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ApprofondimentiEconomia Mar 19 dicembre 2023

Dal petrolio ai beni di consumo, il ricatto dei ribelli Huthi sul commercio mondiale

Gli attacchi alle navi costringono le grandi compagnie a fermare la rotta di Suez. Gli effetti su industria e prezzi Dal petrolio ai beni di consumo, il ricatto dei ribelli Huthi sul commercio mondiale
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

L’ultimo è il colosso del petrolio Bp: le sue petroliere da ieri non passano più per lo stretto di Bab el-Mandeb e da Suez nelle rotte dal Golfo Persico verso l’Europa. Mentre cresce la tensione nell’area e gli Usa inviano le proprie navi da guerra al largo dello Yemen, il gruppo britannico si aggiunge così al già lungo elenco di grandi operatori globali del trasporto marittimo che hanno deciso di evitare il canale di Suez dopo gli attacchi alle navi in transito nel Mar Rosso rivendicati dai ribelli Huthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran.

La rotta di Suez

Una potenziale catastrofe per il commercio globale, dato che da Suez passa circa il 12% dei commerci mondiali, il 10% del petrolio consegnato via mare e l’8% del gas (gnl). Ed è il principale collegamento tra Oriente ed Europa. Da qui passano non solo le forniture di petrolio e gas della regione del Golfo per il Vecchio continente. Ma anche materie prime, beni di consumo e merci da Cina e Estremo Oriente e, nell’altro senso, tutto l’export europeo verso i mercati della Cina e dei paesi limitrofi. Forniture che adesso prendono la più lunga e onerosa via del Capo di Buona Speranza, circumnavigando il continente africano con un allungamento dei tempi di navigazione stimato tra 19 e 30 giorni, a seconda del tipo di imbarcazione e delle condizioni del mare. Con ripercussioni a catena che vanno dall’aumento dei costi fino al rischio di una interruzione delle catene di fornitura per le industrie europee.

Il precedente della Ever Given

Nel marzo del 2021, quando la portacontainer Ever Given si è incagliata mentre stava attraversando il canale di Suez, bloccando per giorni la via di comunicazione tra Mediterraneo e Mar Rosso e sconvolgendo anche in quel caso i traffici commerciali mondiali, Lloyd’s List Intelligence aveva stimato in oltre 60 miliardi di dollari il valore delle merci bloccate dall’incidente. Un numero che però era riferito alle sole navi in transito e non teneva conto degli effetti diretti e indiretti lungo la filiera distributiva. Secondo la compagnia francese di riassicurazione Scor, il costo complessivo dell’incidente della Ever Given è stato di due miliardi di dollari.

I rischi per i prezzi

Ancora tutti da valutare gli effetti complessivi sull’economia del Vecchio continente di questa nuova crisi. “In un contesto, quale quello attuale, contraddistinto da una forte contrazione dell’attività manifatturiera, – dice Gianclaudio Torlizzi di T-Commodity – accrescere la tensione sul lato dell’offerta di materie prime e merci impedirà all’inflazione di tornare verso il target del 2% ostacolando il processo di normalizzazione di politica monetaria da parte delle banche centrali”.

“I primi segnali di incremento dei costi – dice ancora Torlizzi – giungono sul fronte dei premi assicurativi che già prevedono l’applicazione di un premio-guerra. Ai premi assicurativi si aggiunge l’inasprimento dei noli dei container. Il costo del nolo per la tratta Asia-Europa è balzato venerdì 16 dicembre a 1600 dollari dai 1500 dollari del giorno precedente, mentre il nolo della tratta Asia-Med è aumentato da 2200 dollari a 2300 dollari”.

Le navi militari Usa nell’area

La situazione nella regione del Mar Rosso è degenerata in pochi giorni, al punto che il Pentagono ha deciso di inviare navi da guerra nell’area e, riferisce Politico, sta valutando di bombardare le posizioni dei ribelli Huthi. Intanto, gli Usa hanno dichiarato che l’appoggio dell’Iran ai ribelli Huthi e ai loro attacchi alle navi mercantili “deve cessare”.

Washington ha chiesto ai propri alleati di inviare anche le loro navi. Francia e Gran Bretagna hanno già dichiarato la propria disponibilità mentre la risposta italiana è attesa nelle prossime ore. Gli attacchi con missili e droni alle navi da carico in transito sullo stretto di Bab el-Mandeb – l’accesso meridionale al Mar Rosso e quindi al canale di Suez – sono iniziati con l’avvio dell’offensiva militare israeliana a Gaza e inizialmente sono stati limitati alle navi battenti bandiera della Stella di Davide, di proprietà di compagnie israeliane o dirette verso i porti d’Israele. Martedì scorso, per la prima volta, è stata colpita una nave norvegese, un tanker che trasportava materie prime per biocarburanti dalla Malesia all’Italia.

I colossi del mare cambiano strada

Il culmine si è avuto nella giornata di venerdì, quando in poche ore tre navi in transito nell’area sono state colpite dagli attacchi degli Huthi. Tra queste, un portacontainer della Msc, la Palatium III, colpita da un drone mentre era in navigazione nel Mar Rosso che ha riportato danni allo scafo ma ha lasciato illesi i marinai a bordo. La compagnia, che ha sede a Ginevra e fa capo all’armatore italiano Gianluigi Aponte, ha annunciato che la sua flotta di portacontainer, una delle maggiori del settore, non passerà più dal canale di Suez finché l’area non sarà tornata sicura. Venerdì scorso hanno annunciato la sospensione temporanea della rotta di Suez anche Maersk e Hapag-Lloyd. A queste si sono aggiunte tra il fine settimana e lunedì le compagnie cinesi Cosco, Oocl ed Evergreen. Secondo quanto riporta la stampa locale, le tre compagnie hanno già notificato ai propri clienti la sospensione dei carichi.

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