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AperturaMercati Dom 11 giugno 2023

Vivendi cassa le offerte per la rete Tim. Comitato di domenica per decidere sul nuovo consigliere

No alle offerte di Kkr e Cdp. Sul piatto il lavoro dell’head hunter che dovrebbe proporre due nomi alternativi a Carta. Si decide il 14   Vivendi cassa le offerte per la rete Tim. Comitato di domenica per decidere sul nuovo consigliere ARNAUD DE PUYFONTAINE
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Comitato nomine e remunerazione

Domenica campale in casa Tim con una riunione del comitato nomine e remunerazione che ha sul piatto il lavoro dall’head hunter per individuare una rosa di nomi all’interno della quale scegliere il sostituto del dimissionario ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine. In pole position c’è l’ex presidente di Leonardo, Luciano Carta, profilo di alto livello istituzionale proposto proprio dal primo azionista francese, ma molto probabilmente alla candidatura di Carta verranno affiancate altre due figure alternative.

Il vertice domenicale e il fatto che a quanto risulta a Verità&Affari alla riunione fossero presenti solo i membri del comitato nomine presieduto da Paola Bonomo (sembra si sia preferito evitare la partecipazione del segretario) fa capire la rilevanza che sta assumendo la scelta del 15esimo consigliere dell’incumbent. Mercoledì 14 giugno è infatti prevista la cooptazione che diventerà fondamentale anche per i prossimi appuntamenti sul dossier rete. Il 19 è previsto un primo consiglio di amministrazione per valutare le nuove offerte arrivate dal fondo americano Kkr e dalla cordata formata da Cdp e Macquarie e il 22 un secondo round che dovrà prendere una decisione. Al momento sembra esserci grande equilibrio tra le posizioni dei vari membri del cda e quindi la scelta del sostituto di de Puyfontaine potrebbe rivelarsi decisiva.

Il cda scade a fine 2023

A questo proposito va anche ricordato che una candidatura di Assogestioni (l’associazione che rappresenta buona parte dei fondi in Tim) è già stata bocciata (Paola Bruno) e che Cassa depositi e prestiti, il secondo azionista di Tim con poco meno del 10%, non dovrebbe presentare propri nomi perché è in conflitto di interessi essendo azionista di maggioranza di un competitor come Open Fiber. Il consiglio di amministrazione di Tim scade a fine anno e sarà interessante capire la caratura delle nuove figure che andranno a contrapporsi all’ex presidente dell’Aise, Luciano Carta.

Il no dei francesi

Torniamo alle offerte. Non tutti i dettagli dei rilanci sono noti, ma Vivendi, che aveva fissato l’asticella del valore della rete a quota 31 miliardi, ha già fatto sapere di non ritenerli congrue. Fonti vicine al colosso transalpino dei media, basandosi sulle indiscrezioni di stampa, hanno fatto sapere di “considerare finalmente chiusa la stagione delle offerte. I rilanci – viene spiegato – appaiono inconsistenti, e il consiglio di amministrazione ha già bocciato offerte sostanzialmente uguali a queste ultime. Ci si aspetta quindi che questa linea venga confermata anche nel prossimo board chiamato a decidere sulla questione. La retorica per cui Tim debba vendere la rete per sopravvivere va smentita fortemente perché esistono altri piani che raggiungono lo stesso obiettivo con meno sforzo economico”. Non solo. Perché le stesse fonti evidenziano che “a prescindere dalle cifre, qualsiasi scelta che non tenga conto della sostenibilità della futura Tim è da considerarsi un colpevole fallimento a detrimento dell’azienda, dei suoi dipendenti e dei suoi azionisti. E’ necessario aprire un nuovo capitolo con una visione strategica industriale e non puramente finanziaria. Per fare ciò occorre un cambio di passo deciso”.

L’offerta di Kkr

Più che sull’offerta di Cdp e Macquarie, che avrebbero sostanzialmente lasciato invariato la parte economica (19,3 miliardi), puntando sull’avvio di un percorso in comune con Tim per rimuovere gli ostacoli Antitrust derivanti dal fatto che gli stessi due gruppi hanno il 100% (60 e 40%) di Open Fiber (la società che a fatica sta posando la fibra nel Paese), sotto i riflettori è finita la proposta di Kkr. Il fondo Usa infatti avrebbe messo sul piatto 23 miliardi. I due miliardi aggiuntivi rispetto ai 21 dell’ultima giro di proposte (4 maggio) sarebbero, però, legati a vincoli e a determinate condizioni relative alla struttura del deal.  E da quello che trapela a Vivendi interessa capire il cash effettivo che si “nasconde” dietro le due non-binding offer.

 

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