Una grande ammucchiata per Tim sulla strada dell’Opa
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ApprofondimentiCronaca Ven 04 novembre 2022

Una grande ammucchiata per Tim ma la strada dell’Opa è piena di ostacoli

La partita Tim-rete unica. Tutti insieme per lanciare un’Opa su Tim e programmare il successivo spezzatino. Una grande ammucchiata per Tim ma la strada dell’Opa è piena di ostacoli
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

L’Opa di Tim

Una sorta di piano Minerva rivisitato, una grande ammucchiata che vede partecipare tutti i principali protagonisti della partita Tim-rete unica. Tutti insieme per lanciare un’Opa su Tim e programmare il successivo spezzatino. È questo il piano sul quale – secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa e confermato da fonti di mercato – si sta lavorando per risolvere l’intricatissima partita Tim e che sta facendo volare il titolo dell’ex monopolista.

Ci sarà Cassa Depositi e Prestiti – che nel progetto originario del neo-sottosegretario per l’Innovazione, Alessio Butti, avrebbe dovuto lanciare un’offerta pubblica d’acquisto in solitaria. Ci saranno i fondi – a partire da Kkr, che a dir il vero una proposta d’Opa l’aveva anche avanzando indicando un prezzo pari a 0,505 euro per azione che per forza di cose sarà un po’ il benchmark di tutte le operazioni future, per arrivare fino all’australiano Macquarie che invece ha il 40% di Open Fiber, la società della rete che da mesi è data in procinto di fare un’offerta per l’infrastruttura di Tim, in ottica rete unica. Offerta che non è mai arrivata. E ci sarà Vivendi, il primo azionista francese dell’ex monopolista della telefonia italiana che vede come fumo negli occhi una possibile offerta sula rete che la valorizzi meno di 30 miliardi.

L’andamento

Sull’appeal di questa voce che viene confermata da più di una fonte di mercato e delle altre ipotesi circolate nelle ultime settimane, il titolo Tim in meno di un mese è passato da sfiorare la quotazione “mignon” vicina a 0,15 euro per azione per arrivare fino a un passo da quota 0,22 euro con un rialzo ieri di poco inferiore al 3,5%.

Il problema è che molti di questi attori si sono guardati in cagnesco (per usare un eufemismo) fino a pochissimo tempo fa e adesso si trovano a dover limare i dettagli di un piano che è per forza di cose delicatissimo. Per affari si fa questo e altro, ma era questione d’affari anche quando fondi, francesi e Cdp non andavano d’accordo. Vediamo. L’ipotesi è quella di una sorta di rollover per cui le singole posizioni nella nuova società andrebbero a rispecchiare gli attuali valori. E già qui trovare la quadra sarà un’impresa.

L’interesse di Cdp è chiaro. Allo stato attuale Cassa Depositi e Prestiti non ha la possibilità di chiudere un’operazione in solitaria per una questione di disponibilità economica e perché non potrebbe accollarsi il debito monstre da 25 miliardi e passa di Tim. In questo modo, invece, nel successivo spezzatino, alla Cassa resterebbe la tanto agognata rete unica senza la necessità di consolidare il debito avendo una quota inferiore al 50% della NetCo alla quale parteciperebbero ovviamente anche Kkr (che ha il il 37,5%di FiberCop, la società della rete secondaria controllata da Tim al 58% e partecipata anche da Fastweb) e Macquarie.

La domanda

La domanda è cosa farà Vivendi (l’advisor è Rothschild). L’interesse dei francesi è quello di tenersi la parte consumer e security, ma con quale prospettiva? Quella di mantenerla o di venderla? E cosa ne pensa il governo? Si sa che due giorni fa l’ad di Tim Pietro Labriola ha incontrato Gaetano Caputi, il capo di gabinetto del premier Giorgia Meloni, ma il punto è che al momento non si sa chi davvero abbia le deleghe al dossier Tim.

Se le contendono il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti e il ministero del made in Italy (ex Mise) di Adolfo Urso. Nel caso prevalesse quest’ultimo dovrebbero andare al sottosegretario Valentino Valentini. Insomma, si possono studiare tutte le alchimie finanziarie del caso, ma come la storia insegna, sulla partita dell’ex monopolista della telefonia non si muove foglia che il governo non voglia.

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