Tim, per Kaufmann & Partners la strada resta in salita
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In evidenzaTlc Lun 16 ottobre 2023

Tim, per Kaufmann & Partners la strada resta in salita

Per Tim, l'unica via d'uscita sarà portare in Borsa la “Società della Rete”, scaricando così il peso del debito sui piccoli risparmiatori Tim, per Kaufmann & Partners la strada resta in salita SEDE TIM TELECOM
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Sarà anche arrivara l’offerta vincolante di Kkr sulla rete fissa di Tim. Ma è troppo presto per cantare vittoria. I dubbi e le incertezze sul futuro dell’ex monopolista pubblico restano come testimoniano le perdite in Borsa (-6,23% a Piazza Affari). Con il rischio che l’operazione non vada a buon fine per effetto di una possibile battaglia legale con l’azionista francese Vivendi. E’ la visione della società di consulenza Kaufmann & Partners che, preso atto del miglioramento della posta in gioco (a settembre erano 21 miliardi contro gli attuali 24), ammonisce: “la definizione di vincolante deve essere accolta con cautela, in quanto è probabile che emerga una serie non trascurabile di conditions precedent“.

Inoltre “stando alle prime valutazioni sull’iter che dovrà essere seguito, si prevede che almeno fino a metà 2024 non si saprà se l’operazione riuscirà ad andare a buon fine: a seguire occorreranno come minimo 9 mesi per avere un parere dalla Commissione Europea, che si insedierà nel corso dell’estate 2024 a valle delle elezioni europee del prossimo mese di giugno” aggiunge la nota della società di consulenza.

I dubbi sull’operazione

Kaufmann & Partners mette in evidenza una serie di aspetti non secondari che non sono sfuggiti agli investitori. Si tratta di “un deal molto complesso, in una fase di elevata volatilità per via della continua evoluzione del contesto geopolitico, difficile da spiegare ai mercati” precisa la società di consulenza. Inoltre ci sono “aree di incertezza sul perimetro non ancora risolte” e che “richiederanno negoziazioni dall’esito tutt’altro che scontato“.

“Di questo passo, per essere certi che l’operazione giunga a buon fine, si dovrà attendere almeno fino alla metà del 2025 con il rischio che una società strategica e fondamentale per la competitività del Paese come Tim rimanga de-facto paralizzata nei processi decisionali e nella governance” precisa la nota dell’azienda guidata da Francesco De Leo Kaufmann, che in passato è stato direttore generale di Telecom Italia .

Resta nodo delle batteglie legali

“Rimaniamo dell’avviso che il fronte legale rappresenti una delle aree di maggiore criticità. Se la decisione del cda di Tim dovesse essere quella di non convocare l’assemblea degli azionisti per approvare la cessione della rete, si corre il rischio che lo scenario più probabile sarà quello di un “Vietnam” legale dagli esiti incerti: la storia insegna che Vivendi, come ha sempre fatto in passato, porterà lo scontro nelle aule dei tribunali e quindi alla Corte di Giustizia Europea precisa la società” aggiunge la nota.

“Non si può escludere a priori che, nel caso di specie, la Commissione Europea (che si insedierà il prossimo anno) decida di promuovere una procedura di infrazione contro l’Italia, accusando il Governo di avere alterato le condizioni di libero mercato, pregiudicando gli interessi di un azionista di una società quotata (tra l’altro appartenente ad un Paese dell’Unione Europea, come la Francia)” si legge nell’analisi.

Intanto il resto d’Europa va avanti

Il primo gennaio 2026 Telefonica e il governo spagnolo annunceranno lo “spegnimento” del rame: da quel giorno tutta la Spagna, isole incluse, sarà totalmente coperta in fibra ottica ed in 5G. Non si tratta di un caso isolato, come suggerisce la società di consulenza, “anche il governatore Luca Zaia ha già annunciato pubblicamente il 25 settembre scorso fa che il Veneto sarà la prima regione italiana a spegnere la rete in rame entro il 2030“. 

“Dopo quella data, è prevedibile che il valore della rete fissa di TIM si deprezzerà in modo irreversibile, perché difficilmente si troverà un fondo o un investitore interessato ad investire in una infrastruttura obsoleta e superata dalle nuove architetture ibride di rete” chiarisce.

“A quel punto, non ci saranno molti margini di manovra per recuperare il valore dell’asset ed è quindi già oggi ipotizzabile che l‘unica via d’uscita sarà quella di portare in Borsa la “Società della Rete”, scaricando così il peso del debito sui piccoli risparmiatori e sul mercato retail. L’unica certezza sin da ora è che KKR, come è avvenuto in passato, non perderà un solo centesimo dell’investimento fatto e che con ogni probabilità saranno altri gli investitori che dovranno accollarsi le perdite” spiega la nota.

Inoltre, come spiegano gli esperti, considerati i ritardi accumulati sui cantieri fino ad oggi ed i tempi necessari per la realizzazione della rete a banda ultra-larga (2/3 anni nella migliore delle ipotesi), “si corre il rischio che l’Italia finisca per essere irrimediabilmente penalizzata a livello competitivo dall’assenza di un’infrastruttura in grado di avviare la trasformazione digitale nei settori industriali di punta dell’economia, con un impatto negativo sulle prospettive di crescita del Paese post 2025”.

Sullo sfondo il rischio tassi

“Non ultimo, ma non meno importante, non sarebbe la prima volta che accordi sottoscritti in forma “vincolante” vengano disattesi, a fronte di condizioni di contesto macro che modificano gli “economics”: il rischio di una possibile escalation in Medio Oriente ed un eventuale aumento dei tassi di interesse entro fine anno, nel caso in cui si dovesse superare la soglia del 6% come ipotizzato di recente da Jamie Dimon (ndr. CEO di JP Morgan), richiederebbe una revisione integrale del modello economico sulla base del quale è stata fatta la valutazione, con una sostanziale correzione al ribasso del prezzo pagato” conclude la nota.

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