Con il Digital services act parte la stretta dell'Ue alle Big Tech
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AperturaDigitale Sab 26 agosto 2023

Con il Digital services act parte la stretta dell'Ue alle Big Tech

Il Digital Services Act obbliga i grandi del web a provvedimenti per il principio che ciò che è illegale offline deve esserlo online. Con il Digital services act parte la stretta dell'Ue alle Big Tech
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

“Piattaforme online e motori di ricerca molto grandi hanno avuto abbastanza tempo per adattarsi ai loro nuovi obblighi. Abbiamo proposto ‘stress test’ per aiutarli a comprendere le loro esigenze. Il vero test inizia adesso. Io e i miei servizi applicheremo scrupolosamente il Dsa e utilizzeremo pienamente i nostri nuovi poteri sulle piattaforme per indagare e sanzionare ove richiesto”. Non usa mezzi termini il commissario europeo per il Mercato interno e l’industria, Thierry Breton, annunciando l’entrata in vigore del Digital Services Act, la stretta Ue per fermare gli abusi sui contenuti online e tutelare gli utenti del web.

Da venerdì 25 agosto sono operative le nuove regole volute dall’Unione Europea verso i grandi del web, per ridurre la diffusione online di tutti i contenuti giudicati fuorvianti, la vendita di prodotti contraffatti, tutelare i minori e fornire agli utenti informazioni più accurate sul trattamento dei propri dati personali. “Rispettare il Dsa non è una punizione: è un’opportunità per le piattaforme di rafforzare la propria affidabilità – evidenzia Breton –. La protezione dei bambini costituirà una priorità di applicazione. Così come lo saranno le battaglia alla disinformazione, compresa la propaganda filo-russa, soprattutto perché stiamo entrando in un periodo di elezioni in Europa”. 

Cosa prevede il Digital Services Act

Il Digital Services Act obbliga le grandi piattaforme come Google, Facebook, X e TikTok a prendere provvedimenti per non rischiare multe milionarie, in base al principio che ciò che è illegale offline deve esserlo anche online. Da venerdì sono entrati in vigore tutta una serie di nuove regole per i 19 maggiori grandi gruppi online con oltre 45 milioni di utenti nell’Ue già individuati dalla riforma: sono 2 motori di ricerca (Bing e Google Search) e 17 piattaforme, con social media (Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Snapchat, LinkedIn, Pinterest), e-commerce (Alibaba AliExpress, Amazon, Apple, Zalando) o servizi (Google Play, Google Maps e Google Shopping), ma anche Booking, Wikipedia e YouTube.

Dopo questi i primi adempimenti, da febbraio la platea coinvolta sarà più ampia. Giganti come Google, Microsoft e Apple, YouTube, Amazon, Facebook, TikTok, Instagram o X dovranno ad esempio fornire strumenti agli utenti per segnalare facilmente i contenuti illegali, dando la precedenza alle segnalazioni provenienti dai soggetti più autorevoli. I siti di e-commerce saranno tenuti a rintracciare i venditori, per limitare le frodi. E anche gli algoritmi di ricerca cambieranno all’insegna della trasparenza, consentendo anche di scegliere delle alternative. La Dsa vieta anche pubblicità mirate a minori, basate su dati sensibili, e più in generale prevede multe fino al 6% del fatturato mondiale per le violazioni, con la messa al bando per i recidivi.

Le regole per le piattaforme

Tutti i giganti del web dovranno, quindi, adottare misure per mitigare i rischi e, se già implementate, presentare una relazione sugli effetti ottenuti, con responsabilità crescenti già previste. Le piattaforme come Google o Microsoft hanno già annunciato misure per adeguarsi. TikTok ha reso pubbliche le misure adottate. Amazon da parte sua ha depositato un ricorso al tribunale a Lussemburgo contestando di esser inclusa nell’elenco, al pari di Zalando. Nelle scorse ore Meta (Facebook e Instagram) ha fatto sapere che gli utenti potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non come proposto dall’algoritmo.

La prima richiesta è fornire alla Commissione Ue una valutazione del rischio e rispettare obblighi, come prevenire la diffusione di contenuti dannosi. Chi sarà sorpreso a violare il Dsa rischia multe fino al 6% del fatturato globale. Verso la fine della prossima settimana sarà chiaro se tutti i 19 si siano già adeguati perché in base all’iter la scadenza parte con qualche giorno in più per alcuni.

In Italia la riforma dovrebbe venir implementata tramite l’Autorità per le telecomunicazioni. Perplessità sono state espresse dalla Lega, in difesa della libertà delle Bigh Tech. “In questa Europa che da anni non cresce e già destinata alla deindustrializzazione e all’irrilevanza sugli scenari globali, saremo anche tutti un po’ meno liberi. L’entrata in vigore del Digital Service Act, provvedimento che rafforzerà la censura su Internet, deciso passo in avanti verso la ‘cinesizzazione’ del concetto di libertà di espressione in Europa, ci allarma e ci preoccupa”, affermano in una nota gli europarlamentari capo delegazione della Lega Marco Campomenosi e Alessandra Basso, relatrice ombra del provvedimento.

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