Commodities, la crisi geopolitica gonfia le quotazioni del petrolio
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Energia/Apertura
AperturaEnergia Mar 16 aprile 2024

Commodities, la crisi geopolitica gonfia le quotazioni del petrolio

Per quest'anno gli esperti si attendono una crescita della domanda di petrolio fino a 2,2 milioni di barili Commodities, la crisi geopolitica gonfia le quotazioni del petrolio
Fiorina Capozzi
di 
Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Petrolio ai massimi degli ultimi cinque mesi e mezzo. E, sebbene ci siano state delle prese di beneficio, la prospettiva non è certo quella di una flessione consistente. “Siamo agli albori di una nuova crisi nel comparto delle materie prime” spiega Gianclaudio Torlizzi, fondatore della prima società di consulenza indipendente sulle materie prime, T-Commodity, nonchè consulente dei ministeri  della Difesa e delle Imprese e del Made in Italy per l’analisi dei flussi delle commodities.

Dal suo punto di vista, il peggio della icenda sta poi nel fatto che l’Unione non sta facendo nulla per correre ai ripari. Anzi, insiste su un green deal che finirà col creare ulteriori pressioni sui prezzi delle materie prime. 

Quotazioni alle stelle 

A far schizzare i prezzi del greggio è stato il rischio geopolitico, a seguito dell’attacco con droni dell’Iran a Israele. Le quotazioni sono salite ai massimi di 92 dollari al barile, per poi ritacciare sui segnali diplomatici finalizzati ad abbassare i toni fra le parti in causa.

Il future sul Brent del Mare del Nord, per consegna giugno, ha raggiunto un massimo di 92,12 dollari al barile nel corso del weekend, per poi ritracciare a 89,80 dollari. Allo stesso modo, il contratto di maggio sul Light Crude americano (qualità WTI) ha raggiunto un picco di 87,54 dollari al barile, per poi ripiegare sugli 84,97 dollari.

La crisi in Medio Oriente domina la scena

La situazione è molto tesa e rischia di precipitare. Se infatti anche l’Iran dovesse avere problemi produttivi, le quotazioni ne risentirebbero notevolmente. I rialzi registrati finora scontato gli attacchi Houthi alle petroliere nel Mar Rosso e i danneggiamenti alle infrastrutture petrolifere russe. A questo si aggiunde il fatto che l’Opec Plus ha deciso di proseguire il piano di tagli all’offerta avviato un anno fa.

In compenso, in caso di shock dell’offerta, gli Stati Uniti possono contare sulle loro riserve strategiche. E anche l’Opec ha almeno 5 milioni di capacità residua non utilizzata, in gran parte in capo a Riyad.

L’Iran ha un ruolo strategico

Il Paese è il terzo maggior produttore dell’Opec. Su una produzione complessiva di 26,6 milioni di barili al giorno a marzo 2024, l’Iran ha contribuito per quasi 3,2 milioni di barili, dopo l’Iraq (4,2 milioni di barili al giorno) e l’Arabia Saudita (9 milioni).

Teheran ha voluto e promosso una politica restrittiva dell’offerta per evitare eccessive oscillazioni sul fronte del prezzo. La strategia è stata condivisa all’interno del cartello Opec Plus di cui fa parte anche la Russia.

Domanda di greggio attesa in aumento

A dispetto di quanto dicono i sostenitori del green deal, la domanda di idrocarburi è tutt’altro che in calo. Per quest’anno gli esperti si attendono una crescita della domanda fino a 2,2 milioni di barili, in risposta alla ripresa dell’economia, indicata al 2,8-2,9%.

Ad alimentare la domanda la crescita degli Stati Uniti che rischia però di essere condizionata dalla Fed che ha intenzione di rimandare il taglio dei tassi. Meno incisivo il ruolo dell‘Europa che però potrebbe ripartire nel secondo semestre con una politica più accomodante sul fromte dei tassi nel mese di giugno. Quanto alla Cina, la grande economia asiatica sembra ormai attestata sulla strada della ripresa economica.

Le previsioni degli esperti

“Se i prezzi dovessero aumentare in modo significativo sulla scia delle perdite di offerta, si potrebbe immaginare che il gruppo dei produttori cerchi di utilizzare parte della capacità inutilizzata sul mercato. L’Opec non vorrà vedere i prezzi salire troppo dato il rischio di shock della domanda “, sottolinea ING, che conferma una previsione di prezzo del Brent a 87 dollari.

Per Saxo è probabile che il coinvolgimento dell’Iran “spinga ancora al rialzo i prezzi del greggio”, ma il recente rally potrebbe sgonfiarsi “se verrà evitata un’ulteriore escalation”.

Infine, gli analisti di Citi, i prezzi attuali fra 85 e 90 dollari sono il risultato delle tensioni prolungate in Medioriente, che una de-escalation potrebbe riportare sui 70 dollari, mentre in caso di aumento delle tensioni, le quotazioni potrebbero schizzare fino a 100 dollari al barile.

(Teleborsa) 

Condividi articolo