Gli occhi di tigre non salvano Letta, addio al Pd dopo il flop
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In evidenzaPolitica Lun 26 settembre 2022

Gli occhi di tigre non salvano Letta, addio al Pd dopo il flop elettorale

L’esperienza di Enrico Letta alla guida del Partito democratico “finirà non appena il Congresso avrà individuato una nuova leadership”. Gli occhi di tigre non salvano Letta, addio al Pd dopo il flop elettorale
Redazione Verità&Affari
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Letta e il risultato del Pd

L’esperienza di Enrico Letta alla guida del Partito democratico “finirà non appena il Congresso avrà individuato una nuova leadership”. Intervenuto dalla sede Pd a Roma, al Largo del Nazareno, il segretario dem ha infatti annunciato che assicurerà “in spirito di servizio” la guida del Pd fino al prossimo Congresso, al quale, ha sottolineato, “non mi presenterò come candidato”, perché “spetta a una nuova generazione rilanciare il Pd nell’interesse dell’Italia e dell’Europa”.

Un Pd sconfitto, quello che esce da questa tornata elettorale, come aveva ammesso la capogruppo dem alla Camera, Debora Serracchiani, già dopo i primi dati di ieri sera. Letta ha parlato oggi chiaramente di un “risultato insoddisfacente”. “Ce l’abbiamo messa tutta, ci siamo battuti per evitare questo esito, con i nostri valori e con un’idea di Italia del futuro, ma non è stato bastato”, ha sottolineato, definendo quello di oggi “un giorno triste per l’Italia e per l’Europa”. Il Partito democratico resta tuttavia “la seconda forza politica e la prima forza di opposizione, nel Parlamento e nel Paese” e per questo garantirà “un’opposizione dura e intransigente”, per evitare che “l’Italia esca dal cuore dell’Europa, dove è stata e starà, che si stacchi dai valori europei e dai valori costituenti”.

Sui motivi che hanno portato alla vittoria di Giorgia Meloni, il segretario dem ha le idee chiare, e punta il dito in primis verso l’ex alleato e presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte. “Voglio ribadire che, se siamo arrivati al governo Meloni, è perché Giuseppe Conte ha fatto cadere Draghi”, ha sottolineato a più riprese durante il suo intervento. “Se passiamo da Draghi a Meloni – ha aggiunto -, quello è il momento scatenante”. Del resto, è stato proprio il venir meno del sostegno del Movimento all’esecutivo Draghi a causare anche la rottura dell’alleanza Pd-M5s e il disfacimento del cosiddetto “campo largo” che, a detta del segretario dem, era “l’unico modo per battere questa destra”.

“Non è stato possibile farlo (il campo largo), ma non per colpa nostra, perché sono stati alcuni dei nostri interlocutori ad essersi sfilati”, ha evidenziato Letta, con un chiaro riferimento anche all’ex alleato, seppur per brevissimo tempo, Carlo Calenda. A ciò si è aggiunta la guerra in Ucraina, che per Letta ha rappresentato il “punto di svolta”, facendo precipitare il Paese nella paura e aprendo così la strada alla destra. “L’inflazione e i costi dell’energia alle stelle hanno creato una situazione insostenibile, e la destra – ha spiegato – è stata brava a cogliere questo sentimento e a trarne vantaggio”. “La guerra ha alzato i livelli di paura e, quando si alza la paura, la destra vince”.

Anche sul futuro del suo partito, il segretario mostra di avere le idee chiare e chiarisce la necessità di un Congresso in tempi brevi, che sia fonte di rigenerazione e ripartenza. “Servirà – ha precisato – un Congresso profondo sul Partito democratico di domani, che deve non solo fare opposizione ma costruire un’alternativa, che sia questa volta vincente”. Per questo, ha aggiunto, “vorrei che avvenisse nei tempi più rapidi possibili”. “Adesso è bene che inizi la legislatura ed è bene dare il nostro contributo, però poi, in ottemperanza allo statuto ma nei tempi compatibili, bisogna arrivare al Congresso, che dovrà completare il percorso della lista unitaria democratica e progressista e fare una profonda riflessione su chi è e cosa vuole essere il Pd”.

Serve un partito all’altezza di quella che il segretario ha definito “una sfida epocale”, di fronte a “una destra che ha un mandato forte a governare per i prossimi anni”. Nel frattempo, il Pd assicura un’”opposizione intransigente”, ma il richiamo dal segretario dem è a “una convergenza delle opposizioni nell’interesse del Paese”. “Mi sento di dire che è molto importante che si riprendano le fila delle relazioni che consentano di fare un’opposizione forte e efficace”, perché “non c’è nessun futuro in una logica di autosufficienza e di isolamento”, ha sottolineato. “L’ultimo regalo che possiamo fare a questa destra – ha concluso – è un lavoro di opposizione in senso sparso”.

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