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AperturaIndustria Mar 13 febbraio 2024

Ex Ilva, Morselli: il debito vero è di 700 milioni, scontro tra i soci sulla valutazione

L'audizione in Senato della numero uno di Acciaierie d'Italia: "L'amministrazione straordinaria è da evitare" Ex Ilva, Morselli: il debito vero è di 700 milioni, scontro tra i soci sulla valutazione
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

I 3,1 miliardi di debiti scritti sui documenti di Acciaierie d’Italia depositati al tribunale di Milano in realtà molti meno, circa 700 milioni. I 680 milioni versati dallo Stato in conto aumento capitale nella primavera del 2023 sono serviti per pagare il debito del gas. AdI ha avanzato rivendicazioni per 1,150 miliardi verso i commissari dell’ex Ilva. E l’amministrazione straordinaria “penso sia l’ultimo strumento che si debba adottare”. Sono alcuni dei passaggi dell’audizione di Lucia Morselli in Commissione Industria al Senato. La manager a capo della joint venture tra Invitalia e ArcelorMittal che sta gestendo gli impianti ex Ilva non si sottrae alle domande dei parlamentari che cercano risposte ai molti dubbi sollevati sulla reale situazione del gruppo dell’acciaio. Mittal, risponde la manager, non è entrata nell’ex Ilva per chiudere l’azienda. Il cui problema principale è la disponibilità di liquidità, che non può avere perché non ha accesso ai canali di finanziamento bancari.

“Il debito vero? Meno di 700 milioni”

Risposte che in qualche caso aumentano i dubbi invece di chiarirli, come sui debiti della società. “Sulla stampa si parla di 3,1 miliardi di debiti“, dice ad esempio la Morselli durante la sua audizione in commissione Industria al Senato. In realtà i 3,1 miliardi sono riportati nei documenti depositati in tribunale da AdI per la procedura di composizione negoziata. “Questo debito di cui si parla è in massima parte intercompany, verso la società capogruppo, per circa un miliardo. Poi c’è un miliardo circa di debito che dovremmo pagare nel caso in cui dovessimo comprare gli impianti. Di fatto il debito vero di questa società è un po’ meno di 700 milioni di cui scaduto solo la metà. Solo il 18% di questi 3 miliardi è debito scaduto”. Quest’ultima cifra è corretta: nello stesso documento, i debiti scaduti sono infatti indicati in 528 milioni, ovvero circa il 18% di 3,1 miliardi. Cifra comunque ragguardevole. 

“Il costo della guerra”

Morselli insiste sul contesto nel quale AdI ha dovuto operare, caratterizzato da crisi continue che hanno stravolto il mercato: il Covid, l’invasione dell’Ucraina, fino alla guerra in Medio Oriente e alle tensioni sul commercio internazionale. Tensioni che hanno fatto lievitare la bolletta del gas fino a 1,4 miliardi di euro. Così, spiega, “i 680 milioni sono andati tutti a Eni e Snam. Scusate, sono andati al signor Putin. Sono il costo della guerra”. Forse una piccola parte sono andati alla produzione e a pagare il debito dell’indotto, aggiunge poi.

Sugli effetti dell’amministrazione straordinaria, la manager non ha dubbi: “Penso sia l’ultimo strumento che si debba adottare perché porta molto choc sul mercato, sia dei fornitori, a parte le misure di cui stiamo parlando oggi, (il riferimento è al decreto del governo per fornire garanzie all’indotto, ndr.). Anche gli stessi dipendenti possono patire. La differenza di questa rispetto alla precedente (la messa in amministrazione straordinaria di Ilva spa, ndr.) è che la prima possedeva un mare di roba, mentre questa azienda non ha attivi. Se l’obiettivo dell’as è quello di soddisfare i creditori tramite gli attivi, questa azienda non ha niente da liquidare”.

Lo scontro tra i soci

Tra i soci, circostanza inedita, è sorto anche una “diversità di opinioni” sul prezzo da pagare per gli asset ex Ilva, come previsto dagli accordi. Morselli rivela che “AdI ha fatto dei claim (richieste, ndr.) contro i commissari per 1,150 miliardi. Pensiamo che qualche cosa di questi 1,150 miliardi sia diritto della società”. Da qui la diversa valutazione tra socio pubblico e socio privato sul prezzo finale da pagare all’amministrazione straordinaria.

Sulla lista di 73 nomi di fornitori dell’indotto, inviata ieri sera da AdI a Sace, la Morselli spiega che “potrebbe anche allungarsi” per includere altri nomi. E comunque, aggiunge, la definizione stessa di indotto è poco chiara. 

“Il risultato 2023 è praticamente impossibile adesso da stimare per un motivo: fino a quando non abbiamo la continuità aziendale, e adesso non c’è, non possiamo dirlo. Se l’azienda non comprerà gli asset sarà un bilancio di liquidazione“.

 

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