Stellantis come Fiat: pochi nuovi modelli e decenni a battere cassa
Con le dichiarazioni di Taveres continuano le richieste di sostegno della casa automobilistica allo stato italiano.“Il 40% degli incentivi è andato a Stellantis, come è giusto che fosse, ma la metà di questi sono finiti a modelli prodotti all’estero e importati in Italia. Non può continuare così”. La dura presa di posizione del ministro per le Imprese ed il made in Italy, Adolfo Urso, in risposta alla minaccia dell’amministratore delegato di Stellantis, Tavares (“nuovi incentivi o gli stabilimenti italiani sono a rischio”) evidenzia una situazione che è esplosa da qualche mese a questa parte ma ha radici lontane. Ovvero la sempre più scarsa competitività, sia sul fronte prezzi che sulla qualità delle vetture del gruppo ex Fiat, l‘assenza di nuovi modelli, una politica del “tutto elettrico” che rischia di dare il colpo di grazia agli impianti italiani e soprattutto le recenti strategie di una Casa ormai a guida francese e che dunque privilegia la nazione transalpina per quanto riguarda occupazione ed investimenti.
I tempi in cui i tedeschi sognavano un’Alfa o una Lancia
Sembrano di un’altra epoca le immagini dei turisti tedeschi, possessori di Bmw “scatoletta” colti a guardare con ammirazione le Alfa Romeo Giulietta e Giulia, le Lancia o le Fiat ammiraglie. O quando la Volkswagen lanciava la Golf sulle linee innovative della Fiat 127. Da allora, complici anche governi che tutelavano la non-concorrenza a favore di Torino ed una informazione prona sui diktat degli Agnelli, la Casa automobilistica italiana ha perso continuamente colpi. Sino alla inversione di marcia di Marchionne, finita troppo presto con la morte del manager.
Pioggia di aiuti di Stato
Negli anni, se i nuovi modelli poco appetibili e di scarsa qualità andavano sempre meno (vedi su tutte la Alfa Arna), ci pensava però lo Stato a metterci una pezza. Finanziando la cassa integrazione per migliaia di operai e sostenendo Fiat nella costruzione di nuovi impianti che però andavano subito in crisi. Negli ultimi anni, a salvare l’azienda, oltre agli accordi americani, ci avevano pensato gli unici modelli azzeccati (guarda caso sviluppati nell’era Marchionne) ovvero la nuova 500 e la Panda. Ma ora servono novità, che non arrivano.
Tavares promette, ma intanto dismette
L’accordo tra il gruppo Fiat-Chrysler e Psa con la nascita di Stellantis (al 50%) sembrava poter fare massa critica e riportare l’Italia al centro delle strategie della ex Fiat. In realtà da subito si era capito che il gruppo è a guida francese e che l’investimento su nuovi modelli riguardava sempre più i marchi transalpini, Peugeot e Citroen in testa. Di più. Nell’ultimo anno è stato deciso che la produzione dei modelli di punta targati Fiat, dall’Italia vengono spostati in Serbia e Polonia. Stesso destino per la Lancia, la cui nuova Ypsilon (su cui lo storico marchio punta tutto) sarà prodotta in Spagna.
I dati che certificano il disinteresse per la produzione in Italia
Stellantis ha chiuso il mese di gennaio 2024 con immatricolazioni di auto in Italia in aumento di circa il 13%, con una quota di mercato vicina al 35%. Le performance a livello di singoli marchi sono state però diverse tra loro. Fiat appare in calo dell’11,05%. Se la performance dei marchi di Torino non è esaltante, Tavares si consola con i più che buoni risultati di Peugeot (+58,72%), e Citroen (+39,91%). Molto bene anche Opel ( +52,56%). Si difendono in attesa di tempi migliori Lancia (+9,3%), Alfa Romeo (+8,39%). Il motivo del tracollo Fiat? La mancanza di nuovi modelli.
Dove porta la strategia del “tutto elettrico”
“La strategia di Stellantis in Italia deve cambiare. L’ho detto con chiarezza”, ha spiegato Urso a margine del Tavolo Automotive che dovrebbe porre le base per la rinascita dell’industria automobilistica italiana. Urso, per quanto riguarda gli incentivi, è stretto dalle regole europee, che non permettono di indirizzare i bonus hai soli modelli prodotti nel nostro Paese e dunque favorire occupazione e sviluppo dei nostri stabilimenti. E dunque? Servono, appunto, nuovi modelli, appetibili sul mercato e prodotti in Italia. “Ove vedessimo che sul fronte incentivi non ci fosse una inversione di tendenza, che riduca il delta tra produzione e immatricolazione in Italia – ha concluso Urso – dal prossimo anno tutte le risorse del Fondo automotive andranno non più a incentivare i consumi ma la produzione. Quindi a chi produce o chi intende produrre di più nel nostro Paese. Per esempio una seconda casa automobilistica”. Una strada giusta anche perché, ha fatto intendere l’esecutivo, dopo decenni di regali al gruppo Fiat non possiamo permetterci altre prebende ad un gruppo che per giunta investe all’estero.