Sovranità finanziaria, con Kairos riparte il risiko che piace a Roma
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Governo/Apertura
AperturaGoverno Gio 13 luglio 2023

Sovranità finanziaria, con Kairos riparte il risiko italiano che piace al governo

Il governo segue il consolidamento del risparmio gestito che è un grande investitore in titoli di Stato. Focus Kairos, ma anche Generali Sovranità finanziaria, con Kairos riparte il risiko italiano che piace al governo Titoli di Stato
Fiorina Capozzi
di 
Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La vendita di Kairos riapre le danze sul risparmio gestito

I tempi sono molto stretti. Julius Baer, colosso svizzero del risparmio gestito, ha messo in vendita Kairos. E, secondo quanto riferisce Il Sole24Ore, l’operazione potrebbe eessere conclusa già entro agosto. In corsa diversi pretendenti. Fra questi Banca Sella che, in caso di vittoria, vedrebbe salire gli asset in gestione da 19,4 a 24 miliardi. Ma l’istituto di credito di Biella non è l’unico gruppo italiano in corsa per le attività di Kairos. In lizza c’è anche Anima, società con 200 miliardi in gestione controllata da Banco BPM (21,7%), Poste Italiane (11,6%) e Fsi (9,5%).  E cioè uno dei più rilevanti player nazionali di un settore particolarmente importante per il Paese e per il governo. Soprattutto nel momento in cui i soldi del Pnrr tardano ad arrivare e il Tesoro sta collocanado nuovi titoli del debito pubblico per far fronte alle esigenze finanziarie dello Stato. 

La partita è appena iniziata

Peraltro, oltre ad Anima, è interessata a Kairos anche l’elvetica Zurich. Non ci vorrà molto tempo per capire chi la spunterà. Di certo l’esecutivo di Giorgia Meloni fa il tifo per le aziende nazionali del risparmio gestito che più facilmente investono in titoli del debito pubblico italiano. Esattamente come fecero da premier Matteo Renzi pima, Paolo Gentiloni poi quando a fine 2016 Unicredit mise in venita la società di gestione Pioneer su cui Anima aveva messo gli occhi. All’epoca l’operazione non andò come auspicava il governo e Pioneer finì nelle mani dei francesi di Amundi con un’operazione che a Roma lasciò a molti l’amaro in bocca.

Nei palazzi della politica romana non sono infatti in pochi a temere che l’Italia abbia bisogno di un sistema finanziario più concentrato che, oltre a contare su grandi banche come IntesaSanpaolo o compagnie del calibro delle Generali, possa anche giocare un ruolo di primo piano nella gestione del risparmio degli italiani. Con due obiettivi. Da un lato, quello di preservare la grande ricchezza del nostro Paese che, a fine 2022, secondo l’analisi Istat Bankitalia registrava un patrimonio netto delle famiglie pari a 10.422 miliardi, cioè 176 mila euro pro capite. Dall’altro finanziare il fabbisogno dello Stato via titoli del debito pubblico e sostenere contemporaeamente il rilancio del Paese attraverso investimenti nell’economia reale. 

Oggi Kairos la preda è  ambita sul mercato. Ma non è l’unica

Con oltre 5 miliardi di patrimonio in gestione, Kairos, gruppo guidato da Alberto Castelli, è un target molto ambito. Anche a dispetto del fatto che ha archiviato lo scorso anno con una perdita da quasi 9 milioni di euro, legata sostenzialmente alla flessione delle commissioni di performance. Julius Baer aveva già valutato la sua cessione nel 2019. All’epoca si fece avanti anche Mediobanca, ma poi non se ne fece più nulla. Ora l’operazione torna d’attualità in un contesto in cui per gli Stati è ancora più rilevante rispetto al passato avere dei grandi player nazionali nel settore del risparmio gestito. In Italia come all’estero. 

L’operazione Kairos non è infatti l’unico dossier sul tavolo delle banche d’affari. Di recente sono infatti ripartite anche le grandi manovre sulle Assocurazioni generali e su Mediobanca, che è il primo azionista della compagnia triestina. A maggio il  costruttore editore Francesco Gaetano Caltagirone ha raddoppiato la sua quota nel capitale di Piazzetta Cuccia sfiorando ormai il 10%. All’inizio di luglio, è toccato poi a Generali: Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, è stata autorizzata ad arrivare fino al 20% del capitale della compagnia. Così l‘azionariato della compagnia assicurativa è in equilibrio instabile. Con Delfin che gioca un ruolo da protagonista anche in Mediobanca  di cui è il primo socio con il 19,8%.

Lo scorso anno Leonardo Del Vecchio, assieme a Francesco Gaetano Caltagirone e alla Fondazione Crt, aveva provato a nominare una lista alternativa nel consiglio di amministrazione della compagnia. Ma l’operazione, finalizzata ad avere un maggior controllo sull’azienda, fu un buco nell’acqua. Ancor prima, nel 2016, fu Banca Intesa a tentare il colpo sulle Generali. L’obiettivo dell’istituto guidato da Carlo Messina era trovare una combinazione azionaria che potenziasse al tempo stesso la banca e la compagnia assicurativa. L’idea piaceva anche a Roma, ma non a Parigi che finora ha avuto un forte ascendente sul Leone di Trieste, società rilevante per gli ingenti investimenti in titoli di Stato sia francesi che italiani. 

Intanto il governo ha collocato una nuova tranche di titoli di Stato per un totale di 10 miliardi

Per far fronte alle necessità finanziarie del Paese, via XX settembre ha provveduto a nuove emissioni di titoli pubblici per un totale di 10 miliardi. Nell’asta i tassi sono risultati in salita. Con un costo maggiore per le casse pubbliche. In particolare,  i Btp triennali 15/9/2026, offerti in prima tranche, sono stati assegnati ad un rendimento lordo del 3,71% in rialzo di 25 punti base rispetto all’asta precedente per un totale di 4,5 miliardi. Il BTp settennale 15/06/2030 è stato venduto con un rendimento lordo del 3,9% in rialzo di 14 punti base per un controvalore da 3 miliardi. Per il  BTp a 15 anni, emesso nel 2022, con scadenza 1/03/2038, il rendimento è stato pari al 4,37% per un importo da 1,25 miliardi. Infine, il trentennale emesso nel 2018 con scadenza 1/09/2049 è stato assegnato ad un rendimento lordo del 4,45% per un importo di 1,25 miliardi. Ad investire nel debito pubblico italiano, piccoli investitori e soprattutto istituzionali. E cioè società di gestione e compagnie assicurative proprio come Kairos e Generali. 

 

Condividi articolo