Carovita e mini-salari si stanno divorano il ricco Settentrione
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Economia/Apertura
AperturaEconomia Ven 29 marzo 2024

Da Bologna a Venezia carovita e mini-salari si stanno divorano il ricco Settentrione

Detto in parole povere: un impiegato statale che prende 2.000 euro al mese, in Italia sta meglio al Sud che al Nord. Da Bologna a Venezia carovita e mini-salari si stanno divorano il ricco Settentrione
Gianluca Baldini
di 
Gianluca Baldini

Si parla tanto di costo della vita alle stelle in Italia e nel mondo. Ma, in realtà, non è quello che abbatte la qualità della vita dei cittadini. Quello che può distruggere letteralmente la vita delle persone è il costo della vita in rapporto al reddito pro-capite. Detto in parole povere: un impiegato statale che prende 2.000 euro al mese netti, in Italia sta meglio al Sud che al Nord, dove la vita costa esponenzialmente di più, ma il reddito è il medesimo. Il punto è che oggi, tra tassi delle banche centrali in aumento, inflazione e stipendi da fame (a causa di una tassazione a dir poco sfavorevole per il lavoratore) la situazione è diventata particolarmente insostenibile per gli italiani che vivono al Nord, dove i costi sono spesso più alti e gli stipendi non sono sempre più alti che al Meridione.

L’esistenza di una vera e propria «Questione Settentrionale» è dimostrata dalle percentuali che l’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato basandosi sui numeri Istat aggiornati a febbraio 2024. In testa alla top ten delle città più care d’Italia troviamo Bolzano, dove l’inflazione pari all’1,7%, si traduce in una maggior spesa aggiuntiva su base annua di 492 euro per una famiglia media (452 con la rilevazione di febbraio 2023). Medaglia d’argento per Brindisi, dove il rialzo dei prezzi è del 2,1%, il record del mese di febbraio, con un incremento di spesa annuo pari a 398 a famiglia. Terzo posto per Napoli che con +1,7% ha una spesa supplementare pari a 375 euro annui per una famiglia tipo (sarebbero stati 344 euro lo scorso anno).

Appena fuori dal podio ci sono solo città del Nord: Venezia (+1,4%, al quinto posto per inflazione, pari a 369 euro), poi Trieste (+1,4%, 342 euro), al sesto Firenze (+1,3%, +340 euro), poi Bologna (+1,2%, 334 euro), Pisa (+1,3%, 332 euro) e Rimini (+1,2%, 326 euro). Chiude la top ten Alessandria (+1,3%, 325 euro). Come fa notare l’Unc, al contrario, nella graduatoria delle città più virtuose d’Italia, nove città sono in deflazione e quasi tutte da Roma in giù. Tra queste, vince Campobasso dove l’inflazione è la più bassa d’Italia, pari a -0,9% e con un risparmio equivalente, in media, di 186 euro su base annua. Medaglia d’argento, invece (tra le poche al Nord) per Imperia, dove la diminuzione dei prezzi dello 0,7% determina un calo di spesa annuo pari a 157 euro per una famiglia tipo. Sul gradino più basso del podio delle città più «risparmiose», Pescara che con -0,7% ha un taglio delle spese pari a 156 euro annui per una famiglia media.

Anche su base regionale, la tendenza non cambia con il Nord perlopiù in netto svantaggio. In testa alla classifica delle regioni più «costose», con un’inflazione annua a +1%, c’è il Trentino-Alto Adige che registra a famiglia un aggravio medio pari a 284 euro su base annua. Segue il Veneto, dove la crescita dei prezzi dell’1,1% implica un’impennata del costo della vita pari a 274 euro. In terza posizione c’è il Lazio (+1,1% e +269 euro). Anche in questo caso, il Sud si dimostra meno salato con il Molise in calo tendenziale (-0,8%, -166 euro). Medaglia d’argento anche per l’Abruzzo, sempre in deflazione (-0,2%, pari a -43 euro). Insomma, la situazione è preoccupante più al Nord che al Sud. Che la povertà aumenti da Roma in su è un’anomalia per la storia economica del Paese, abituato a essere trainato dalle regioni del Nord.

Nove anni fa l’incidenza della povertà era al Sud più che doppia rispetto al Nord , mentre oggi siamo a un gap di un paio di punti percentuali: 10,3% contro 8%). Preoccupa anche la situazione delle amministrazioni locali. Come spiega Alessandro Canelli, presidente della fondazione Ifel (la fondazione dell’Anci che si occupa di finanza locale) e sindaco di Novara: presto oltre 4.000 piccoli comuni potrebbero essere costretti a tagliare servizi per non finire a gambe all’aria. Di questi, oltre il 70% è, non a caso, nel Nord Italia. In particolare, si prevedono tagli per 4.037 amministrazioni sui 6.600 piccoli Comuni italiani.

La fotografia del potere d’acquisto degli italiani è quindi desolante. Non solo al Nord, il costo della vita schiaccia ancora di più verso il basso la qualità della vita dei cittadini, ma è tutta la popolazione a soffrire. I dati mostrano che in tutta la penisola gli stipendi corrono molto meno dell’inflazione. In pratica, i salari restano al palo (o quasi), ma i prezzi continuano a salire. Secondo gli ultimi numeri dell’istituto nazionale di statistica, gli stipendi in media l’anno scorso sono saliti del 3,1%, mentre l’inflazione reale è aumentata del 5,9%. Senza considerare poi il Green deal, la corsa ecologista voluta dall’Ue che impoverirà ancora di più gli italiani. Giusto poche settimane fa il Parlamento europeo ha approvato la direttiva case green, parte del pacchetto di riforme «Fit for 55».

La norma mira a ridurre le emissioni nocive dell’Unione Europea per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica. Tutto molto nobile, ok, ma chi pagherà per avere una casa a prova di emissioni? Ancora i cittadini. Gli stessi che al Nord pagheranno ristrutturazioni eco-friendly più care, a parità di stipendio. Stesso discorso per la corsa all’auto elettrica. La buona notizia è che il prezzo delle auto a batteria è uguale in tutta Italia, solo che al Nord c’è spesso l’obbligo di cambiare l’auto più spesso per rispettare i limiti antinquinamento e il portafoglio ringrazia.

Condividi articolo