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ImpreseIn evidenza Mar 10 gennaio 2023

Tim, così Agcom studia lo spezzatino dell'ex monopolista pubblico

L'autorità ha creato una task force per valutare la vendita a pezzi del gruppo di tlc. Avanza anche l'opzione coinvestimento Tim, così Agcom studia lo spezzatino dell'ex monopolista pubblico
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La partita sul futuro dell’ex Telecom nella fase operativa

L’Autorità di vigilanza sulle telecomunicazioni (Agcom) presieduta da Giacomo Lasorella entra con forza sul dossier Tim. L’Agcom ha infatti appena creato una task force per studiare l’ipotesi di frazionamento dell’azienda finalizzato alla vendita a pezzi. Il lavoro è iniziato da fine dicembre, ma gli esperti stanno lavorando a ritmo serrato perché Tim non può attendere.

La situazione finanziaria dell’ex monopolista pubblico si sta velocemente deteriorando proprio mentre sono necessari corposi investimenti per l’ammodernamento della rete. L’analisi servirà quindi al governo di Giorgia Meloni per decidere il da farsi.

L’ipotesi spezzatino non è però la sola soluzione al vaglio degli uffici dell’autorità. Contemporaneamente l’Agcom sta infatti anche seguendo da vicino il piano di coinvestimento degli operatori per la nuova rete in fibra. A differenza dell’opzione spezzatino, in questo caso però, Tim resterebbe l’azionista principale del network di nuova generazione. Aspetto quest’ultimo che non convince né Bruxelles né tanto meno il governo Meloni che, già prima delle elezioni, aveva dichiarato di puntare ad un’infrastruttura di rete almeno a maggioranza di capitale pubblico

Cdp è alla finestra

Azionista sia di Tim che della rivale Open Fiber, Cassa Depositi e Prestiti resta l’anello centrale del risiko delle telecomunicazioni italiane. Il braccio finanziario pubblico è stato infatti a lungo indicato come il potenziale acquirente di Tim attraverso un’offerta pubblica d’acquisto. L’ipotesi è però poi finita nel dimenticatoio per via dell’ingente impegno economico che richiederebbe al gruppo guidato da Dario Scannapieco. Anche l’opzione di separazione della sola rete Tim e fusione con l’infrastruttura du Open Fiber è al palo. E Cdp ora attende l’indirizzo politico su un dossier estremamente complesso. 

Non c’è accordo sul concambio

Gli advisor non riescono a trovare la quadra sul valore dell’infrastruttura di Tim e di quella di Open Fiber. Il socio francese di Tim, Vivendi, valuta il network circa 30 miliardi, mentre gli esperti vicini ad Open Fiber pensano piuttosto ad una cifra vicina ai 15 miliardi. Posizioni, insomma, inconciliabili.

Per non parlare del fatto che la trattativa inevitabilmente riguarda anche più di 40mila lavoratori Tim, oltre che i dipendenti Open Fiber e il passaggio di buona parte del debito di Tim sulla nuova società della rete. Infine sullo sfondo è in corso un braccio di ferro fra Open Fiber e l’azienda pubblica Infratel relativamente ai ritardi negli investimenti previsti con soldi pubblici.

Un quadro delicato su cui l’autorità vorrebbe fare chiarezza. Anche perché si tratta di un argomento centrale per i cittadini, che vorrebbero una migliore e diffusa connettività,  e per il futuro del Paese, che è meno attrattivo per le imprese internazionali senza un’infrastruttura tecnologica adeguata.

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