Lavoro: l'auto elettrica allarga la voragine tra Nord e Sud del Paese - V&A
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AutoPrimo piano Gio 14 dicembre 2023

Lavoro: l'auto elettrica allarga la voragine tra Nord e Sud del Paese

Uno studio di Cà Foscari e Cnr certifica l'allarme su indotto e transizione green. In Lombardia c'è ottimismo, altrove si trema. Stellantis alla finestra Lavoro: l'auto elettrica allarga la voragine  tra Nord e Sud del Paese COLONNINE PER LA RICARICA DELLE AUTO ELETTRICHE
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

L’auto elettrica spacca il Paese. La transizione dell’industria automobilistica dall’endotermico alle vetture a batteria rischia infatti di approfondire ulteriormente la voragine occupazionale tra Nord e Sud. A rischiare di perdere il lavoro saranno soprattutto i cinquantenni del Mezzogiorno, mentre i giovani ad  elevata scolarizzazione risulteranno favoriti, anche se i numeri saranno inferiori agli occupati attuali e alcune professionalità ancora mancano.  Ancora, senza incentivi e defiscalizzazione sarà un bagno di sangue soprattutto al Sud. La fotografia emerge dallo studio condotto dall’Osservatorio Tea (Trasformazioni dell’ecosistema automotive), realizzato dall’università Ca’ Foscari di Venezia in collaborazione con il Cnr-Ircres. All’ente, nato nel 2022 per studiare e favorire l’attuale processo di transizione tecnologica della mobilità, vede tra i vari componenti, anche Motus-E (filiera dell’automotive elettrico),  il ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Fiom-Cgil e la regione Piemonte.

Ottimismo in Lombardia, timori al Sud

La rilevazione, presentata al ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha coinvolto 217 dei 2.152 operatori del settore auto individuati dallo stesso Osservatorio. Ebbene, se il dato complessivo parla di un impatto favorevole previsto da otto imprenditori su dieci, scendendo in dettaglio ci si accorge che sotto il profilo “geografico”, le aziende più ottimiste sono quelle lombarde che stimano un + 6,3% di occupati da qui al 2027, a fronte invece di un valore nazionale dello 0,6%. Che passa in negativo quando a rispondere sono le imprese del Centro e del Sud (-3,5%),  territori in cui sono concentrati gli stabilimenti dalla produzione di auto a motore termico.  I più ottimisti poi  sono i rappresentanti delle aziende “micro” o di media grandezza (tipicamente del Nord), che si attendono riflessi positivi o nulli dall’arrivo dell’auto elettrica, mentre il risultato appare ben diverso sul campione delle aziende dell’indotto che operano attorno agli impianti industriali del Mezzogiorno.

Pochi lavoratori, e senza incentivi è crisi

Vi è poi da registrare una tendenziale difficoltà delle imprese nel reperire professionalità in linea con le esigenze della transizione elettrica: a seconda dei ruoli richiesti, la forbice di aziende che hanno ammesso tale problema va dal 39,3 al 48%. Pertanto, non sorprende che le imprese coinvolte nell’indagine ritengano prioritaria, tra gli interventi attesi dalle istituzioni, una defiscalizzazione delle assunzioni di personale più giovane, nonché di forza lavoro esperta, ritenuta “importante o molto importante” dal 65% circa delle imprese intervistate. Gli intervistati chiedono poi incentivi per l’aggiornamento tecnologico e la riconversione produttiva, nonché le agevolazioni per la formazione dei lavoratori. Queste ultime voci appaiono prioritarie per oltre la metà delle imprese coinvolte dal sondaggio.

A rischio 70 mila posti

L’allarme su una transizione all’elettrico in tempi stretti e non supportata da incentivi, d’altra parte, è stata lanciata da tempo dai sindacati e dai rappresentanti dell’indotto dell’automotive. Secondo i calcoli della Cisl a rischio ci sarebbero almeno 70 mila lavoratori delle centinaia di aziende nate attorno agli insediamenti industriali di Stellantis. Fornitori che, mentre al Nord hanno trovato nuove strade, soprattutto verso l’estero, al Sud dipendono quasi esclusivamente dalle strategie del gruppo franco-italiano. La  Casa guidata da Carlos Tavares ha puntato tutto sull’elettrico (entro il 2030 è prevista la conversione totale della produzione) ed ha già avvisato le imprese dell’indotto che non vi sarà alcun sostegno (al contrario di quanto fanno gruppi come Toyota) sui costi della transizione.

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