Guerra dei numeri tra il ministro Franco e Tremonti sul debito
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Economia Ven 16 settembre 2022

Sui 250 miliardi di debito guerra dei numeri tra il ministro Franco e Tremonti

Altro che «pillola avvelenata da 250 miliardi» per il prossimo governo. Per il Tesoro i crediti inesigibili peseranno una decina di miliardi. Sui 250 miliardi di debito guerra dei numeri tra il ministro Franco e Tremonti
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Crediti deteriorati, il botta e risposta fra Franco e Tremonti

Altro che «pillola avvelenata da 250 miliardi» lasciata dal governo di Mario Draghi come sostiene l’ex ministro Giulio Tremonti. I crediti inesigibili di Amco peseranno al massimo una decina di miliardi sui conti pubblici. Almeno è questa la versione del ministro dell’Economia Daniele Franco in un botta e risposta a distanza con Tremonti. Il numero uno di via XX settembre difende così la strategia di eliminazione dei crediti deteriorati che ruota attorno ad Amco, società controllata dal Tesoro. «Ci aspettiamo che l’operazione avrà dimensioni molto inferiori, probabilmente una decina di miliardi» ha spiegato Franco.

«Probabilmente si aveva a mente l’intera massa dei crediti, pari a 230 miliardi con un’esposizione garantita di 173 miliardi» ha chiarito il ministro Franco. Inoltre, come ha precisato, si tratta  «di patrimonio non destinato a rientrare nel perimetro del debito pubblico» e che, trattandosi di crediti già garantiti dallo Stato, «non si danno nuove garanzie né mutano le condizioni delle singole garanzie». Peraltro Franco ha evidenziato come la Commissione europea abbia appena dato il «via libera nelle scorse settimane all’operazione proprio perché non rientra negli aiuti di Stato».

L’accusa di Tremonti

Per Tremonti, tutta la partita è da tenere sotto stretto controllo. Per questo l’ex ministro ha criticato l’emendamento che consente ad Amco di acquisire i finanziamenti garantiti dallo Stato in base alle normative introdotte durante la pandemia per aiutare le aziende in difficoltà. Si tratta di finanziamenti che godono di una garanzia pubblica fino al 90 per cento e che col tempo hanno raggiunto la cifra record di 256,8 miliardi di euro. Sono stati particolarmente rilevanti per le aziende che hanno subito prima l’impatto del lockdown e poi il rallentamento dell’economia.

Hanno beneficiato dei prestiti garantiti dallo Stato ben 2 milioni e 700 mila soggetti tra cui imprenditori, artigiani, autonomi e professionisti. «Una cifra di enorme rilievo, da sola quasi vale circa il 9 per cento del Pil», ha sottolineato Tremonti in un’intervista concessa a Il Giornale. Del resto anche l’ex ministro ha riconosciuto che non si poteva fare a meno di concedere quelle garanzie senza le quali molte aziende sarebbero fallite. Il problema, dal suo punto di vista, è che «ora però ne dovrà rispondere lo Stato».

Il Tesoro respinge la tesi dell’ex ministro

Per Franco, però l’operazione attraverso Amco «si farà solo se vi saranno investitori disponibili ad acquistare quote di obbligazioni e assumere il rischio» che peserà «su chi acquisterà le obbligazioni», non sulla società controllata dal Mef. Amco «esiste per facilitare il processo di gestione dei crediti deteriorati e il rientro in bonis delle imprese che si trovano in situazione di difficoltà» ha chiarito il responsabile del Mef. Con le nuove norme, il governo ha previsto «la possibilità di costituire una piattaforma per l’acquisto, la gestione e la valorizzazione di una parte dei crediti erogati alle imprese nell’ambito del temporary framework e del covid e garantiti dal fondo centrale di garanzia».

Come ha chiarito Franco lo schema «è del tutto volontario e quindi le operazioni si faranno se vi sarà interesse del mercato finanziario. Amco potrà creare dei patrimoni destinati e segregati, venderà delle obbligazioni e con il frutto dell’operazione otterrà le risorse con cui comprerà crediti deteriorati». Questa è un’operazione che «abbiamo fatto adesso perché solo il 26 agosto la Commissione europea ha autorizzato la piattaforma, confermando che non comporta aiuti di Stato» e quindi «queste operazioni non rientreranno nel perimetro del debito pubblico. Sono crediti già garantiti dallo Stato; non si danno nuove garanzie, già esistono».

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