Caos concorsi PA, alla Corte dei conti ne sanno meno dei candidati
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ApprofondimentiTech Dom 14 aprile 2024

Caos concorsi Pa, alla Corte dei conti ne sanno meno dei candidati

A dicembre scorso, la Corte dei Conti ha indetto un concorso per la selezione di sei “esperti” in “Data Science”. Ma la selezione fa acqua da tutte le parti. Ondata di ricorsi in arrivo Caos concorsi Pa, alla Corte dei conti ne sanno meno dei candidati INAUGURAZIONE CORTE DEI CONTI LOMBARDIA
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Il merito in Italia proprio non ingrana. Così la protesta si allarga dalla Consob ai Monopoli per arrivare fino alla Corte dei conti. Con tutti gli annessi e connessi del caso. La colpa è di un meccanismo di selezione e di carriera nei pubblici uffici che non garantisce i migliori ed è legato a doppio filo con la politica.

Di qui lo sciopero all’autorità di vigilanza sui mercati, la Consob. Un vero caos, come più volte ha denunciato Marco Carlomagno, numero uno del sindacato Flp, che ha evidenziato come lo Stato non rappresenti più un datore di lavoro appetibile per i giovani proprio per effetto delle scerse possibilità di avanzamento professionale ed economico, oltre che per l’assenza di formazione in continua e di lavoro in remoto. Un enorme problema anche per l’attuazione del Pnrr, ultima chance per recuperare terreno sul fronte della crescita economica e quindi invertire la terribile deriva debito/pil. 

Il caso della Corte dei Conti è inverosimile

“Sui concorsi indetti dalle pubbliche amministrazioni se ne sono viste di ogni e si è scritto di tutto e di più, ma che i candidati fossero tutti più titolati dei commissari d’esame ci mancava” denuncia un candidato. Ma che cosa sta accadendo? A dicembre scorso, la Corte dei Conti ha indetto un concorso per la selezione e la successiva assunzione di sei “esperti” in “Data Science” (area funzionari).

Il settore è strategico: la Data Science è la disciplina che ha ad oggetto lo studio della grande massa di dati (c.d. “Big data”) che quotidianamente viene generata delle moderne reti di comunicazione (satellite, 5g, ecc.) e tecnologie informatiche, finalizzata al loro sfruttamento industriale, commerciale, finanziario, militare ecc.

Una selezione complessa

Il concorso della Corte dei Conti è aperto pregiudizialmente a chi è in possesso di laurea magistrale in Data Science che essendo ancora poco diffusa ha indotto l’amministrazione ad estendere la partecipazione a ben 14 lauree “sorelle” appartenenti alle aree dell’Informatica, dell’Ingegneria (informatica e gestionale), della Matematica e della Statistica.

La procedura “fa notizia” perché se ai candidati viene richiesta una di quelle che rientra nel pregiato novero delle lauree STEM (acronimo di Science, Thecnology, Economics, Mathematics), nessuno dei commissari pare rispondere a questo tipo di formazione.

Ma la commissione ne sa meno dei candidati

La Commissione esaminatrice del concorso è, infatti, presieduta dal dottor Massimiliano Minerva, Presidente di Sezione della stessa Corte dei conti. Giurista, Referente per i sistemi informativi automatizzati della Corte dei conti dal 2011, è stato promotore – si legge nel suo curriculum – del processo di dematerializzazione, di condivisione documentale e dell’integrazione dei dati. E’ docente di Informatica giuridica ed esperto in diritto dell’informatica e di pubblica amministrazione digitale: dunque, poco più di un giurista appassionato di informatica totalmente privo di competenza certificata nelle materie oggetto di concorso non potendo neppure vantare il possesso di una delle lauree richieste dal bando per i candidati.

L’informatica giuridica è, come noto agli addetti ai lavori, mediamente venti anni indietro a quella che comunemente viene utilizzata nella vita quotidiana (e-commerce, streaming video ecc.): saper scrivere un documento in word, salvarlo in pdf, firmarlo digitalmente e uplodarlo sul cloud – questa e poco più è l’informatica giuridica – non ha nulla a che spartire con l’analisi dei big data ed il suo sfruttamento in chiave industriale e commerciale.

Non solo la presidenza di commissione

Gli altri due membri della commissione sono: la dottoressa Antonella Serini, che è una dirigente della Presidenza del Consiglio dei ministri con l’incarico di Coordinatore del Servizio per la gestione delle banche dati nell’ambito dell’Ufficio per l’innovazione amministrativa, lo sviluppo delle competenze e la comunicazione presso il Dipartimento della Funzione pubblica -, un’esperta di banche dati, in possesso di Laurea magistrale in “Scienze dell’Informazione” e Corso di Alta Formazione in Data Science: in sostanza con un corso accelerato di qualche mese si pretende che giudichi candidati con una laurea magistrale (cinque anni) in data science.

L’altro è il dottor Danilo De Rogatis (Dirigente dell’Ufficio CED, rete, sicurezza, siti istituzionali, formazione e dotazioni informatiche del Servizio dell’Informatica della Giustizia amministrativa), è un informatico esperto nella progettazione e realizzazione di reti informatiche e della loro sicurezza di cui non si hanno notizie di competenze certificate in materia di big data e data science.

Professionalità zero

Invero è a tutti noto che la pubblica Amministrazione allo stato è del tutto priva di professionalità in grado di mettere in atto un progetto di valorizzazione della grande massa di dati derivante dallo sfruttamento delle tecnologie e, quindi, men che meno, di valutare altri su questo terreno.

Tanto è fatto notorio al punto che all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato in un concorso simile per la selezione di data scientist sono ricorsi alle risorse universitarie chiamando a presiedere la commissione la professoressa Irene Finocchi, titolare dell’insegnamento di Management and Artificial Intelligence e Data Scientist e Management alla LUISS.

Operazioni come quelle messe in atto dalla Corte dei Conti malcelano la carenza di qualsivoglia idea progettuale e visione prospettica circa l’impiego efficace delle nuove risorse e tecnologie apparendo più – come sovente accade nella Pa – un’operazione di facciata finalizzata ad apparire (più che essere) al passo coi tempi.

Ondata di ricorsi in arrivo

L’effetto pratico è che coloro che risulteranno non idonei o non vincitori avranno la strada in discesa per proporre con successo ricorsi al TAR per violazione delle norme di svolgimento dei concorsi pubblici che prevedono espressamente (ed ovviamente) che le commissioni esaminatrici siano composte da “tecnici esperti” nelle materie oggetto del concorso (art. 9 DPR 16 giugno 2023 n°82) e senza considerare il danno erariale che dovrà essere accertato e quantificato dalla – ironia della sorte – stessa Corte dei Conti. 

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