Transizione ecologica, Nicolazzi: "Il gas serve. Focus redditi bassi"
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ApprofondimentiEconomia Mar 30 maggio 2023

Transizione ecologica, Nicolazzi: "Il gas ci serve. Occhio ai redditi bassi"

Il fossile non può essere abbandonato dall'oggi al domani. Per l'economista Nicolazzi, nella transizione ecologica avrà il ruolo di riserva Transizione ecologica, Nicolazzi: "Il gas ci serve. Occhio ai redditi bassi" CENTRALE TERMOELETTRICA ENDESA
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La metamorfosi energetica non sarà gratis

“Il fossile, soprattutto il gas, non va chiuso, ma accompagnato con cortesia all’uscita. Contenendo il potenziale di diseguaglianza sociale comunque implicito in una transizione che non sarà un pasto gratis”. Nessun taglio netto quindi con il processo di eletttrificazione in cui il fossile ha un ruolo che non è affatto marginale. Ne è convinto Massimo Nicolazzi, economista con una lunga esperienza nel settore energerico in società come Eni, Lukoil e Centrex (Gazprom), di recente entrato nel board della Isab di Priolo. 

Nell’incontro a Montecitorio sul tema “Materie prime nella transizione ecologia”, organizzato a Montecitorio dall’associazione a/simmetrie, Nicolazzi ha spiegato che l’intero processo di cambiamento va governato nei tempi e nei modi anche per evitare un contraccolpo nelle tasche delle fasce più deboli della popolazione.

MASSIMO NICOLAZZI

Cambiare fonte e/o convertitore non è cosa per redditi bassi” ha evidenziato. “Sostenibilità ambientale non è sempre sinonimo di sostenibilità economica; e ci vorrà sostegno pubblico per garantire l’equità della transizione. I tempi della decarbonizzazione li decidono sostegno statale, investimenti e tecnologia; e però anche in democrazia il consenso. Senza equità il consenso si disperde; e senza consenso i gilet gialli si moltiplicano, e la transizione si ferma” ha chiarito l’esperto.

La transizione ecologica è, appunto, transizione

Nella sua visione, si tratta di “un processo in cuí il fossile si ritira progressivamente dalla scena mantenendo un ruolo nella commedia” con un ruolo che sarà dettato dalla “celerità degli investimenti sostitutivi ed il progresso di tecnologia”. E le tempistiche potrebbero essere ben più lunghi da quelli immaginati da Bruxelles. “I tempi della transizione li dettano poi la capacità di costruire nuova generazione e la velocità di sostituzione dei convertitori anche domestici, dall’auto al boiler alla cucina a gas. In un mondo che si avvia a 9 miliardi di abitanti direi nulla di immediato” ha spiegato.

Il futuro dovrà essere sempre più elettrico

E suq uesto punto non c’è alcun dubbio. La ragione? “Non solo perché l’elettricità è indispensabile al digitale ma anche perché l’elettricità è in pratica al netto dell’idrogeno l’unica forma di fruizione dell’energia generata da rinnovabili (e anche da nucleare). Inoltre non tutto, oggi, può però essere elettrificato. Non lo sono ad esempio se non parzialmente i settori c.d. hard to abate, dal cemento all’acciaio ai trasporti pesanti e aerei. Qui aiuterà forse l’idrogeno” ha sottolineato

“Ma soprattutto se lo vogliamo solo verde non sarà per domani mattina. Magari anche tenendo conto che se abbiamo un kWh di elettricità rinnovabile mettendolo in rete spiazziamo 2kWh di gas; e usandolo per fare idrogeno verde ne spiazziamo solo mezzo” ha precisato. “Poi c’è la rete elettrica, che mentre sviluppiamo la tecnologia degli accumuli, non riusciamo a tenere per oggi bilanciata facendo del tutto a meno del gas. E poi, tecnologicamente, altro ancora” ha aggiunto.

