Mercedes punta sugli Usa e Bruxelles sta a guardare
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AutoPrimo piano Mar 26 settembre 2023

Mercedes punta sugli Usa e Bruxelles sta a guardare

Mercedes ingrandirà due stabilimenti grazie ai finanziamenti del piano green americano. Anche Bmw, Stellantis e Vw crescono in America. Mercedes punta sugli Usa e Bruxelles sta a guardare
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Mercedes-Benz accelera negli Stati Uniti. La Casa di Stoccarda intende infatti  ingrandire gli  stabilimenti di Suv a Tuscaloosa, nello Stato americano dell’Alabama e quello di  furgoni a Charleston nella Carolina del Sud.  La decisione è legata alle regole ed ai sussidi previsti dall’Inflation Reduction Act.

Finanziamenti che, come ha confermato lo stesso produttore tedesco, sono “già stati richiesti per entrambi gli stabilimenti”. A Tuscaloosa, Mercedes attualmente produce i grandi Suv a combustione Gle e Gls e i Suv Eqe e Eqs completamente elettrici. A Charleston la Casa prevede invece di  costruire a partire dal 2026 furgoni di lusso di medie dimensioni, come la Classe V, oltre a furgoni di grandi dimensioni, come lo Sprinter, sulla base della nuova piattaforma elettrica Van.Ea.

Cosa prevede il piano green di Biden

L‘Inflation reduction act è una legge approvata dal Congresso degli Stati Uniti nell’agosto del 2022, che mette a  budget l’astronomica cifra di 738 miliardi di dollari per il raggiungimento di una serie di obiettivi quali la riduzione dell’inflazione attraverso la riduzione del deficit, l’abbassamento dei prezzi dei medicinali, e l’incentivazione degli investimenti in energia pulita. Un sostanzioso capitolo del progetto riguarda l’automobile con l’obbiettivo di diminuire fono ad azzerare le emissioni inquinanti. In questo senso sono previsti incentivi fino a 7.500 dollari per chi decida di cambiare auto acquistando un’auto elettrica e ibrida.

Ma gli  incentivi stessi sono rivolti esclusivamente a chi acquista auto green assemblate in Nord America, che montano batterie realizzate con materie prime estratte negli Stati Uniti o in Paesi con cui gli Usa hanno un accordo di libero scambio e che abbiano almeno il 65% di componenti prodotti in territorio americano. Una misura che punta ad ottenere anche lo scopo di proteggere l’industria nazionale contro l’assalto straniero, soprattutto cinese. Ma l’Inflaction reduction act prevede anche consistenti sussidi a quelle Case straniere che decidano di parire stabilimenti negli Usa. Da qui la decisione di Mercedes.

Non solo Mercedes

Il fenomeno delle delocalizzazioni dall’Europa agli Stati Uniti spinte dai sussidi e dal rischio di perdere quote di mercato negli Usa, ha comunque già coinvolto altre Case. alcune grandi multinazionali europee.   Per quanto riguarda gli Stati Uniti, BMW ha già uno stabilimento a Spartanburg, in North Carolina e un secondo impianto nello Stato di Washington. Dal 2019 entrerà a pieno regine un nuovo stabilimento costruito a San Luis Potosì, in Messico, Paese da cui si posso esportare auto verso gli Usa. Wolkswagen  ha due stabilimenti nel continente americano.

Il primo si trova nei pressi di Chattanooga, in Tennessee mentre l’altro impianto si trova ancora una volta in Messico, nello Stato di Puebla. La Casa tedesca ha annunciato l’ulteriore espansione negli Usa all’inizio di quest’anno dirottando un investimento da 10 miliardi per la costruzione della seconda fabbrica di batterie. Stellantis è ben piantata degli Usa grazie a Chrysler ed ha recentemente annunciato che investirà un totale di 155 milioni di dollari in tre stabilimenti di Kokomo, Indiana. La Casa italo-francese  gestisce cinque impianti per la produzione di sistemi di propulsione in Indiana: tre stabilimenti dedicati alle trasmissioni, una fonderia e uno dedicato ai motori.

E l’Europa sta a guardare

Sul piano normativo, dopo le proteste per il Piano Usa considerato protezionistico, la reazione dell’Unione europea ha portato alla presentazione da parte della Commissione, a gennaio 2023, della proposta del Green Deal Industrial Plan allo scopo di migliorare la competitività dell’industria a zero emissioni e sostenere una più rapida transizione verso la neutralità climatica. Ma si tratta soltanto di parole. Per quanto riguarda gli incentivi, infatti, ogni Stato fa per sé.

Ed anche le misure anti dumping nei riguardi della Cina si scontrano con i timori di alcuni Paesi, Germania in testa, di trovarsi a dover fronteggiare misure analoghe da parte del Dragone. Sta di fatto che se da un lato il partito dell’ambientalismo ideologico di Bruxelles spinge per una transizione green in tempi rapidi, dall’altro non fa nulla per proteggere l’industria del Vecchio Continente. Solo nelle ultime settimane, messa alle strette da alcuni governi (tra cui l’Italia) e dalle Case automobilistiche, la Commissione è tornata sui suoi passi su alcune decisioni tra cui Euro 7. Resta però la disparito di azione con i giganti statunitense ed asiatico che rischia di mettere in ginocchio uno dei comparti strategici del Vecchio continente.

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