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AperturaSport Sab 06 gennaio 2024

La Lega calcio pressa Giorgetti: più soldi alla serie A o niente scommesse

Vertice lunedì: club pronti a bloccare i dati usati per le puntate. Si valuta la possibilità di riportare i betting sponsor sulle maglie La Lega calcio pressa Giorgetti: più soldi alla serie A  o niente scommesse
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Vertice l’8 gennaio

Le trattative iniziano lunedì 8 gennaio e vedranno come protagonisti la Lega Calcio, il ministero dell’Economia e il dicastero competente, quello dello Sport, guidato da Andrea Abodi. Al centro della discussione la possibilità di «travasare» nel mondo del calcio una fetta consistente del giro d’affari che fa riferimento all’universo delle scommesse sportive. Diverse le modalità allo studio. Trattative difficili, va detto, perché si tratta di trovare una sintesi tra esigenze diverse e tutte portatrici di «buone ragioni». Da un lato c’è, infatti, la necessità di assicurare risorse aggiuntive alla serie A che a fine anno è stata colpita dalla perdita degli sgravi fiscali per i calciatori acquistati all’estero. Dall’altra resta ferma la volontà di tutelare il contrasto del gioco d’azzardo patologico, la ludopatia, di cui però spesso si parla a sproposito.

Insomma le carte sul tavolo sono chiare, ora bisogna mescolarle e trovare una sintesi. Con il decreto Dignità di grillina memoria (governo gialloverde 2018), infatti, all’articolo 9 veniva vietata «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro» in riferimento sia alle manifestazioni sportive che alle trasmissioni televisive o radiofoniche. Insomma via i betting sponsor dalle maglie, dai display, dai cartelloni digitali allo stadio ecc. Tanto per fare un esempio, nello stesso 2018, la Roma aveva firmato un contratto di sponsorizzazione per le maglie usate in allenamento con la società di scommesse Betway, l’anno dopo quell’accordo fu cancellato e il club giallorosso ci rimise poco più di 15 milioni di euro. Si era calcolato, all’epoca, che considerando tutti i mezzi possibili di pubblicità la sola serie A aveva perso introiti per circa 200 milioni.

I diritti sulle statistiche

Cosa si può fare adesso? La Lega Calcio chiederà al ministro con il portafoglio per antonomasia, Giancarlo Giorgetti (Mef), dei cambiamenti. Oggi vende i diritti dei club (quelli che fanno riferimento ai dati live, alle statistiche, alle news e alle elaborazioni in tempo reale) alle società di betting per circa 40 milioni di euro. Il punto è che senza questi diritti non esisterebbe il sistema delle scommesse, un sistema che garantisce allo Stato introiti milionari. Tanto per intenderci, nel 2022 la raccolta complessiva in Italia per le scommesse sportive è stata di 18,7 miliardi di euro, di cui 13,1 miliardi giocati sul «pallone». Non solo. È di tutta evidenza – ragiona chi chiede uno sforzo al ministro dell’Economia – che il calcio con il suoi eventi, rappresenta il driver principale delle scommesse, cioè incrementa in modo esponenziale anche «le puntate» sugli altri sport, così come si fa notare l’esistenza di una risoluzione europea che riconosce una percentuale del giro d’affari per l’utilizzo dei brand e dell’evento dove si scommette.

Decreto Dignità

Difficile trattare sui 40 milioni di cui sopra perché entrerebbero in ballo dinamiche esterne che fanno riferimento anche alle altre Leghe, possibile invece che si trovi una soluzione interna. Quale? Le strade sono sostanzialmente due. Una porta al classico modello del prelievo. Si stabilisce una percentuale sul totale del business scommesse che viene poi girata alla Lega e quindi ai club. Il meccanismo era stato sperimentato durante il Covid, ma viene considerato molto rischioso per l’incognita ricorsi.

L’altro percorso porta a un allentamento del decreto Dignità voluto dal governo Conte. Potrebbero per esempio essere riammessi solo i loghi e le sponsorizzazione delle società di scommesse sulle divise di campo e di allenamento o sui cartelloni elettronici allo stadio, lasciando invece inalterato il divieto per le iniziative di vero e proprio marketing. Si riaprirebbe in questo modo un giro di affari complessivo che viene calcolato tra i 500 e i 600 milioni.
Del resto come evidenziato dallo stesso ministro Abodi, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, oggi viviamo in una sorta di ipocrisia: «Abbiamo vietato il diritto alla scommessa, ma si consente (anche sui display allo stadio ndr) una comunicazione parallela di siti che promuovono indirizzi web che portano comunque a scommettere». Non solo. Perché a più riprese lo stesso ministro ha sottolineato la necessità di studiare una soluzione per «riconoscere diritti, e non solo oneri, a chi organizza eventi sui quali si scommette. È un percorso», aveva fatto notare, «che porto avanti rispettosamente all’interno del Governo e spero di chiudere a breve».

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