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AperturaEconomia Sab 08 aprile 2023

Fisco, Iadicicco (Anpit): "Stop ai bonus una tantum. Serve una riforma strutturale"

Quindici miliardi per una riforma strutturale del fisco Per Federico Iadicicco, presidente dell’associazione di imprenditori Anpit-Azienda Italia, è finito il tempo degli interventi spot. Bisogna pensare al futuro con coraggio mettendo in campo un intervento sul fisco capace di far aumentare i salari e far crescere il reddito disponibile di famiglie... Fisco, Iadicicco (Anpit): "Stop ai bonus una tantum. Serve una riforma strutturale" Agenzia delle entrate
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Quindici miliardi per una riforma strutturale del fisco

Per Federico Iadicicco, presidente dell’associazione di imprenditori Anpit-Azienda Italia, è finito il tempo degli interventi spot. Bisogna pensare al futuro con coraggio mettendo in campo un intervento sul fisco capace di far aumentare i salari e far crescere il reddito disponibile di famiglie e imprese. Il governo si sta muovendo in questa direzione. Ma si può fare di più.

Presidente, pandemia e guerra sono state un duro colpo per le imprese. In quale contesto siamo oggi?

Il presidente di Anpit Federico Iadicicco

La flessione dei prezzi dell’energia, il consolidamento dei prezzi e l’intervento del governo, nonostante il contesto difficile, consentono di andare avanti. Il tema centrale però resta intervenire in maniera strutturale. 

L’inflaziion e sta rallentando, ma i prezzi non scendono. Quali sono le sue previsioni?

Non credo si sia mai visto uno scenario di aumento dei prezzi che poi sono tornati indietro, un aggiustamento forse. I prezzi delle materie prime e  dei prodotti semilavorati si sono ormai consolidati. Non credo ci sia la possibilità di un regresso. Possiamo sperare solo che non ci siano ulteriori aumenti, ma dobbiamo fare i conti con questa situazione e vedere come aumentare sul medio periodo le retribuzioni per renderle compatibili con l’aumento dei prezzi in atto. 

Aumentare le retribuzioni non rischia di creare nuova inflazione?

Oggi come oggi è impossibile immaginare un incremento degli stipendi che grava direttamente sulle imprese. Però se noi riusciamo ad aumentare il reddito disponibile attraverso una riforma fiscale che abbatta la pressione sulle persone fisiche questo potrebbe di fatto aumentarne il reddito netto.

Ma le risorse ci sono?

Il nostro centro studi, Articolo 46, ha realizzato un’indagine per cercare di capire quanti soldi abbiamo allocato nelle ultime due legislature per cercare di ridurre la pressione fiscale. Lo ha fatto analizzando tutti i bonus che abbiamo conosciuto da Renzi in poi.

Dall’analisi è emerso un dato incredibile: 162 miliardi di euro sono stati allocati per tentare di fare interventi che non hanno avuto la capacità di modificare strutturalmente la pressione fiscale e quindi di aumentare i redditi delle persone. Il che vuol dire che potenzialmente attraverso un’attività di programmazione con circa la metà di quelle risorse si può fare un’operazione in cinque anni che ci conduca verso una riduzione strutturale della pressione fiscale.

E in che modo è possibile realizzare una riforma fiscale strutturale?

La nostra proposta è di iniziare oggi con un accorpamento dei primi due scaglioni e un’aliquota al 22% fino a 28mila euro e poi una riduzione di tre punti dello scaglione fra 28 e 50 lasciando invariato lo scaglione al 43. Questo vuol dire intervenire sui redditi medio bassi ed aumentare mediamente la propensione al consumo agevolando le fasce più deboli della popolazione. Poi in una seconda fase, un paio di anni dopo, si potrebbe immaginare di passare ad un’aliquota dal 32 al 30, quella fra 28 e 50mila euro.

Infine, nell’ultima fase si può portare al 40% la tassazione dell’aliquota piu alta perché comunque una tassazione sopra il 40% è oggettivamente iniqua. Considerando tutte le imposte e tasse, significa avere una tassazione superiore al 50%. E’ iniquo che metà del reddito delle persone venga assorbito dalle tasse. L’ultimo passaggio che proponiamo è il passaggio dalla tassazione sulla persona a quello sul nucleo familiare per cominciare ad affrontare anche sul fronte fiscale la grande questione demografica, di cui spesso si parla e che è un vero e proprio dramma, una spada di Damocle sui nostri figli.

Con la crisi demografica in atto abbiamo già e avremo sempre di più difficoltà a finanziare il sistema di welfare perché la popolazione attiva è sempre meno rispetto a quella passiva. Per non parlare dell’impatto molto negativo sul pil e sulla possibilità di reperire manodopera perché mancano le persone, soprattutto in età giovane, da inserire nel mondo del lavoro.

E come la mettiamo con la flat tax?

