Open Fiber, i conti 2023 e l'attesa per il piano industriale
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Primo pianoTlc Mar 27 febbraio 2024

Open Fiber, i conti 2023 e l'attesa per il piano industriale

I conti 2023 di Open Fiber che dovrebbero essere presentati insieme al piano industriale nel mese di marzo. Open Fiber, i conti 2023 e l'attesa per il piano industriale SEDE OPEN FIBER ROMA
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

C’è attesa per i conti 2023 di Open Fiber che dovrebbero essere presentati insieme al piano industriale nel mese di marzo. Nel 2022 la società della fibra fondata nel 2016 e fortemente voluta dal governo Renzi aveva totalizzato meno di 500 milioni di fatturato. Molto poco rispetto agli investimenti pari a oltre 7 miliardi. Investimenti che vogliono dire debiti a carico, ovviamente, dello stato dato che Open Fiber è per il 60% nelle mani di Cdp, ossia Cassa Depositi e Prestiti e per il 40% del fondo australiano Macquarie.

La società dichiarava per il 2022 2,5 milioni di clienti avendo però coperto oltre 15 milioni di unità immobiliari. Nel 2023 è proseguita l’attività per la realizzazione della rete nelle aree bianche, quelle a fallimento di mercato. E dunque per la cablatura di queste aree, Open Fiber ha potuto contare sui fondi messi a disposizione da Infratel. Le aree bianche dunque sono sussidiate al 100% con fondi pubblici. E qui nonostante i ricchi premi e cotillon che la società ha offerto per motivare le attivazioni (un buono da 50 euro per ogni nuovo cliente) su 4,4 milioni di unità immobiliari in aree bianche raggiunte dalla fibra ne sarebbero state attivate solo 240 mila a fronte di lavori per circa 2 miliardi di euro.

Il che vuol dire un investimento di 8 mila euro per nuovo cliente. Certo portare la banda ultralarga ad almeno 30Mb a tutti i cittadini dell’Unione Europea è una priorità dell’agenda digitale che prescrive anche l’obbligo di far arrivare banda a 100Mb ad almeno l’85% della popolazione. Ma ovviamente la densità abitativa nelle aree bianche è molto inferiore rispetto a quelle classificate nere, come Roma e Milano. Prendiamo Uzzano in Emilia, uno degli oltre 6 mila comuni raggiunti da Open Fiber in aree bianche. la sua densità abitativa è di 600 abitanti per chilometro quadrato contro gli oltre 2 mila di Milano dove la rete in fibra non manca e che vede una forte concorrenza tra Tim e Open Fiber.

Motivo per il quale sarebbe utile la realizzazione della rete unica che potrebbe sostenere economicamente la digitalizzazione del resto del paese. I guai però non sono finiti. Infatti oltre alle aree bianche la cui cablatura, seppur in ritardo rispetto al piano, è in dirittura d’arrivo, Open Fiber ha vinto, insieme a Tim anche le gare per la realizzazione della rete in fibra nelle aree cosiddette grigie, ossia a “semi fallimento” di mercato. Per la realizzazione del progetto, denominato Italia a 1 Giga, i tempi sono molto stretti dato che deve essere ultimata nel 2026 pena la perdita dei fondi del Pnrr pari a 1,8 miliardi.

In questo caso, secondo Open Fiber, ci sarebbero discrepanze nelle mappe dei bandi di gara approntate da Infratel. Il bando parlava di 3,9 numeri civici da collegare, secondo Open Fiber, che ha fatto le verifiche sul campo, sarebbero invece 2,2 milioni però sarebbero più lontani tra loro e dunque ci sarebbero più chilometri di rete, circa 20mila, da realizzare. Quanto al piano industriale che l’ad Giuseppe Gola succeduto lo scorso anno a Mario Rossetti, dovrebbe presentare a breve incontra un ostacolo non da poco: il rifinanziamento. Infatti la richiesta per gli extracosti sarebbe di circa 2 miliardi oltre ai 7 già accordati dalle banche.

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