Casa Green, cosa salvare della direttiva Ue e cosa ci danneggia
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ApprofondimentiImmobiliare Dom 18 giugno 2023

Casa Green, cosa salvare della direttiva Ue e cosa danneggia l'Italia

Il convegno per discutere dell’impatto della direttiva europea sul sistema produttivo italiano e sulle relative filiere. Casa Green, cosa salvare della direttiva Ue e cosa danneggia l'Italia Un immobile
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

“Non tutti i Paesi europei sono uguali e dunque la direttiva per la casa green dovrebbe tenere conto del patrimonio immobiliare e della configurazione geografica di ciascuno”. Lo spiega Danilo Lancini parlamentare europeo della Lega, che ha organizzato un convegno per discutere dell’impatto della direttiva europea sul sistema produttivo italiano e sulle relative filiere.

Le differenze con il Nord Europa

“Ma anche sull’esistenza delle persone – dice Lancini – in Italia la casa è un bene importante. Se la direttiva Ue venisse approvata nei termini già noti (portare le abitazioni in classe D entro il 2030-2033 ndr) sarebbe molto oneroso per le famiglie. Oltretutto chi non potesse affrontare la spesa vedrebbe la propria casa svalutata e magari, in caso di vendita, sarebbe difficile per chi compra accedere a un mutuo visto che le banche già fanno tassi agevolati per le case che sono in classe energetica bassa come la A. Nei paesi del nord Europa è tutta un’altra storia. Le abitazioni non sono di proprietà di chi ci vive, ma di multinazionali che non hanno certo problemi a fare ristrutturazioni”.

Secondo Guido Lena di Confartigianato Lombardia , intervenuto al convegno, prima di un giudizio definitivo bisogna attendere la conclusione del trilogo (ossia del confronto tra il Parlamento, la Commissione europea e il consiglio composto dai rappresentanti degli Stati Membri ndr) che stanno esaminando la direttiva. “Certo – dice Lena- ci sono parecchi punti critici al momento legati alla tempistiche. Difficile rinnovare tutti gli edifici pubblici entro il 2027 e quelli privati entro il 2033. In base alle statistiche infatti il 59% delle abitazioni in Italia sono in classe F e G. Accelerare le opere porterebbe a una mancanza di personale e materiali”.

Le case nei centri storici

E anche se al momento la direttiva prevede una esenzione dall’obbligo di edifici che si trovano nei centri storici e per le seconde case abitate per meno di 4 mesi all’anno secondo Achille Colombo Clerici  presidente di Confedilizia Lombardia l’operazione case green dell’Europa è molto pericolosa per i proprietari immobiliari. “Si tratta – dice Colombo Clerici – di una operazione spinta dalla finanza che potrebbe produrre effetti disastrosi. Inoltre, non risolverebbe nulla dato che le abitazioni italiane sono responsabili solo dello 0,06 delle emissioni di CO2 a livello globale. Basta pensare che l’Europa produce solo 7,8% delle emissioni  di CO2  nel mondo e gli immobili, di tutto il vecchio continente, dell’1% circa”. Non tutto però della direttiva va buttato. Infatti tutti i relatori hanno concordato sulla bontà della norma che prevede impatto zero per tutti le nuove costruzioni.

“Immaginare di non accettare la transizione ecologica non è lungimirante – ha detto Massimo Deldossi di Ance, l’associazione nazionale costruttori edili – il  costo energetico dell’operazione  va accettata. Bisogna migliorare per non rischiare di dover pagare di più in futuro”. Il problema dunque è la tempistica: la direttiva dovrebbe trovare applicazione più in la al 2050. “Ci siamo mossi per cercare di spostare i termini- aggiunge Lancini- tutte le istituzioni italiane dovrebbero capire che è importante. La transizione green deve essere accettata dai cittadini non imposta. E devono sapere e capire perché le scelte del Parlamento europeo possono influenzare la vita di tutti”, ha concluso Deldossi.

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