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AperturaGoverno Ven 13 gennaio 2023

Pnrr, le imprese di costruzioni ancora attendono i 600 milioni di ristori anti-rincari promessi da Draghi

Le aziende edili attendono 607 milioni promessi da Draghi per i rincari dei materiali per il Pnrr. Ritardi nei pagamenti da 6 a 12 mesi. Pnrr, le imprese di costruzioni ancora attendono i 600 milioni di ristori anti-rincari promessi da Draghi Mario Draghi
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Pnrr, per i rincari dei materiali le aziende edili attendono 607 milioni promessi da Draghi

“Strumenti eccezionali per fronteggiare i rincari dei pezzi dei materiali” per le imprese di costruzioni. Così l’allora premier Mario Draghi aveva presentato il pacchetto di aiuti da 3 miliardi per far avanzare il Pnrr sbloccando i pagamenti delle stazioni appaltanti pubbliche a favore delle aziende. E invece di straordinario c’era solo l’annuncio visto che ancora oggi i soldi non sono arrivati.

Da sei mesi le aziende del settore edile hanno chiesto 607 milioni di ristori al ministero delle Infrastrutture per i maggiori costi sostenuti. Non solo: fino a metà dicembre erano stati pagati appena 14 milioni di euro, pari al 2% del totale, alle stazioni appaltanti che poi dovranno trasferirli alle imprese.

Promesse mancate che mettono a rischio le opere del Pnrr per i rincari

Per l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) non c’è più tempo da perdere perché le imprese su quei soldi ci contano. E, del resto non potrebbe essere altrimenti viste le difficili condizioni economiche. A cui si aggiungono la crisi di liquidità creata con il blocco dei crediti fiscali da bonus edili e le promesse dal governo Draghi.

“Per molte settimane abbiamo sentito le preoccupazioni degli operatori del settore delle costruzioni di fronte ai forti aumenti dei prezzi delle materie prime e talvolta all’indisponibilità dei materiali. E questo, lo sapevamo bene, metteva a rischio la partenza delle opere ma anche il completamento di opere iniziate negli anni scorsi”, aveva spiegato a maggio dello scorso anno il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini.

“Per questo il governo Draghi interviene in modo molto forte, oltre al mezzo miliardo che già era stato allocato per queste tematiche in precedenti provvedimenti – aveva chiarito Giovannini –. Solo per il 2022 sono 3 miliardi per consentire alle stazioni appaltanti di fronteggiare l’aumento dei costi, riconoscendo alle imprese, per gli stati di avanzamento lavori del 2022, i prezzi della fine 2021 più un 20% che verrà poi calcolato a consuntivo rivedendo i prezzari regionali”.

Secondo l’allora ministro lo schema sarebbe stato il seguente: “questo aumento verrà coperto per il 90% dalle stazioni appaltanti. Questo dà sicurezza sulla continuazione dei lavori”.  Al momento, il libro dei sogni. Anche perché, secondo l’Ance, “analoga situazione di stallo si registra anche sulle compensazioni per il caro materiali per il secondo semestre 2021. In questo caso le imprese aspettano da più di dodici mesi”. Con un rischio stallo sulle opere del Pnrr, che già scontano altre problematiche come la lentezza nella soluzioni in eventuali contenziosi.

La pubblica amministrazione italiana in eterno ritardo sui pagamenti

La lentezza nel saldare i conti non c’è solo nel settore edile come testimonia il fatto che ad oggi, secondo i dati 2021 della Ragioneria, c’è uno stock da 55 miliardi di euro di fatture da pagare. Non proprio noccioline soprattutto in un momento economico così delicato.

Eppure, secondo quanto prevede la legge, tutte le pubbliche amministrazioni devono pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento. Fanno eccezione solo gli enti del servizio sanitario nazionale, per i quali il termine massimo di pagamento è di 60 giorni. E, invece, pur avendo migliorato le sue performance negli ultimi anni, la pa italiana salda i fornitori a 40 giorni con un ritardo medio di 7 giorni.

Le differenze tra i diversi rami dello Stato

Ma ci sono forti differenze all’interno dei diversi rami dello Stato. Fra i ministeri c’è chi paga i propri fornitori con due mesi di ritardo come il Viminale e chi con un mese come nel caso della Difesa. Forti differenze ci sono poi anche a livello geografico fra gli enti locali: in Abruzzo le fatture della Regione sono pagate con un ritardo di 62 giorni, in Basilicata di 39. 

Numeri che raccontano una situazione che danneggia le imprese fornitrici dello Stato e l’economia del Paese. Così l’Italia si è beccata anche una batosta da Bruxelles che è passata alla fase due della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi nei pagamenti, rischiando pesanti sanzioni economiche.

E pensare che Renzi promise di risolvere la questione debiti commerciali pubblici nel 2014

“Facciamo un contratto serio. Se il 21 settembre, giorno di San Matteo, noi abbiamo sbloccato i pagamenti dei debiti Pubblica amministrazione, lei va a Monte Senario a piedi da Firenze. Fate un applauso così ufficializziamo la cosa”. Correva l’anno 2014 e, in diretta dal divano della trasmissione tv Porta a Porta, c’era l’allora premier, Matteo Renzi. L’ex presidente del Consiglio lanciava così la sfida sul pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione.

Era un impegno formale in risposta alla provocazione di Bruno Vespa: “Se riuscite a pagare i debiti vado in pellegrinaggio”. A Vespa è andata bene: niente pellegrinaggio. Alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione un po’ meno visto che non solo lo stock di crediti della pubblica amministrazione non è stato pagato. Ma, secondo la Cgia di Mestre, è anche in aumento. Non certo un bel biglietto da visita con le opere del Pnrr da realizzare. 

 

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