Tra siccità e rincari restiamo di rimanere anche senza l'olio
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Economia Mer 14 settembre 2022

Tra siccità e rincari rischiamo di rimanere anche senza il nostro olio

Soffre il mondo dell’olio italiano. Più degli scorsi anni. Nel 2022 alle grane di lavoratori stagionali e clima si è aggiunta la guerra Tra siccità e rincari rischiamo di rimanere anche senza il nostro olio
Marco Vassallo
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Marco Vassallo

La crisi dell’olio

Frantoi in ginocchio, travolti da bollette insostenibili. Uliveti afflitti da siccità e dalla Xylella che continua a rosicchiare la raccolta del maggiore produttore nazionale, la Puglia. Che insieme alla Calabria rappresenta il 70% del totale nazione. Soffre il mondo dell’olio italiano. Più degli scorsi anni. Nel 2022 alle solite grane di lavoratori stagionali e clima si è aggiunta la guerra, con il suo corredo di aumenti rispetto al 2021: carburante (+129% nelle campagne), vetro (+30%) e fertilizzanti (+ 170%).

Cui si aggiungono cartone e plastica. «Con l’esplosione dei costi, saliti in media del 50% nelle aziende olivicole – evidenziano Coldiretti e Unaprol (Consorzio olivicolo italiano) – quasi un’attività su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura (dati Crea). Per salvarsi, serve al più presto un piano nazionale da almeno 300 milioni».

Il report

Il peso cadrà, oltre che sulle aziende, sulle famiglie italiane. Non solo per i rincari d’autunno. Perché con un crollo produttivo (stimato al 30%) dovremo rinunciare anche alla quantità: per la precisione a una bottiglia di olio su tre in tavola. Tetro il quadro che emerge dal report “2022, la Guerra dell’Olio Made in Italy” presentato da Coldiretti e Unaprol in un momento cruciale. Siamo all’inizio della raccolta 2022/2023, ma già è possibile fare delle previsioni. «La produzione di extravergine calerà sicuramente rispetto allo scorso anno quando eravamo sui 330 milioni di chili», avverte Coldiretti.

Le uniche notizie positive vengono dal Nord, dove crescono i numeri. Ma se fra Liguria, Lombardia, Veneto c’è un +40/60% di stima che fa sorridere, e nelle regioni centrali si prevede un leggero miglioramento (tra il 20 e il 30%), è rotolando verso Sud che iniziano i problemi. In Puglia si rischia il 50% di taglio. «Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante – ha tuonato allora il numero uno di Coldiretti Ettore Prandini – piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico di oltre 3 miliardi di euro con 400 mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione».

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