L'uomo microchip, trasforma la mano in una carta di credito
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AperturaDigitale Dom 03 dicembre 2023

L'uomo microchip, a 35 anni trasforma la mano in una carta di credito

Trasformare la mano in una carta di credito. L'idea è di Mattia Coffetti, un bergamasco di 35 anni che si occupa di sicurezza informatica. L'uomo microchip, a 35 anni trasforma la mano in una carta di credito
Maddalena Camera
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Maddalena Camera
Bastano 250 euro (il costo di un chip) per trasformare la propria mano in una carta di credito. L’idea è di Mattia Coffetti, un bergamasco di 35 anni che si occupa di sicurezza informatica che ha deciso nel 2019 di fare questo esperimento, ossia impiantare alcuni chip sottopelle.
 
“L’idea viene dal biohacking – ha spiegato nel corso di un convegno organizzato da Wallife, compagnia assicurativa che opera sui rischi legati all’uso della tecnologia- facendo delle ricerche su internet ho visto che era possibile acquistare online dei chip da mettere sottopelle”. Ovviamente, siamo ben lontani dall’idea di un cybercorpo da film di fantascienza ma l’esperimento è interessante ed ha permesso a Coffetti di essere il primo italiano a pagare con il dorso della mano.
 
“Il chip è simile a quelli presenti nelle carte di credito – aggiunge – e funziona solo in presenza di una fonte di energia (ossia il pos ndr). Ho un altro chip che mi permette di spedire il mio contatto Linkedin se qualcuno mi avvicina uno smartphone”. In totale ne ha impiantati cinque tra cui uno che si illumina sul dorso della mano con una lucina rossa anche in  questo caso se gli si avvicina una fonte di calore. Secondo Coffetti i chip si inseriscono facilmente sottopelle con l’astina dedicata che viene venduta nella confezione. I prezzi variano da 250 euro, per la carta di credito prepagata, per scendere fino a 50 euro per il chip-lampadina.
 
“In realtà questi chip sono sono tag Nfc o Rfid, due tecnologie che si trovano facilmente  in commercio – continua Coffetti – li ho impiantati sulle mani perché è la zona più sicura, lontano da qualsiasi organo e inoltre  nell’incavo tra il pollice e l’indice c’è soltanto pelle. All’estero, specie in Svezia e Norvegia, questa pratica di biohacking è quasi normale mentre in Italia è poco diffusa. Il procedimento per l’impianto è simile al piercing. I chip sono ricoperti di vetro biomedico ma io mi ritengo uno sperimentatore quindi non so quali potrebbero essere gli effetti collaterali”. I microchip hanno applicazioni infinite, soprattutto in campo medico dato che possono monitorare in tempo reale tutti i parametri vitali permettendo di intervenire tempestivamente. 
 
Ovviamente, come una normale carta di credito, anche questi chip potrebbero essere clonati o, chi li “indossa” potrebbe essere oggetto di furto di identità digitale. E qui entra in gioco Wallife, che protegge l’individuo dai nuovi rischi derivanti dall’innovazione tecnologica e dal progresso scientifico muovendosi su  specifiche macroaree di rischio: biometrics, genetics e biohacking. 
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