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ApprofondimentiLavoro Ven 01 dicembre 2023

Professionisti, crescono i redditi i giovani preferiscono il lavoro dipendente

Il rapporto di Confprofessioni mostra una categoria in difficoltà tra investimenti nel digitale e minor interesse dei giovani. Ma gli aspetti positivi non mancano Professionisti, crescono i redditi i giovani preferiscono il lavoro dipendente GAETANO STELLA PRESIDENTE CONFPROFESSIONI
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Nel 2022 poco più di 53 mila liberi professionisti hanno gettato la spugna. Dopo oltre 10 anni di crescita continua, interrotta solo dalla pandemia, si ferma la corsa dei liberi professionisti in Italia, che nel 2022 si attestano a 1.349.000 unità, segnando una flessione del 3,7% rispetto al 2021. Il bilancio diventa ancor più pesante se si considera che negli ultimi quattro anni circa 76 mila professionisti hanno abbandonato la loro attività, con una variazione negativa del 5%. Lo certifica l‘ottavo Rapporto sulle libere professioni in Italia.

La corsa al lavoro dipendente

Il settore professionale si muove in netta controtendenza rispetto alle dinamiche occupazionali della forza lavoro in Italia. Tra il 2018 e il 2022, infatti, il numero di occupati è cresciuto dello 0,6% ma è stato assorbito quasi esclusivamente dal lavoro dipendente, che aumenta di oltre 765 mila unità, a scapito di quello indipendente che nello stesso periodo perde 291 mila posti di lavoro. Nonostante l’aumento del numero di laureati, infatti, si registra una scarsa propensione verso la libera professione soprattutto tra le attività giuridiche, gli architetti, gli agronomi e i veterinari. All’appello mancano 2.151 laureati, che hanno preferito un lavoro dipendente. La flessione degli iscritti colpisce quasi tutte le categorie professionali e risulta più marcata nel Mezzogiorno, che sconta una massiccia ondata migratoria verso le regioni del Centro e del Nord.

L’intervento della politica

“Il settore è alle prese con una difficile transizione dettata dalla forza dirompente delle tecnologie digitali, che impongono notevoli investimenti per ridisegnare i modelli organizzativi all’interno degli studi professionali – commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. – In questo scenario, la contrazione del numero di iscritti agli albi professionali diventa ancor più preoccupante alla luce della scarsa propensione dei giovani neo laureati verso la libera professione.  L’insieme di questi fattori ci spinge a sottolineare l’esigenza di un intervento della politica per rendere più attrattivo e competitivo il nostro settore. E i segnali che arrivano in questa direzione dalle forze di governo e dalle opposizioni ci lasciano ben sperare».

I redditi dei professionisti

Nel 2022 il reddito medio annuo dei professionisti iscritti alle casse di previdenza private è salito a quota 38.752 euro, in aumento rispetto ai 33.269 euro del 2021 e con un balzo del 14,2% rispetto al periodo pre-crisi pandemica. A beneficiare della crescita dei profitti sono soprattutto le professioni tecniche, grazie anche alla spinta del Superbonus. In cima alla classifica si collocano i geometri con un incremento del 37,7% sul 2010, seguiti a ruota dai geologi (+29,8%), architetti (+28,4%) e ingegneri (+25,9%). In base ai dati delle casse private, le professioni più redditizie sono quelle degli attuari (con un reddito medio di 96.306 euro) e dei commercialisti (74.330 euro); in calo, invece, i consulenti del lavoro (49.202 euro). In fondo alla classifica si collocano agrotecnici, giornalisti e psicologi. In questo scenario, tuttavia, si allarga ulteriormente la forbice reddituale tra uomini e donne (che comunque sono in costante crescita tra i professionisti).  soprattutto nelle professioni giuridiche, dove le donne guadagnano oggi meno della metà degli uomini. Ma il problema coinvolge trasversalmente diverse categorie professionali. Tra i commercialisti, per esempio, il divario reddituale tra maschi e femmine sfiora i 40 mila euro, mentre tra gli ingegneri le donne guadagnano 22 mila euro in meno rispetto ai colleghi maschi.

 

 

 

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