Le Camere riducono i seggi, ma assumono più personale di prima
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CronacaPrimo piano Gio 23 giugno 2022

Macchè tagli delle Camere. Si riducono i seggi, ma si assume più personale di prima

Camera e Senato continuano ad assumere dipendenti come e più di prima. Ed entro pochi mesi a Montecitorio ne arriveranno 115 nuovi Macchè tagli delle Camere. Si riducono i seggi, ma si assume più personale di prima PANORAMICA AULA CAMERA DEI DEPUTATI MONTECITORIO
Franco Bechis
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Franco Bechis

I finti tagli di Camera e Senato

Camera e Senato continuano ad assumere dipendenti come e più di prima. Ed entro pochi mesi a Montecitorio ne arriveranno 115 nuovi provenienti dalle selezioni concorsuali, mentre a Palazzo Madama ne sono attesi ben 90 in più nello stesso modo. I vecchi concorsi di reclutamento che erano stati congelati durante la pandemia infatti non sono stati annullati come chiunque avrebbe immaginato, ma sono stati riaperti ed entro al massimo la fine di quest’anno consentiranno un nuova infornata di dipendenti.

Eppure ci si sarebbe attesi l’esatto opposto: se non proprio un licenziamento dei dipendenti attuali che né Roberto Fico né Maria Elisabetta Casellati avrebbero mai caricato sulle proprie spalle, almeno un blocco del turnover se non in tutti in gran parte dei settori. Pochi mesi dopo infatti entrerà in vigore con la nuova legislatura la versione “dietetica” del Parlamento, con la riduzione degli eletti prevista dall’ultima riforma costituzionale.

I concorsi alla Camera

I parlamentari votati dai cittadini passeranno infatti dagli attuali 945 (630 alla Camera e 315 al Senato) a 600 in tutto (400 alla Camera e 200 al Senato). Con meno politici da assistere, sarebbe stato logica una riduzione almeno del personale che aveva la funzione di supporto ai parlamentari, altrimenti il rapporto fra personale dipendente ed eletti gonfierà a dispetto della stessa riforma. Non solo questo non avviene, ma gli organici che oggi contano 1.063 dipendenti alla Camera e 585 al Senato si gonfieranno ulteriormente.

Alla Camera sono quattro i concorsi di reclutamento ancora aperti: uno per 10 posti da tecnico, un altro per 20 posti da tecnico informatico, uno per 65 posti da segretario parlamentare e infine uno per 50 posti da assistente parlamentare. Quest’ultimo è quello in fase più avanzata e il prossimo primo di luglio sulla Gazzetta Ufficiale verrà pubblicato l’elenco dei vincitori. Per i segretari parlamentari invece siamo ancora all’inizio delle prove scritte, che sono state fissate per il 6 e 7 luglio prossimi alla Fiera di Roma e delle prove pratiche da svolgere a Palazzo del Seminario fra l’11 e il 15 di luglio. A metà strada gli altri due concorsi: gli aspiranti tecnici che hanno passato la prova scritta il 26 maggio scorso potranno giocarsi quei 10 posti a disposizione agli orali dopo avere letto chi vi è stato ammesso sulla Gazzetta ufficiale del 22 luglio prossimo. Gli aspiranti 20 tecnici informatici sapranno chi è stato ammesso all’orale solo sulla Gazzetta ufficiale del 23 settembre. Sono due i concorsi ancora aperti invece in Senato, uno per 30 posti da assistente di prima fascia da aggiungere ai circa 160 che già sono in organico e uno per 60 posti da coadiutore di prima fascia da aggiungere ai circa 200 già in organico.

I risparmi attesi

Dunque quando tutte le spese del Palazzo dovrebbero diminuire per la riforma istituzionale, si scopre che invece alcuni capitoli come quelli del personale sono destinati addirittura a lievitare. E al momento di risparmi veri non si vede manco un euro. Ci saranno per forza di cose, essendoci meno indennità e rimborsi da pagare, ma al momento non vengono valutati. Nell’ultimo triennale della Camera ad esempio si scrive che la dotazione annuale del Tesoro «già fissata nella misura di 943,16 milioni di euro per gli anni 2021 e 2022, è stata mantenuta al medesimo livello anche per il 2023. La decisione dell’Ufficio di Presidenza in questo senso è stata assunta in attesa delle deliberazioni in merito al nuovo assetto dell’Istituzione che sarà definito dagli organi competenti a seguito della riduzione del numero dei deputati». Anche il Senato non ha formalizzato la riduzione di richiesta al Tesoro, ed è l’ennesimo segnale di una legislatura che vorrebbe non finire mai: fossimo certi di andare alle urne fra febbraio e marzo del 2023 come sarebbe naturale non dovrebbe essere difficile fare i conti del fabbisogno e stabilire il risparmio dell’anno prossimo. Ma volendola tirare il più a lungo possibile almeno fino a giugno, nessuno riesce a fare la previsione di cosa costerebbe il Parlamento l’anno prossimo, un po’ vecchia e un po’ nuova conformazione.

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