Stellantis ai fornitori italiani: andate a produrre all'estero per abbassare i costi
Il gruppo scarica sull'indotto i costi della transizione all'elettrico. E a farne le spese è l'industria italiana. In barba alle promesse
Stellantis chiede ai fornitori italiani di produrre all’estero
“Andate a produrre all’estero“: la richiesta di Stellantis ad alcuni grandi fornitori italiani suona come una vera e propria una sfida al governo, dopo il solenne impegno preso questa primavera dallo stesso Ceo, Carlos Tavares, di tornare a produrre in Italia un milione di vetture. Pochi giorni fa il gruppo franco-italiano ha premiato i suoi migliori fornitori, con i riconoscimenti “Supplier of the year” andati a sedici imprese globali del Gruppo. Ma contestualmente, secondo fonti sindacali non smentite, la Casa ex-Fiat avrebbe chiesto ad alcune di queste aziende di dirottare parte della produzione destinata all’Italia verso le piazze asiatiche, ossia verso Paesi low cost.
Il taglio dei costi lo pagano i fornitori
Che il gruppo ormai a trazione francese voglia far pagare ai fornitori l’aumento dei costi di produzione (legati a rincari delle materie prime, dell’energia, ecc.) è cosa nota. Tavares, presentando il grande piano di riconversione all’elettrico era stato chiaro: “Abbassate i prezzi per farci restare competitivi”. E l’invito odierno alla fuga dall’Italia lanciato ai fornitori più fedeli fa comunque il paio con quanto proposto qualche mese fa dal Gruppo al momento del maxi investimento in Algeria. “Seguiteci in Algeria”, aveva dello Tavares in quel contesto. Una richiesta che non era certo un favore. Stellantis infatti, volendo ampliare la gamma di veicoli prodotti (incluse Fiat Tipo e Jeep Renegade) per il mercato africano, ha bisogno di una rete di fornitori locali che possa garantire qualità e costi contenuti.
Delocalizzazione per procura
Cercare di contenere i costi e salvare i bilanci in un delicatissimo momento di trasformazione dell’industria automobilistica, è ovviamente tra le priorità. Ma da qui a promuovere una delocalizzazione per procura ce ne corre. Anche perché la strada di punire i fornitori non è obbligata: vi sono esempi di altre case, come Toyota, che recentemente ha messo a bilancio un mega stanziamento proprio per sostenere i fornitori storici nella difficile fase di passaggio dall’endotermico all’elettrico.
Lo sconforto a Torino
Da questo punto di vista assumono un significato ben preciso le parole di Giorgio Marsiaj, presidente uscente dell’Unione Industriale di Torino, alla recente all’assemblea di Confindustria Torino. Marsiaj, che è fornitore con la Sabelt di Stellantis, aveva lanciato un accorato appello al gruppo di Tavares affinché non si limitasse a lasciare a Torino solo “gli ingegneri”. L’industriale si riferiva a quanto deciso per Mirafiori, che ospiterà l’“hub del riciclo”. Un tassello importante, è vero, quello di Mirafiori nel piano Dare Forward 2030, ma che a conti fatti occuperà poche centinaia di addetti. Proprio a Mirafiori si è appena tornati al lavoro dopo una lunga pausa per cassa integrazione che ha coinvolto 3mila lavoratori. Ma la 500 elettrica tira molto meno del previsto e la produzione deve scendere: per dicembre si parla di 100 veicoli al giorno appena. E così c’è anche la prospettiva di una nuova cassa integrazione a cavallo del Natale.
E adesso che dirà il ministro?
La richiesta-capestro ai fornitori di lasciare il nostro Paese arriva proprio all’indomani delle rassicurazioni al ministro Urso in merito al piano per tornare a produrre un milione di auto nel nostro Paese. Lo stesso titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy in questi giorni si era detto ottimista sull’impegno preso da Stellantis, tanto da ipotizzare un incontro a breve col Ceo Tavares per avviare quella che è stata definita “la rinascita dell’industria automobilistica italiana”. Una rinascita che però, viste le premesse, appare sempre più incerta.