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AutoPrimo piano Mer 06 dicembre 2023

Via il Tavolo per lo sviluppo dell'auto. Stellantis alla prova dei fatti

Al ministero delle Imprese Stellantis, Anfia, Regioni e sindacati. Obiettivo: tornare a produrre in Italia un milione di auto. Via il Tavolo per lo sviluppo dell'auto. Stellantis alla prova dei fatti Carlos Tavares, Ceo del gruppo franco-italiano Stellantis
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Dopo mesi di promesse, annunci e rinvii parte il Tavolo per lo sviluppo dell’auto in Italia. E’ in calendario domani (6 dicembre) il summit  presieduto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a cui partecipano Stellantis, i rappresentanti delle Regioni sede di stabilimenti del gruppo ex-Fiat (Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Molise, Piemonte ed Emilia-Romagna), le organizzazioni sindacali e Anfia, che rappresenta le imprese della componentistica. L’obbiettivo  è quello di porre le condizioni per tornare a produrre un milione di vetture in Italia (ora siamo sotto le 500 mila).

Un anno di dure schermaglie

Era il 5 dicembre dello scorso anno quando il  governo Meloni aveva annunciato, in un evento  sull ‘automotive,  che tra le priorità dello sviluppo economico del Paese c’era anche quello, fondamentale, di rivitalizzare l’industria automobilistica italiana. Da qui  il pressing sul gruppo Stellantis  che dopo le nozze tra Fca e Psa pareva intenzionato a smobilitare dal nostro Paese. Un pressing che sembrava aver sortito effetto, visto che il gruppo automobilistico si era impegnato da subito a partecipare ad una serie di appuntamenti trimestrali. Incontri che però non vi sono stati.

D’altra parte lo stesso  amministratore delegato, Tavares, aveva poi fatto sapere ai mercati che   Stellantis sarebbe andata a produrre “dove le condizioni erano migliori“.  Nessuna considerazione dunque per un Paese come  l’Italia che in poco meno di 40 anni ha stanziato per la Fiat, poi Fca e Stellantis (tra cassa integrazione e quant’altro) oltre 2 miliardi di euro. Da qui le dure prese di posizione del ministro Urso che sembrano aver condotto d’Ad a più miti consigli  ed alla prima riunione  in cui si dovrebbe fare sul serio.

Una strada in salita

Il “Tavolo per lo sviluppo automotive”, parte comunque in salita. A fronte delle tante promesse (poche mantenute),  la politica del “vado dove si risparmia” inaugurata da Tavares, infatti, non è rimasta sulla carta. Ultima in ordine di tempo la notizia che la Fiat Panda elettrica, su cui l’azienda punta molto, non verrà prodotta a Pomigliano d’Arco ma in Albania. Ma ancor prima c’erano stati i maxi investimenti in Germania, ovviamente Francia, Polonia,  e ancora Marocco, Algeria, Sudafrica e Stati Uniti. Medesimo discorso con le gigafactory per la produzione di batterie elettriche: per l’Italia l’annuncio di un grande progetto per Termoli mentre in Germania e Francia si è già in attività. Di queste ore, manco a dirlo,  l’annuncio del via libera alla produzione della nuova gigafactory per l’idrogeno in territorio transalpino. Non solo: a rendere meno roseo il quadro è arrivato anche il recente  dossier dell’Anfia sulla componentistica che ha certificato come la filiera dell’auto in Italia è sempre meno legata a Stellantis e si salva solo grazie all’aumento delle richieste dai gruppi tedeschi.  D’altra parte ad una riunione con i principali fornitori, i manager del gruppo avrebbero invitato i presenti a “produrre maggiormente all’estero per abbassare i costi”.

E l’Italia? Da Melfi a Pomigliano, da Torino a Termoli per ogni stabilimento è arrivato l’annuncio “perfetto”: nuove linee produttive per auto di fascia media, sviluppo dell’elettrico, ecc.. Annunci che ora però vanno tradotto nei fatti. Di sicuro c’è che Mirafiori da grandissimo stabilimento industriale diventa “l’università del riciclo” in cui gli ingegneri testeranno le tecnologie più innovative per il gruppo. Un fiore all’occhiello, di un vestito però che mostra però la “stoffa occupazionale” almeno un po’ lacera.

Parola d’ordine: produrre

E’ presto però per trarre conclusioni negative. Se la strada è in salita bisogna però prendere atto dell’ottimismo che in questi mesi ha sempre manifestato il ministro Urso. E allora? Si parte in ogni caso dal protocollo d’intesa firmato a ottobre da Mimit e Anfia per la transizione della filiera. Al “Tavolo” devono essere in sostanza definiti degli strumenti e delle tempistiche degli interventi condivisi verso l’incremento della produzione nazionale di veicoli (fino a un milione), il sostegno agli investimenti per la riconversione produttiva delle aziende della componentistica, il mantenimento e rafforzamento dei centri di ricerca ed innovazione in Italia.

Particolare attenzione dovrebbe esser posta alla riqualificazione del personale e alla creazione di nuove figure professionali, alla tutela dei lavoratori a rischio, all’attrazione degli investimenti esteri anche attraverso l’operatività della ZES unica del Mezzogiorno di futura attivazione, all’adozione di politiche di supporto al mercato per la diffusione della mobilità elettrica e a idrogeno e al rinnovo del parco autovetture e veicoli commerciali e al rafforzamento dei rapporti di fornitura tra il costruttore e la filiera della componentistica.

Il protocollo prevede che Anfia si impegni a supportare Stellantis per la definizione, entro 90 giorni, di uno studio di analisi e mappatura della filiera che approfondirà i fattori che penalizzano la competitività delle aziende e l’ecosistema della ricerca e sviluppo in Italia e rispetto agli altri paesi competitor. Il Mimit si impegna invece a proseguire il negoziato con Stellantis per condividere in tempi brevi un Piano di lavoro che tenga conto del rinnovato impegno del colosso dell’auto a rilanciare la produzione di veicoli nel nostro Paese.

Non solo produzione

Ad attendere la svolta ci sono i quasi 50 mila dipendenti nei sei stabilimenti Stellantis in Italia oltre che le 2.167 imprese che compongono l’universo della componentistica che impiegano nel settore circa 167.000 addetti. Il Tavolo non è però occasione per discutere solo di produzione; a fianco ai temi industriali dovrebbero trovare spazio anche temi  come la rimodulazione degli incentivi all’acquisto, con il dirottamento verso il termico di una parte dei fondi destinata finora all’elettrico. E poi ancora i dossieri dossier Ue su Euro 7 e stop a benzina e diesel dal 2035. E non ultimo il tema della rete di colonnine di ricarica per l’auto elettrica.

Il gruppo franco-italiano punta tutto infatti sulla transizione all’elettrico (entro il 2030, secondo il piano Tavares, tutta la produzione dovrà convergere sulle vetture a batteria). L’auspio è che le cassandre vengano smentite e che si faccia presto. Magari elaborando un piano di vera industrializzazione e non, come è avvenuto in Spagna pochi giorni fa, con una intesa dove Stellantis si impegna a restare  ma a fronte di grandi supporti dello Stato. Arrivare forse  a produrre un milione di vetture in Italia, ma a spese dei cittadini, sarebbe una storia già vista. E dagli esiti non proprio positivi.

 
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