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ApprofondimentiLavoro Ven 03 febbraio 2023

L'Inps e gli ultimi "esodati" della Fornero per licenziamento illegittimo

Nei guai i lavoratori che vincono le cause per licenziamento illegittimo. A loro l'ente chiede di restituire tutti gli ammortizzatori L'Inps e gli ultimi "esodati" della Fornero per licenziamento illegittimo Elsa Fornero
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Pasticcio Inps-Fornero sui licenziamenti illegittimi 

Non bastavano gli esodati tradizionali, la riforma dell’ex ministro del lavoro, Elsa Fornero, porta in dote anche una nuova categoria di lavoratori di serie B. Sono dipendenti, licenziati illegittimamente, che hanno fatto ricorso vincendo la causa contro l’ex datore di lavoro. Ma intanto, nella attesa di un giudizio che richiede fra i cinque e i dieci anni, hanno percepito degli ammortizzatori sociali.

A loro l’Inps sta chiedendo indietro i soldi versati dall’ente nel periodo in cui, senza lavoro, attendevano la sentenza sull’illegittimità del licenziamento. E che quindi al danno di aver perso il lavoro sommano ora anche la beffa delle rate da pagare all’istituto di previdenza. Quanti sono? Non è dato per il momento saperlo. Così come non è noto l’importo complessivo degli ammortizzatori sociali che l’ente sta cercando di recuperare dai lavoratori. Ammesso che ci riesca vista la crisi in atto e la difficoltà di trovare lavoro.

Interpellato sul numero di sentenze vittoriose (si fa per dire) e sul quantum, l’ente guidato da Pasquale Tridico non ha dato chiarimenti. E ha obiettato che “una risposta a tali quesiti esula dalle competenze dell’Istituto”. Poco importa che abbia un effetto sui conti anche sui conti dell’Inps. Ma che cosa sta accadendo esattamente? Per capirlo bisogna fare un passo indietro.

La legge Fornero sta creando una nuova categoria di poveri

Fino alla riforma attuata dall’ex ministro del governo Monti, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore poteva fare ricorso con l’obiettivo di ottenere di essere reintegrato ottenendo il pagamento di tutte le mensilità non versate dal datore di lavoro dal momento della fine del rapporto lavorativo fino alla data della sentenza. 

La riforma Fornero ha cambiato le carte in tavola, prevedendo che, alla sentenza di reintegra, il lavoratore possa ottenere al massimo dodici mensilità di compensazione per il licenziamento illegittimo. Per accelerare questa tipologie di cause, a suo dire, l’ex ministro si premurò anche di prevedere un rito speciale, più breve, che consentisse ai lavoratori di chiudere la partita rapidamente. Peccato però che le cose sono andate diversamente. Dubbi interpretativi e successive modifiche del rito Fornero hanno di fatto vanificato il tentativo di velocizzare le cause di lavoro per illegittimo licenziamento. Cause che, a Roma, ad esempio, secondo una stima del sindacato, arrivano a durare anche sei anni. Alcuni anche oltre, con una sentenza di Cassazione dopo 8-10 anni.

“Il problema che si pone oggi dopo la legge Fornero e il Jobs act nasce dal fatto che il giudice, pur accertato l’illegittimità del licenziamento, non disponga una reintegra con effetto retroattivo dal giorno del licenziamento e quindi non sorga l’obbligo del pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal momento del licenziamento fino al momento della reintegra” ha spiegato l’avvocato del lavoro, Patrizia Totaro dello studio Marziale-Totaro, che peraltro assiste la Confederazione Unitaria di Base

Il punto è che la sentenza arriva però dopo diversi anni, come riferisce l’avvocato Totaro. “Con la reintegra però il lavoratore non recupera più tutte le retribuzioni che non ha percepito come prima della legge Fornero, ma solo dodici mensilità – ha spiegato – Il paradosso è che però l’Inps chiede indietro al lavoratore tutta la mobilità erogata nell’arco temporale, generalmente di gran lunga superiore ai dodici mesi, in cui il dipendente non ha percepito la retribuzione né la ottiene con la sentenza di reintegra”.

Risultato: subito dopo la sentenza vittoriosa, arriva il conto dell’Inps

L’epilogo della riforma è poi estremamente doloroso. L’Inps sta infatti inviando una richiesta di restituzione degli ammortizzatori sociali percepiti ai lavoratori che hanno avuto ragione nel giudizio contro il datore di lavoro per il licenziamento illegittimo. Nella migliore delle ipotesi, devono restituire solo dodici mensilità previste come indennizzo dalla Fornero. Nella peggiore, ad esempio nel caso di due anni di cassa integrazione e due di Naspi, dovranno restituirne 48. Nell’ipotesi, anche solo di 500 euro per ammortizzatori sociali (Naspi), il conto diventa salato: circa 24mila euro. “Ho anche dei casi in cui sono state richieste cifre consistenti che vanno fino a 80mila euro” ha precisato facendo indirettamente riferimento a lavoratori che percepiscono dall’Inps integrazioni dai Fondi di solidarietà di categoria.

Ma il peggio è che l’Inps può procedere automaticamente al recupero delle somme nel caso in cui il lavoratore sia nel frattempo diventato pensionato oppure percepisca un’altra indennità. Il che avviene nel limite del quinto dello stipendio, ma senza alcuna concertazione con il lavoratore su una eventuale diversa rateizzazione. 

Non è detto che questi soldi vadano restituiti all’Inps per via di una incongruenza nella normativa

“La restituzione dell’indennità di mobilità era calibrata su un diverso piano normativo e cioè su una reintegra effettiva per tutti gli anni in cui il lavoratore. Il presupposto della legge era evitare una duplicazione” prosegue, evidenziando che oggi c’è più il rischio che il lavoratore incassi contemporaneamente le indennità e gli stipendi arretrati se non limitatamente ai dodici mesi di indennizzo previsti dalla Fornero. Inoltre, a suo parere, le dodici mensilità sarebbero un risarcimento, non stipendi. Di conseguenza anche su quell’arco temporale non sarebbe dovuto niente all’Inps. Infine, per l’avvocato, questa situazione finisce col disincentivare il lavoratore a far causa per licenziamento illegittimo per via del fatto che gli importi da restituire all’Inps potrebbero essere superiori alle 12 mensilità, Con una violazione a quanto previsto dalla Costituzione. Insomma, un gran caos.

Il governo è al lavoro per trovare una soluzione 

La questione è sul tavolo del ministro del lavoro, Marina Elvira Calderone. La soluzione alla questione non è però affatto facile perché innanzitutto bisognerà capire la dimensione del problema. E poi studiare come intervenire per evitare l’effetto perverso che deriva dall’applicazione della norma legata alla lentezza dei procedimenti in tribunale.

Una interpretazione autentica retroattiva, ma “correttiva” della Fornero per negare la possibilità del recupero ad Inps degli ammortizzatori sociali elargiti ai licenziati illegittimamente potrebbe essere una soluzione, seppure sarebbe più giusto prevedere che in quel caso la sanzione per l’illecito fosse perseguita con la previsione della restituzione di tutti gli stipendi maturati e non percepiti dal lavoratore colpito dal provvedimento “contra legem”. 

In sintesi, secondo l’avvocato Totaro, all’Inps non costa nulla evitare di chiedere indietro i soldi a lavoratori che, visto l’acuirsi della crisi, l’aumento del costo della vita e il boom delle bollette, non è detto navighino in acque sicure. 

 

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