Ita, il decreto e il precedente che può "essere utile" su Tim
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AperturaTrasporti Ven 29 settembre 2023

Ita, il decreto del governo e il precedente che può "tornare comodo" su Tim

Il decreto legge,che nega la continuità fra Ita-Alitalia, può essere un pericoloso precedente anche per Ita Ita, il decreto del governo e il precedente che può "tornare comodo" su Tim La sede di Rozzano (Milano) di Tim
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Non solo Ita. La preoccupazione dei sindacati è che la questione del decreto legge che nega la continuità con Alitalia, scavalcando le sentenze della magistratura del lavoro, possa rappresentare un pericoloso precedente. Un caso che potrebbe tornare utile in altre ristrutturazioni aziendali importanti. Prima fra tutte quella che arriverà con la separazione della rete di Tim  dai servizi di telefonia. La questione non è affatto di lana caprina perchè ha un impatto diretto in bilancio sul costo del lavoro della nuova compagnia di bandiera che il governo vorrebbe cedere ai tedeschi di Lufthansa. Deriva dalla discussa cessione degli asset di Alitalia ad Ita con un contratto che ha bypassato le regole comunitarie grazie ad un altro decreto del governo.

Mario Draghi

La storia risale al 2021

L’articolo 2112 prevede precise tutele per i lavoratori delle imprese in crisi nell’ambito della cessione dell’azienda o del ramo di azienda. La legge italiana stabilisce che con la vendita della società o di suoi pezzi in blocco debbano essere trasferiti anche tutti i contratti in essere. Solo successivamente il nuovo proprietario può procedere ad una ristrutturazione.

Ma nell’autunno del 2021 il governo Draghi cambia le carte in tavola. Vara un decreto che ha autorizzato la vendita di singoli beni o pezzi di rami di azienda, ovvero si mettevano in discussione le garanzie occupazionali nel passaggio da Alitalia ad Ita.

I lavoratori ex Alitalia non saranno riassunti da Ita, ma la nuova compagnia potrà scegliere liberamente i dipendenti. Una scelta possibile perchè, secondo il governo e la stessa Bruxelles, non c’è continuità fra le due compagnie aeree.

Gli ex dipendenti Alitalia ricorrono in Tribunale

Alcuni lavoratori Alitalia vengono poi effettivamente assunti in Ita. Ma oltre 3mila ancora oggi restano alla porta. Scattano così migliaia di cause. E i nodi vengono al pettine. Secondo fonti vicine ad Ita, ad oggi, la compagnia di volo italiana ha avuto 38 sentenze favorevoli — per un totale di 841 ricorrenti — e tre sentenze sfavorevoli, in tutto o parzialmente (per un totale di 244 persone da assumere). Restano ancora 34 cause pendenti per un totale di 564 ex dipendenti di Alitalia. L’impatto complessivo delle cause — se fossero state tutte perse — non andrebbe oltre i 150 milioni di euro. 

“E’ vero che sono di più le sentenze che hanno visto soccombere i lavoratori. Inizialmente i tribunali hanno avallato la tesi aziendale per cui era l’Europa che aveva sancito la discontinuità tra Alitalia ad Ita e quindi i lavoratori non imbarcati nella newCo avevano poco da pretendere” ha spiegato Antonio Amoroso, responsabile nazionale della Cub Trasporti. Superate tali considerazioni, a fronte del fatto che l’Europa aveva sancito la discontinuità economica e non certo quella relativa all’applicazione delle regole sulle tutele occupazionali (art. 2112 del codice civile), diversi giudici hanno finto di non vedere gli elementi di fatto che comprovano la continuità tra la vecchia e nuova compagnia aerea, rifiutandosi di ordinare l’esibizione del contratto di vendita degli asset AZ a Ita.

Successivamente, alcuni giudici, accogliendo le richieste dei difensori dei lavoratori

I magistrati hanno quindi ordinato l’esibizione del contratto. A quel punto la cessione di ramo d’azienda è stata evidente e sono arrivate le sentenze favorevoli per i lavoratori. Poi Ita ha sollevato la questione della finalità liquidatoria della procedura concorsuale gestita dai commissari straordinari AZ e alcuni giudici hanno riconosciuto il passaggio di ramo d’azienda ma legittimando il mancato traferimento da Alitalia a Ita dei lavoratori.

“Non tutti i giudici però hanno accolto tale bizzarra ipotesi datoriale, smentita dall’evidenza di un Programma di ristrutturazione presentato dai commissari AZ, finalizzato al risanamento dei conti ed in essere ad ottobre 2021 quando è decollata Ita. Altro che liquidazione. A questo punto il governo, percependo il concreto rischio di soccombere, si è inventato una norma ad hoc, incostituzionale e priva di fondamento giuridico, sostenendo che la legge applicabile al caso Ita sia quella che prevede la cessione delle attività di una azienda in liquidazione senza il passaggio dei lavoratori” ha sottolineato il sindacalista.

Si tratta di “un atto gravissimo in cui lo Stato, proprietario di una azienda, si “inventa” una interpretazione autentica da applicare alla vendita di un suo asset. Un atto antidemocratico e, sosterrei, eversivo. Pericoloso per i lavoratori Alitalia ma non solo. Non credo che la magistratura, quella con la M maiuscola, desiderosa di ribadire la sua indipendenza, non obietterà nulla rispetto a tale imbarazzante espediente. La Cub Trasporti continuerà le mobilitazioni, convinta che siano in ballo 3000 posti di lavoro ed un pezzo di democrazia nel Paese” ha concluso. 

Il caso Ita rischia di diventare un precedente di rilievo in materia di lavoro

Il decreto appena varato dal governo è oggetto di attenzione da parte dei sindacati che vengono un’invasione di campo del potere esecutivo in quello giudiziario. Il punto è che lo stesso canovaccio potrebbe essere utilizzato in altri casi. Primo fra tutti quello di Tim dove, con l’offerta di Cdp e Kkr, si prevede un passaggio di ramo di azienda nella nuova società che svilupperà la fibra.

Nulla esclude che, anche in questa circostanza, possa valere la deroga al codice civile bloccando così il passaggio automatico dei dipendenti. Dal punto di vista aziendale, una simile soluzione riolverebbe il problema di un eccessivo costo del lavoro sulla nuova società della rete, ma rischia di mettere alla porta molti lavoratori. Esattamente come accaduto nel caso di Alitalia, dove con l’operazione Ita sono state tagliati 4mila posti di lavoro. Personale che ora il governo sta tentando con difficoltà di ricollocare con le politiche attive del lavoro in altri settori. 

 

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