino risponda ai dazi aggiuntivi con una rappresaglia sempre sulle tasse d’ingresso nel grande Paese asiatico. Una prospettiva che, per Paese come la Germania particolarmente presente in quel mercato, è vista come fumo negli occhi. L’alternativa ai dazi, è detto appunto da Berlino, è seguire la strategia degli Usa ovvero varare una serie di maxi bonus per il consumatore, ma concederli solo se la scelta ricade su un modello di auto il cui 75% dei componenti è prodotto nel territorio di appartenenza. Nel nostro caso entro i confini comunitari. Uno scudo però facilmente aggirabile con il varo di impianti produttivi all’interno dei confini europei. Cosa che per altro sta già avvenendo.
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