La metà non vuole più un orario di lavoro, le richieste alle aziende
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Lavoro Gio 28 luglio 2022

Un lavoratore su 2 non vuole più un orario fisso, dopo il Covid vince la flessibilità

In Italia il 51% dei lavoratori vuole maggiore autonomia nella scelta dell'orario di lavoro, di inizio e fine della giornata. Un lavoratore su 2 non vuole più un orario fisso, dopo il Covid vince la flessibilità
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

Le richieste sull’orario di lavoro

I lavoratori chiedono ai loro datori di lavoro di passare dalla fase di emergenza pandemica a una nuova era nei rapporti di lavoro, dando priorità alla flessibilità e a fattori quali la fiducia, il purpose aziendale e il benessere. È quanto emerge da una nuova ricerca di ManpowerGroup, multinazionale leader nelle innovative workforce solutions, e Thrive, azienda fondata da Arianna Huffington e leader nelle soluzioni tecnologiche per il cambiamento dei comportamenti.

La ricerca What Workers Want: dalla Ricerca alla Realizzazione sul Lavoro, parte della serie di studi “What Workers Want” di ManpowerGroup, si basa su un’indagine condotta su oltre 5.000 lavoratori in cinque Paesi di cui più di un migliaio in Italia e rivela che la quasi totalità dei lavoratori italiani (96%) considera la flessibilità importante. Tuttavia, la natura di tale flessibilità varia. In questo momento la richiesta delle persone è di una flessibilità ritagliata sulle loro esigenze, con il 51% che vuole scegliere l’orario di inizio e fine lavoro e il 17% che sarebbe disposto a rinunciare a un giorno di stipendio per lavorare quattro giorni alla settimana, pur di raggiungere un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro. I risultati indicano anche che il ruolo dei leader sta cambiando, poiché la fiducia e i valori condivisi sono sempre più importanti e i lavoratori sono disposti ad andarsene se non si sentono adeguatamente supportati.

“In questi anni sono cambiate profondamente le esigenze e le richieste delle persone nel mondo del lavoro. La pandemia ha accelerato i cambiamenti contribuendo a mettere al centro il benessere delle persone, in Italia come nel resto del mondo – ha dichiarato Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia -. A ciò si aggiunge un fattore chiave nel mercato del lavoro odierno, ovvero la scarsità dei talenti: nel nostro Paese i datori di lavoro prevedono assunzioni in crescita del +23% per il terzo trimestre di quest’anno, ma a tale dato si contrappone una sempre maggiore difficoltà a trovare i talenti necessari, come riportano quasi tre aziende su quattro. In questo contesto, l’attenzione verso le necessità e i bisogni delle persone, fuori e dentro il luogo di lavoro, da parte dei leader d’azienda, assume una rilevanza fondamentale per trattenere i migliori talenti, attirarne di nuovi e crescere con essi”.

Secondo l’indagine, la fiducia è un fattore chiave per una forza lavoro sana e felice. La fiducia nei colleghi è giudicata importante dall’82% dei lavoratori italiani, seconda solo all’equità della retribuzione (88%) e alla sicurezza delle condizioni di lavoro (87%), mentre la fiducia nei leader è stata giudicata un requisito necessario da più di due terzi degli intervistati (69%). Inoltre, le persone vogliono lavorare per aziende con cui condividono valori e convinzioni (69%), e il 73% cerca un significato personale nel proprio lavoro quotidiano.

La pandemia ha posto la salute mentale in cima all’agenda pubblica e aziendale e i lavoratori vedono ora il benessere come una responsabilità condivisa con i datori di lavoro. I livelli di stress in Italia sono diminuiti rispetto al picco della pandemia (dal 42% al 36%), ma sono ancora superiori a quelli precedenti al marzo 2020 (29%). Sempre più spesso i datori di lavoro saranno chiamati ad affrontare il burnout, a contribuire a costruire la resilienza e a supportare azioni per il miglioramento del benessere delle persone.

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