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ApprofondimentiEnergia Mer 04 ottobre 2023

Dalle nuove frontiere delle mini centrali al decommissioning: Italia pronta alla svolta dell'atomo

Domani a Milano ci sarà una giornata di approfondimento sul futuro del nucleare nel nostro Paese. Dalle nuove frontiere delle mini centrali al decommissioning: Italia pronta alla svolta dell'atomo
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

Lo smantellamento dei reattori nucleari di prima e seconda generazione, la gestione dei rifiuti radioattivi, uno sguardo sulle nuove tecnologie nucleari per la produzione di energia termoelettrica, la risposta al dilemma NIMBY, le percezioni degli italiani riguardo il nucleare in un sondaggio SWG e un’indagine Volopress sulla presenza e la narrazione del nucleare nei media sono al centro del primo appuntamento della IV edizione di iWeek, promossa da V&A – Vento & Associati e Dune con il titolo “Nucleare, si può fare?”, che si tiene domani a Milano presso la Sala Pirelli dell’Agenzia ICE. Lo  scenario sul nucleare è in piena evoluzione e, se le promesse dei modelli attualmente in produzione e dei prototipi in fase di sviluppo, compresi quelli sulla fusione, si trasformeranno in realtà, potrebbe portare a nuove prospettive energetiche, geopolitiche e industriali a livello europeo e globale.

Le nuove frontiere delle centrali nucleari

Tra i temi più attuali, gli Small Modular Reactors (SMR) e i Micro Modular Reactors (MMR), rappresentano una nuova frontiera nell’ambito dell’energia nucleare. Le centrali nucleari tradizionali, impianti mastodontici situati in località remote capaci di generare 1- 1.5 GW di potenza elettrica, forniscono energia a numerose città, ma la loro costruzione richiede decine di anni con costi dell’ordine di 10 miliardi di euro l’una: un investimento ripagato solo nell’arco di 40 anni, ciclo usuale della vita programmata di queste realtà.

Gli SMR e gli MMR, invece, sono caratterizzati da dimensioni ridotte e modularità che offrono diversi vantaggi. Gli SMR sono reattori di taglia tipica di 100-300 MW elettrici circa 10 volte più piccoli delle centrali tradizionali. Prodotti in fabbrica, vengono trasportati e installati nel tempo di qualche mese, con costi di produzione e carico finanziario fortemente ridotti. Una tecnologia promettente che ha spinto Edison, Edf, Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare a siglare nei mesi scorsi un accordo per verificarne le potenzialità di sviluppo e di applicazione in Italia.

Gli MMR sono ancora più contenuti, con dimensioni 10 volte minori a quelle degli SMR, ossia un centesimo delle centrali elettro-nucleari tradizionali, e possono entrare in funzione ancora più rapidamente, con potenza e costi pari all’1% rispetto ai grandi reattori nucleari di terza generazione. Sono in grado di produrre energia al costo di 30 euro/MW-termici per i primi 10-15 anni, comprensivo degli oneri di installazione e smaltimento finale. Oltre i 15 anni, il costo scende intorno ai 10 euro/MW-t.

Smantellamento delle centrali, a che punto siamo

Resta il nodo del decommissioning delle quattro centrali nucleari italiane di Trino (VC), Caorso (PC), Latina e Garigliano (CE) e degli impianti legati al ciclo del combustibile nucleare (Eurex di Saluggia, ITREC di Rotondella, Ipu e Opec a Casaccia e FN di Bosco Marengo), affidato a Sogin, fisicamente compiuto al 40% del totale, con differenti stati di avanzamento nei diversi siti.

L’eventuale ritorno al nucleare in Italia non deve tuttavia attendere la fine di questo processo: in tutti i Paesi che utilizzano questa fonte energetica, il decommissioning dei reattori di prima e seconda generazione avviene infatti contestualmente all’installazione, spesso nei medesimi sedimi, dei reattori di terza generazione, così come avverrà per quelli di quarta generazione.

“La vera urgenza è la localizzazione e la realizzazione del deposito nazionale, che siamo pronti a realizzare nel sito che verrà scelto. Senza non si può partire con il nuovo nucleare, né si può chiudere il vecchio” – dichiara il CEO di Sogin, Gian Luca Artizzu. “Una simile infrastruttura è presente anche in Paesi che non usano il nucleare per scopi energetici, come ad esempio in Norvegia, perché l’uso di tecnologie che producono rifiuti radioattivi è comune nell’industria così come nel settore medico, sia per la diagnostica che per le terapie. Il deposito nazionale, quindi, è necessario indipendentemente dal ritorno o meno alla produzione termoelettrica tramite fissione nucleare”.

Che cosa è la trasmutazione

Tra i temi più innovativi dell’incontro, la trasmutazione sarà in particolare affrontata nel primo dei tre talk della giornata: questa tecnologia permette, attraverso l’uso di combustibile a base di torio, non solo di risolvere il problema delle scorie nucleari, ma di aprire la via a un’era di energia illimitata, sicura, ecologicamente pulita, non proliferante e virtualmente inesauribile.

Con la trasmutazione nucleare, gli elementi più radioattivi vengono trasformati in altri elementi meno radioattivi, producendo energia. La continua ripetizione di questo processo trasmuta le nuove scorie in materiale via via sempre meno radioattivo, ottenendo enormi quantità di energia attraverso l’utilizzo di un reattore sottocritico veloce in cui un fascio di particelle, prodotto da un acceleratore accoppiato, entra nel nocciolo per mantenere attiva la reazione a catena che altrimenti non potrebbe autoalimentarsi. Senza l’alimentazione del fascio, il reattore si spegne entro due millisecondi, rendendo impossibili incidenti analoghi a quello di Chernobyl.

Inoltre, grazie all’impiego del torio, è possibile riutilizzare le scorie radioattive delle vecchie centrali a fissione come carburante. Le nuove centrali a trasmutazione permetteranno quindi di produrre energia sicura smaltendo i vecchi rifiuti radioattivi, sfruttando interamente il combustibile e producendo elettricità in modo continuo e in grandi quantità senza emissioni di gas serra.

 

 

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