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AperturaAuto Ven 14 aprile 2023

Auto elettrica, Antitrust contro Enel: abuso di posizione dominante sulle colonnine

L'Antitrust ha avviato un'istruttoria nei confronti di Enel: posizione dominante nei mercati dell'installazione e della gestione di colonnine Auto elettrica, Antitrust contro Enel: abuso di posizione dominante sulle colonnine
Redazione Verità&Affari
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L’Antitrust contro Enel: posizione dominante sulle colonnine

Non bastavano le difficoltà a reperire le materie prime, i problemi e i costi per il futuro smaltimento delle batterie, il rischio di vedere erose le quote di mercato delle aziende europee delle auto e tutto il loro indotto. Sul futuro elettrico dell’auto, e in particolare delle colonnine, arriva anche la scure dell’Antitrust. Sembra paradossale considerando che l’Italia è tra i peggiori stati europei per diffusione di punti di ricarica, ma l‘Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria nei confronti delle società del gruppo Enel attive nel settore della mobilità elettrica. 

Per i soggetti che operano come Cpo Charging Point Operator – parliamo di Enel X Way Italia ed Ewiva, joint venture con il gruppo Volkswagen dedicata allo sviluppo delle infrastrutture a più alta potenza -, spiega una nota dell’Antitrust, “sembra potersi configurare una posizione dominante nei mercati della installazione e della gestione di colonnine per la ricarica elettrica sul territorio nazionale”.

Le contestazioni a Enel

A Enel X Way, Enel X Way Italia ed Ewiva, le cui sedi sono già state visitate ieri dal nucleo dedicato della Guardia di Finanza, l’Antitrust contesta un possibile abuso di posizione dominante “consistente in una compressione dei margini degli operatori attivi nella fornitura dei servizi di ricarica elettrica alla clientela finale (i cosiddetti Mobility Service Providers, Msp)”.

Secondo la tesi dell’Autorità, le società controllate da Enel risultano praticare prezzi “all’ingrosso” per l’accesso alle loro colonnine “insufficienti a consentire una redditività minima se comparati con i prezzi al dettaglio praticati ai clienti finali dalla società del gruppo attiva come Msp attraverso la propria app Enel X Way”. La contestazione riguarda sia i prezzi al consumo praticati al dettaglio sia, se non di più, con riferimento ai cosiddetti “pacchetti” o “offerte flat” che consentono di prelevare un certo numero di kWh mensili a una cifra complessiva predeterminata.

“Tale condotta – sottolinea l’Autorità – appare idonea ad escludere dal mercato gli operatori Msp attualmente attivi e a limitare l’eventuale ingresso di altri operatori non integrati che potrebbero essere interessati a questo mercato in via di sviluppo, anche per la possibile offerta di nuovi servizi a sostegno della mobilità elettrica di carattere innovativo”. 

La risposta di Enel

Enel non ha fatto attendere la risposta. In una nota Enel X Way ed Enel X Way Italia “precisano di aver sempre agito nel pieno rispetto delle regole. Il procedimento riguarda l’asserita compressione dei margini degli operatori concorrenti nel mercato dei servizi di ricarica di autovetture elettriche tramite colonnine posizionate in luoghi aperti al pubblico. Al riguardo, le società precisano di avere sostenuto lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia, garantendo costi sostenibili per gli operatori e prezzi competitivi nell’interesse dei clienti finali compatibilmente con un difficile contesto di mercato determinato da una forte volatilità dei prezzi dell’energia nel corso del 2022”.

“Tale dinamica di mercato ha condizionato infatti le politiche di prezzo di tutti gli operatori e sostanzialmente eroso i margini di tutti i soggetti operanti sul mercato – aggiunge la nota -, ivi compreso Enel X Way,  e non solo di quelli che hanno segnalato un presunto abuso di posizione all’Autorità”.

L’Italia è indietro sulle colonnine

Si tratta dell’ennesimo problema che riguarda la transizione alle auto elettriche e che, forse, dovrebbe consigliare alle autorità europee di rallentare sul percorso di transizione green imposto a velocità folli da Bruxelles. A farne le spese rischiano di essere i consumatori finali, su cui andranno a scaricarsi tutti i costi di una tecnologia ancora non diffusa in modo così capillare da permetterne l’utilizzo esclusivo di qui al 2035.

L’Italia, inoltre, è ancora indietro sulle colonnine. Secondo le ultime rilevazioni, nel Belpaese ad oggi ci sono 36.772 punti di ricarica e 19.334 infrastrutture (stazioni o colonnine) in 14.048 punti pubblici. Rispetto allo stesso periodo del 2021 l’incremento è stato di 10.748 punti di ricarica, pari al +41% ed addirittura +245% rispetto a settembre 2019. Il tutto per i 170mila veicoli Bev circolanti. Percentuali che disegnerebbero dunque un Paese convintamente lanciato verso un futuro elettrico, primo per dinamismo nell’Ue.

In realtà l’Italia resta in ritardo rispetto all’ Europa. Non solo per il numero complessivo, ma anche per dislocazione. Le colonnine installate sono quasi tutte nelle regioni del Nord più il Lazio e la stragrande maggioranza di queste è posta nelle grandi città. In sostanza, se ci si sposta sotto Roma fare il pieno diventa un terno al lotto. Il nostro Paese ha meno della metà dei punti di ricarica di Francia e Germania, ma avendo meno auto elettriche in circolazione rispetto a questi due Paesi può paradossalmente vantare un miglior rapporto auto/colonnina: 9,7 (cioè per ogni 9,7 vetture c’è una colonnina) contro 13 della Francia e 22 della Germania. Ma la transizione, se vuole essere imposta a tutti, dovrebbe garantire accesso alla rete in ogni punto del territorio europeo. E non dovrebbe essere riservata a quelli più ricchi.

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