Crisi del Mar Rosso, a che punto siamo. Quali Paesi perdono di più
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ApprofondimentiCronaca Dom 14 aprile 2024

Crisi del Mar Rosso, a che punto siamo. Quali Paesi ci perdono di più

La zona del Mar Rosso è stata interessata da una serie di attacchi, minando la stabilità di una delle rotte commerciali più attive. Crisi del Mar Rosso, a che punto siamo. Quali Paesi ci perdono di più
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

A partire dallo scorso novembre, la zona del Mar Rosso è stata interessata da una serie di attacchi, minando la stabilità di una delle rotte commerciali più attive a livello globale, da cui transita il 21% degli scambi internazionali. Immediati gli effetti da un punto di vista economico con un calo del 40% nel volume del traffico commerciale che viaggia attraverso il Canale di Suez, secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, elaborate in un’analisi di iBanFirst, fintech che opera nel mercato dei pagamenti multivaluta. Tra i Paesi più a rischio l’Egitto con una perdita di 315 milioni di dollari. Enorme l’impatto nel commercio dei cereali, se consideriamo che circa il 4,7% delle importazioni di grano dell’UE passa dallo stretto di Bab El Mandeb, via importante di commercio internazionale.

“Il blocco dello stretto di Bab El Mandeb sta costringendo le navi a viaggi più lunghi: oggi i container impiegano anche 15-20 giorni in più per raggiungere la destinazione, con un aumento dei costi legati al trasporto, che necessariamente può avere ripercussioni sui prezzi al consumo – spiega Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia – Con il rischio di interruzioni in altre aree cruciali, come lo Stretto di Formosa, utilizzato dalle aziende di semiconduttori, lo Stretto di Hormuz, per il petrolio, e lo Stretto del Bosforo, per il grano, la ricollocazione delle attività commerciali in zone più prossime al mercato di destinazione sarà la direzione che verrà seguita nei prossimi anni. In questa situazione, l’abbattimento dei rischi legati al cambio diventerà un aspetto sempre più fondamentale per le aziende che vogliono andare su quei mercati con strategie di lungo periodo, evitando oscillazioni impreviste”.

Oltre a impattare su costi e tempi di consegna, la circumnavigazione dell’Africa, comporta una duplice serie di conseguenze, di natura economica e strategica. “Dal punto di vista economico, i rincari delle spese di trasporto si traducono in maggiori costi dei prodotti importati, mentre la perdita dei traffici internazionali determina minori entrate per i porti, le imprese della logistica e dell’indotto e per lo Stato, a cui è destinato il gettito Iva delle importazioni – aggiunge l’avvocato Sara Armella, fondatrice dello studio Armella & Associati, specializzato in diritto tributario e doganale, con sedi a Milano e Genova – Stiamo assistendo alla terza grave crisi degli scambi internazionali e del modello di produzione integrata, a partire da componenti, semilavorati e prodotti finiti, la cui produzione è stata delocalizzata in Cina, Vietnam, India, Corea e altri Paesi asiatici. Un’ulteriore spinta verso il reshoring, ossia la diffusa tendenza a riportare in ambito italiano ed europeo molte delle produzioni finora delocalizzate, secondo un modello produttivo che si sta consolidando in numerosi ambiti della nostra economia. Grandi e piccole imprese non possono attendere mesi per le consegne dei prodotti, mettendo a repentaglio la propria produzione o consolidate relazioni commerciali e si sono orientate a ricercare fornitori in ambiti geograficamente vicini, in Europa, Turchia o nei Paesi balcani e nord africani, invertendo la rotta della globalizzazione”.

“Il World Economic Forum parla di ‘polycrises’ – prosegue Giuseppe Coco, partner dello studio legale Ughi e Nunziante – Una situazione in cui rischi presenti e futuri confluiscono in ‘cluster’ di rischi globali correlati il cui impatto complessivo supera la somma di ogni parte. Per affrontare questa situazione in maniera strutturale, le imprese italiane dovrebbero iniziare col dotarsi di una buona governance, condizione indispensabile anche solo per avvedersi dei rischi all’orizzonte. E anche per cogliere le opportunità che pure sorgono dall’instabilità. In molti settori industriali è in atto una politica di nearshoring, con il ri-posizionamento delle attività in regioni geograficamente più vicine, che sta consentendo a molte imprese italiane di tornare al centro dell’interesse degli operatori internazionali”.