Anche con la flat tax la progressività può essere garantita dal sistema di deduzioni e detrazioni. Ma questa soluzione fiscale non mi convince perché, secondo me, se si vuole fare una tassa piatta che favorisca tutti, bisognerebbe andare sotto il 23% che è l’aliquota minima.

Temo sia uno sforzo abnorme che non credo sia perseguibile. Penso invece si possa lavorare sulle tre aliquote che comunque è una soluzione di equilibrio. Così se dobbiamo investire delle risorse in più, meglio concentrarsi sul passaggio della tassazione dalle persone fisiche al nucleo familiare.

Sul fronte imprese, quali sono le iniziative fiscali che possono migliorare la situazione e soprattutto incentivare gli investimenti?

Sicuramente l’abolizione dell’Irap sia un atto di giustizia. E’ una tassa inqua che addirittura sfavorisce chi fa occupazione. Già l’ipotesi avanzata dal governo di sostituirla con un’addizionale Ires va nella direzione giusta perché ovviamente cambia la base imponibile.

L’Irap dovrebbe essere ridotta soprattutto per chi reinveste gli utili in azienda. Mi sembra che le ipotesi del governo sia per l’Irpef che per l’Irap vadano in questa direzione. Il giudizio è complessivamente positivo. Ad onor del vero anche la scorsa legislatura era stato fatto un lavoro che aveva portato a delle conclusioni simili a queste.

Ma quindi bisogna cambiare anche tutto il meccanismo di detrazioni e deduzioni?

E’ vero che per mantenere l’invarianza di gettito e di esborso limitato, bisogna fare questo tipo di operazione. Però è anche vero che noi le abbiamo usate le risorse: 162 miliardi in dieci anni. Quindi significa che se noi costruiamo una riforma fiscale che, nella prospettiva di medio periodo, aumenta il reddito disponibile, aumenta i consumi e gli investimenti, il discorso che facciamo oggi potrebbe ritornarci in termini di crescita e quindi anche di gettito anche negli anni successivi.

E siccome in passato abbiamo operato con interventi spot, perché non utilizzare le risorse oggi dentro una costruzione di lungo periodo? Bisogna uscire dalla logica per la quale io governo, ho l’imminente necessità di fare consenso e faccio un intervento che favorisce per tre anni, due anni o un anno le imprese e i lavoratori. Le aziende non hanno bisogno di un aiuto dallo Stato, ma hanno necessità che lo Stato consenta loro di liberare le energie che le imprese producono e quindi di una riduzione strutturale della pressione fiscale. Questo è il grande tema.

Credo ci sia il margine per fare un’operazione così anche mettendo in conto che in una prima fase potrebbe esserci una piccola riduzione del gettito. Ma credo l’investimento valga la pena. D’altro canto la fotografia di 162 miliardi che sono stati comunque spesi in un decennio è la dimostrazione che le risorse se vogliamo le troviamo. Ma se le usiamo per fare cose che non hanno ricadute strutturali perché allora non trovarle per una riforma seria.

Ma il governo non ha ampio spazio di manovra….

Il contesto non è dei migliori. Ci troveremo nella situazione di dover rientrare nei parametri di Bruxelles anche se c’è in campo una trattativa, un ragionamento per uscire dalla dimensione dell’austerity. Ma se abbiamo una proposta credibile e questa proposta viene presentata anche alle istituzioni europee dimostrando che non si fa un intervento per sperperare risorse, ma per generare un virtuoso processo di crescita del Paese, potremmo riuscire ad imboccare una strada diversa.

Nella proposta del governo, che condividiamo, immaginano 5 miliardi per la fase iniziale della riforma del fisco. La nostra proposta ne prevede 15. E’ vero che sono il triplo, ma è anche vero che sono risorse che nelle more di un processo virtuoso possono essere stanziate e  soprattutto avere un ritorno importante negli anni successivi.

Sullo sfondo resta la scenario di guerra che rischia comunque di condizionare l’effetto finale di qualsiasi riforma….

Mi auguro che nei prossimi cinque o sei mesi il conflitto si chiuda innanzitutto per le popolazioni direttamente coinvolte e poi anche per le nostre economie. Cambierebbe lo scenario perché le aspettative sarebbero diverse da parte delle persone e delle imprese. Ci sarebbe anche la fase della ricostruzione e bisognerà capire anche in che modo l’Italia avrà un ruolo nel processo.

Intanto, in questo periodo, il Paese ha preso coscienza di alcuni fatti come la necessità di ridurre la dipendenza dall’estero per l’energia e le risorse minerarie. Se c’è un elemento positivo di questa grande turbolenza internazionale generato dal conflitto russo-ucraino è forse proprio la consapevolezza che è necessario ragionare su come garantire il proprio fabbisogno energetico. E’ un ritorno della politica energetica che questo Paese non ha avuto nell’ultimo trentennio.

 

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