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In evidenzaMercati Mar 07 marzo 2023

Rete Tim, il Financial Times spinge per una gara tra Kkr e Cdp. Ma la realtà è diversa

Difficile che ci sia un rilancio sostanzioso sui 20 miliardi proposti. Più realistico pensare che il governo faccia da pivot per un accordo Rete Tim, il Financial Times spinge per una gara tra Kkr e Cdp. Ma la realtà è diversa
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Sulla rete Tim la palla al mercato

Deve decidere il mercato. E’ il Financial Times e dal quotidiano della City non ci si poteva aspettare un commento diverso sul dossier rete Tim. Ma fa comunque riflettere l’articolo apparso oggi nella Lex Column del quotidiano della City che si può riassumere in un solo concetto: “Gli azionisti di Tim meritano un’asta competitiva”. Il riferimento ovviamente è alle due offerte  presentate da Cdp-Macquarie e da Kkr per la Netco dell’ex monopolista della telefonia.

Il primo passo l’ha fatto il fondo Usa che ha messo sul piatto circa 20 miliardi e ha ricevuto come risposta la richiesta di un rilancio da parte del consiglio di amministrazione di Tim. Quindi è arrivata Cdp in compagnia del fondo australiano Macquarie (insieme controllano anche Open Fiber) che nello scorso fine settimana ha rotto gli indugi e ufficializzato una proposta che dal punto di vista economico non si discosta molto da quella del private equity. 

Il ruolo del governo

“Le acquisizioni in Italia sono raramente semplici – si legge ancora sul Financial Times –  non è raro che “patriottici” offerenti nazionali si facciano avanti con il sostegno del governo. Gli azionisti di Telecom Italia devono sperare che il primo ministro Giorgia Meloni non sia tentata di aggiungere la società di telecomunicazioni a questa lista”. Un invito al governo a farsi da parte. O comunque a non interferire. Difficile se non utopistico però che il governo rinunci a dire la sua (anche senza l’uso del golden power) su un asset strategico come la rete dove ha già chiarito di pretendere che venga garantita una governance (anche senza partecipazioni di maggioranza) a controllo pubblico. 

Nel confronto tra le due offerte viene evidenziato come l’offerta di Cdp sia simile a quella di Kkr, ma attribuisce un valore inferiore a FiberCop, l’unità di NetCo che gestisce la rete dell’ultimo miglio. “Tim – si legge – ha un debito netto di 25,5 miliardi di euro, pari a 4,4 volte l’ebitda previsto per il 2022 e ha bisogno di concludere un accordo in tempi brevi… L’offerta di Kkr, pari a 18 miliardi di euro, non è certo da buttare, valutando Tim a nove volte l’Ebitda. Altre operazioni di infrastrutture del settore hanno raggiunto multipli medio-alti… Vero – si legge ancora – che la rete di Tim è per lo più in rame e che nei prossimi tre anni avrà bisogno di circa 7 miliardi di euro di investimenti per passare alla fibra ottica ma potrebbe esserci ancora spazio per addolcire le condizioni generali“.

Le ipotesi

Cosa potrebbe succedere? “Kkr – ipotizza Ft – potrebbe voler sfruttare la sua posizione di azionista di minoranza di FiberCop per ottenere un’offerta più alta da parte di Cassa Deposti e Prestiti. Tutto questo andrebbe a vantaggio degli azionisti di Tim, a meno che il governo italiano non si opponga all’offerta. Meloni dovrebbe chiarire che è il mercato a decidere e lasciare che gli offerenti si sfidino”.

La realtà è che entrambe le parti sembrano aver raggiunto il limite e aspettarsi un rilancio o almeno aspettarsi un rilancio che sparigli il gioco sembra assai difficile. Piuttosto appare evidente che nessuna delle due offerte rispecchi i desiderata del primo azionista di Tim. Vivendi che con il il suo quasi 24% non ha più rappresentanti nel consiglio di amministrazione di Tim ma potrebbe bloccare l’eventuale operazione di vendita in assemblea.

Partita incartata

Insomma la partita sembra ancora assai incartata e più che il mercato potrebbe essere decisa proprio dal governo che dovrebbe riuscire a rimettere tutti gli attori intorno a un tavolo per arrivare a un’offerta comune. Al momento lo scoglio più arduo da superare resta la garanzia su eventuali problemi antitrust che l’Europa potrebbe muovere rispetto a Cdp per la sua partecipazione di maggioranza in Open Fiber. Kkr chiede che sia la Cassa a farsene carico. La Cassa non ne vuol sapere.   

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