Il fossile è il carburante di riserva della transizione energetica

Per Nicolazzi, il suo compito non si esaurirà. “Il ruolo del fossile nella transizione è nella necessità di soddisfazione della domanda di energia di chi non è in grado di convertirsi ad altra fonte; e come guardiano del faro in attesa di tecnologia e di sua installazione. E però c’è anche altro. Il fossile che diventa forse paradossalmente la nostra riserva di energia” ha sottolineato l’esperto.

“La sicurezza energetica è anzitutto ridondanza. Fare scorta per il caso che qualcosa vada male. Che può essere l’invasione dell’Ucraina; ma anche solo un rallentare del nostro calendario forzato di decarbonizzazione. Non possiamo fare scorta con la generazione rinnovabile. Appena è generata, se ne va in rete a spiazzare il fossile. Il fossile anche è l’unica ridondanza possibile; e perciò anche necessaria. Il fossile, e soprattutto il gas, come carburante di riserva della transizione” ha chiosato Nicolazzi.

“Stiamo parlando di scorta, e non di produzione. Di mettere fieno in cascina in punto di sicurezza della disponibilità in caso di necessità. Parliamo comunque di creare ridondanza; come tale economicamente possibile solo in presenza di una politica di impegno pubblico. Non si fa magazzino giusto con capitale privato” ha aggiunto.

Le vicende del gas possono essere citate ad esempio

“Il metano non aveva quasi neanche iniziato la sua uscita di scena; e dunque per compensare il gas russo che veniva meno non abbiamo potuto sostituire con rinnovabili ma solo andare in cerca di gas non russo” ha detto ricordando poi che “la decarbonizzazione si è intrecciata con la derussificazione”.

“Abbiamo dovuto riempire stoccaggi (a carissimo prezzo) e comprare nuova infrastruttura in forma di rigassificazione. Però l’obiettivo europeo di fit for 55 rimane sul tavolo; e ci impone di tagliare grosso modo di un 20% di qui al 2030 i nostri consumi di metano. I volumi di russo che ci è necessario rimpiazzare equivalgono grosso modo ai volumi di metano che di qui al 2030 ci toccherebbe di tagliare. Stiamo facendo infrastruttura e scorta sotto la spinta dell’emergenza; e se decarbonizzeremo per davvero l’emergenza andrà a mutarsi in ridondanza” ha chiarito.

La mano pubblica

“Il tutto non sarebbe possibile senza intervento pubblico; e però se superata l’emergenza ci ritroveremo con qualche eccesso di capacità di importazione che ci toccherà di gestire come capacità di riserva” ha evidenziato. “Poi però anche con la ridondanza meglio non esagerare. il vettoriamento di ulteriore gas dal Sud al Nord dell’Italia ha come condizione il necessario completamento della dorsale adriatica, che al meglio avverrà tra quattro anni e dunque non lontano dal 2030. O la decarbonizzazione rallenta, o la previsione di nuovi rigassificatori nel sud della penisola rischia di tradursi in eccesso di ridondanza” ha spiegato.  “Nell’ottica della decarbonizzazione le nuove infrastrutture dovrebbero per quanto possibile essere mobili e dunque offshore ; e anche flessibili per capacità di riadattarsi a commodities diverse dal metano (ammoniaca, idrogeno…)” ha dichiarato. 

Un errore fermare gli investimenti in ricerca & sviluppo nel fossile

Ultima notazione. “Assistiamo ad un palese crollo degli investimenti nella ricerca e sviluppo di idrocarburi. Rischiamo pur con abbondanza di idrocarburi nel sottosuolo di ritrovarci corti di produzione. Sono investimenti di lungo periodo; ed è bastato l’annuncio della decarbonizzazione per decretarne l’eccesso di rischiosità” ha detto. “Qualche analista ci avvisa che persino se sostituissimo il fossile alla velocità di fit for 55 rischieremmo comunque di andare corti sul lato dell’offerta e dover attraversare una nuova crisi di prezzo – ha concluso -. Fermare da subito gli investimenti, come anche il verde governo tedesco ora avverte, non è buona politica; anche perché, come ci avverte da ultimo il Politecnico di Milano, al passo attuale raggiungeremmo solo la metà del nostro obiettivo di decarbonizzazione“.  Con il risultato che l’obiettivo sarebbe quindi comunque mancato. 

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