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ApprofondimentiRisparmio Mar 13 giugno 2023

Eurovita, fondi propri e Solvency sovrastimati per anni prima del rialzo dei tassi

Il rapporto ispettivo dell'Ivass del luglio 2022: determinazione non corretta del requisito patrimoniale. Cimbri (Unipol): soluzione vicina Eurovita, fondi propri e Solvency sovrastimati per anni prima del rialzo dei tassi
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

Eurovita, fondi propri sovrastimati per anni

Eurovita avrebbe sovrastimato i fondi propri e la Solvency comunicata ai regolatori ben prima che il rialzo dei tassi d’interesse causasse la discesa dei requisiti patrimoniali al di sotto dei minimi legali. Nel corso dell’ispezione su Eurovita iniziata fine 2021 e terminata nella prima parte del 2022, l’Ivass ha rilevato “negli ultimi anni, una sovrastima dei fondi propri e una non corretta determinazione del requisito patrimoniale”. Ovvero, un calcolo della Solvency II da parte della compagnia non veritiero. Sono una parte delle conclusioni del rapporto ispettivo dell’Ivass del 7 luglio 2022. Le conclusioni sono riportate nel decreto ministeriale che ha deciso l’amministrazione straordinaria della compagnia, visionato da Verità&Affari.

Il piano bocciato dall’Ivass

A novembre 2022 poi Eurovita holding ha presentato un piano di risanamento, bocciato dall’Ivass. Secondo l’autorità, il piano “è risultato privo di concreti elementi e di basi realistiche necessarie a ristabilire nel continuo il livello di fondi propri ammissibili ovvero a ridurre il profilo di rischio”. Nel frattempo però, tra dicembre e gennaio, i rialzi dei tassi hanno portato la Solvency II della compagnia al di sotto del minimo richiesto (100%). Infine il 26 gennaio scorso Cinven, il fondo d’investimento che controlla la compagnia, ha ribadito la sua indisponibilità a rafforzare il capitale. Lasciando il commissariamento e il conseguente blocco dei riscatti come unica opzione.

Cimbri (Unipol): vicenda incanalata positivamente

Prosegue intanto il lavoro di banche e assicurazioni per il salvataggio dei 353 mila clienti di Eurovita. La vicenda “mi sembra favorevolmente incanalata nelle ultime ore”. Così Carlo Cimbri, numero uno del gruppo Unipol coinvolto nell’operazione per risolvere il problema della compagnia per la quale si profila uno spezzatino. Con il coinvolgimento delle cinque grandi compagnie assicurative italiane e la garanzia delle banche collocatrici.

Secondo Cimbri, “non c’è assolutamente alcun rischio sistemico per il settore finanziario connesso a Eurovita” afferma Cimbri collegato da New York con il congresso della Fabi. Si tratta di una compagnia piccola, aggiunge, alla quale “400 mila persone hanno incautamente affidato i propri risparmi”. Il ruolo delle banche che hanno proposto alla loro clientela di investire nella raccolta di Eurovita, spiega Cimbri, è quello di disincentivare i riscatti. Una volta che la soluzione di sistema con lo spezzatino sarà realizzata e quindi non ci saranno più rischi per il risparmio investito in Eurovita. 

Il nodo dei prestiti alle piccole banche

Nella vicenda Eurovita, aggiunge Cimbri, “il tema sono i 9 miliardi di riserve che hanno la garanzia del capitale o un rendimento minimo e qui è necessario, vista la situazione di Eurovita che ha un portafoglio titoli che è oggi minusvalente per l’aumento repentino dei tassi,  che le banche che hanno distribuito questi prodotti facciano la loro parte“.

Cimbri aggiunge che se le banche non fossero coinvolte “con opportune forme di finanziamento” a fronte dei riscatti sarebbero loro stesse “che porterebbero i loro clienti a riscattare le polizze. Cimbri aggiunge che oltre un terzo di questo portafoglio “è rappresentato da investitori oltre 500mila euro, quindi con significative dotazioni di risparmio e con una certa competenza finanziaria” e questo rischio quindi deve andare in capo alle banche collocatrici.

Sul tavolo del negoziato, spiegano le fonti interpellate, resta però un tema regolatorio legato agli anticipi di liquidità che la banche maggiori dovrebbero fare alle banche più piccole per “coprire” i riscatti dei propri clienti. La richiesta degli istituti è che questi prestiti non impattino – o impattino in misura minima – sui propri accantonamenti. Le banche devono presentare una proposta su questo punto al regolatore, al quale spetterà poi approvarla o bocciarla.

 

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