Lo scostamento ci sarà, pronta la manovra di bilancio della Meloni
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Primo piano/Governo
GovernoPrimo piano Gio 03 novembre 2022

Lo scostamento di bilancio ci sarà, Meloni pronta a varare la manovra

Sono due gli stanziamenti che servono al governo di Giorgia Meloni per varare la manovra di bilancio complessiva per il 2023. Lo scostamento di bilancio ci sarà, Meloni pronta a varare la manovra Il premier Giorgia Meloni
Franco Bechis
di 
Franco Bechis

La manovra di bilancio del governo Meloni

Sono due gli stanziamenti che servono al governo di Giorgia Meloni per varare la manovra di bilancio complessiva che sarà per il 2023 intorno ai 20-25 miliardi di euro. Il primo stanziamento è per il 2022, con un nuovo decreto legge aiuti (il quarto nell’anno) che vale circa 7-10 miliardi di euro con cui coprire il mese di dicembre che non era ricompreso dall’ultimo intervento di Mario Draghi.

Gli emendamenti

In questo decreto verranno assorbiti molti emendamenti parlamentari di maggioranza che erano stati depositati e poi ritirati davanti alla commissione speciale decreti della Camera che sta esaminando il dl Aiuti ter per cui invece bisogna correre senza troppe navette parlamentari.

Per avere un’idea più chiara di quanto i nuovi aiuti potranno essere estesi anche al 2023, bisognerà attendere le cifre nere su bianco della nuova Nadef che arriva in Consiglio dei ministri. C’è stato un gran pressing per fare uno scostamento di bilancio, portando il deficit previsto dal 3,9 al 4,5 per cento. Probabilmente avverrà, aggiungendo alle risorse una decina di miliardi di euro extra. Ma non potranno essere usati per grandi cose.

Flat tax e Fornero

Perché sul punto sono pienamente d’accordo sia il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti: «Soldi messi a disposizione solo per spesa buona, quella che costruisce qualcosa per il futuro». Quindi niente mance a disposizione delle forze di maggioranza, come probabilmente nei gruppi ci si attendeva.

Ieri la stessa Meloni ha spazzato via ogni appetito spiegando: «I soldi che mettiamo in manovra serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà. Dobbiamo vedere come superare l’inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi. Pure con fondi scarsi vogliamo comunque dare qualche segnale, come la tassazione al 15% sugli aumenti di reddito e il passaggio da 65.000 a 100.000 euro della quota di fatturato delle partite Iva tassate anch’esse al 15%».

Quindi Matteo Salvini potrà rivendicare il primo modulo di flat tax che in realtà era quello già previsto nella manovra 2019 dal governo gialloverde, e poi saltato proprio perché il leader della Lega all’improvviso si era sfilato dalla maggioranza, provocando così la nascita del secondo governo Giuseppe Conte con M5s e Pd. Ma non ci saranno grandi provvedimenti sulla previdenza. Nella divisione delle somme per questo scopo al ministero del Lavoro secondo quanto risulta a Verità&Affari è stato lasciato un miliardo di euro. Forse si può pagare con quello il rinnovo dei correttivi della legge Fornero in scadenza, ma non certo tornare a quota 100 e dintorni perché le risorse così non sarebbero sufficienti.

Ue confederale

La Meloni proprio oggi sarà a Bruxelles con un’agenda fitta di primi appuntamenti con i rappresentanti delle istituzioni europee. Cercherà di verificare l’effettivo stato dei lavori del “tetto mobile sul prezzo del gas” che sembrava concordato all’ultimo consiglio europeo. E già ieri il premier ha anticipato: «Se l’Europa non riuscisse a tagliare l’allineamento del costo del gas da quello dell’energia elettrica, che è fonte di grandi speculazioni, lo faremo noi».

Meloni è sembrata bellicosa anche sui rapporti con la Ue: «Penso a un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi. Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina.

Poi, invece, vediamo che l’Europa deve occuparsi di gender. Abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie. Non converrebbe lasciare agli stati nazionali il dibattito sul diametro delle vongole e occuparsi invece a livello comunitario dell’approvvigionamento energetico?». Oggi avrà le risposte di Ursula von Der Leyen e di Charles Michel.

Condividi articolo