Andrea Beretta Zanoni, partner Endevo e professore ordinario di strategia aziendale nell’Università di Verona, commenta: “In ambito europeo negli ultimi 20 anni la produttività italiana è cresciuta meno rispetto a quella francese e tedesca: da qui una crescita del Pil italiano storicamente più modesta. L’attuale situazione geopolitica sta causando livelli elevati di volatilità, rallenta le scelte di investimento che sono invece quanto mai urgenti”. Zanoni va ancora più nel dettaglio: “In generale volatilità e incertezza non sono mai amiche delle scelte di medio lungo periodo, e nello specifico l’inflazione, che soprattutto per l’Europa ha origini geopolitiche, ha costretto le banche centrali ad inasprire la politica monetaria con le inevitabili conseguenze sul costo del capitale. In questo scenario, alle imprese italiane servirà coraggio imprenditoriale e lucidità strategica per effettuare le necessarie scelte di investimento per non perdere competitività”.

I ritardi nelle forniture dimostrano la necessità ormai cogente, per le imprese di ogni tipo, di tecnologie che diano visibilità sull’intera supply chain end-to-end, anche per valutare le scorte e mitigare i picchi dei prezzi. L’emergenza del Mar Rosso è solo l’ultimo di una serie di eventi globali dirompenti che rappresentano una “call to action” per le organizzazioni che devono ormai definitivamente abbandonare i sistemi tradizionali obsoleti e chiusi “in silos” per adottare soluzioni digitali standardizzate e strutturate a supporto della catena di fornitura che forniscano una tracciabilità basata sui dati, consentendo di rimanere agili nel momento in cui si verificano eventi disruptive di ogni tipo.

Per Daniele Civini, head of sales Jaggaer, “le aziende in grado di identificare e garantire rapidamente fonti alternative di fornitura e differenti possibilità di trasporto hanno maggiori possibilità di rispondere in maniera efficace a situazioni di crisi come quella del Mar Rosso o del Canale di Panama, dove l’abbassamento del livello dell’acqua dovuto alla siccità ha un impatto sul numero di navi che possono passare, un’ulteriore criticità per il trasporto marittimo globale”. “Le imprese devono adattarsi rapidamente, con strumenti che consentano una resilienza continua. Soluzioni tecnologiche d’avanguardia integrate con infoprovider internazionali grado di offrire informazioni sui livelli di rischio delle varie opzioni di fornitura e la possibilità di creare scenari ‘what if’ che tengano conto delle numerose variabili coinvolte in contesti come quello attuale, diventano strumenti imprescindibili per prendere decisioni informate, consapevoli e tempestive”, conclude.

Perché i rischi geopolitici sono destinati ad aumentare, con oscillazioni sempre più frequenti e meno contingenti che vanno a influenzare le scelte commerciali delle aziende, come mostrano gli ultimi dati trimestrali pubblicati da ISTAT sull’interscambio con la Cina, ad esempio, dove le esportazioni sono crollate del 57,7% nel febbraio 2024 rispetto all’anno precedente. “Provare a parlare di una forma di ‘geopolitica dell’incertezza’ come condizione a partire dalla quale ridefinire le strategie di approvvigionamento o di mitigazione dei rischi contrattuali, nel quadro degli attuali passaggi di frontiera delle merci e nei rapporti tra azienda, sistemi di logistica, mercato e dogane, potrebbe rappresentare una chiave di lettura vincente, se non addirittura necessaria”, completa il ragionamento l’avvocato Valentino Durante, responsabile dell’Area dedita al Diritto Internazionale degli Affari presso lo studio legale Casa&Associati. Un tema che troverà spazio di confronto e dibattito il 12 aprile in un evento a Marghera, in provincia di Venezia, sul tema. 

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