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ApprofondimentiBanche Mar 21 marzo 2023

Le Idi di marzo delle banche: similitudini e differenze tra la crisi 2008 e quella di oggi

Il parallelo tra la crisi delle banche del 2008 e quella di oggi viene naturale. I tratti comuni e le differenze tra le due crisi Le Idi di marzo delle banche: similitudini e differenze tra la crisi 2008 e quella di oggi LEHMAN BROTHERS
Nino Sunseri
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Nino Sunseri

Giornalista economico finanziario da oltre 50 anni, ha cominciato nel 1974 al Giornale di Sicilia. Ha lavorato rivestendo ruoli di caposervizio e inviato per il Corriere della Sera, La Repubblica e Libero.

Banche, le due crisi a confronto

Le Idi di marzo del sistema bancario internazionale. Giorni maledetti. Non solo per quello che sta succedendo in queste ore  ma anche per un precedente tanto illustre quanto angosciante. . Quanto successo a partire dal 17 marzo 2023 ricorda molto da vicino il  17 marzo 2008, Un accostamento da brividi. Una ricorrenza angosciante. Vediamo perché.

La crisi del 2008 e la miopia su Lehman Brothers

A metà marzo di quindici anni fa emergeva l’insolvenza della Bear Stearns, una banca d’investimento poco nota a livello globale. Esattamente come poco note fino a dieci giorni fa erano Svb o First Republic Bank. Il fallimento di Bear Stearns era il primo segnale di sofferenza provocato da mutui subprime. Vale a dire quella trovata velenosa che aveva consentito alle banche di concedere mutui immobiliari a soggetti che ben difficilmente avrebbero onorato il debito. Fatta l’operazione i mutui venivano cartolarizzati e venduti sul mercato. In questo modo la banca si liberava dell’impegno e gli investitori si facevano allettare dagli alti rendimenti. Nel frattempo i prezzi degli immobili salivano mettendo le basi alla consueta bolla immobiliare.  

A farla scoppiare, tanto per cambiare, l’aumento dei tassi decisi dalla Fed a partire dal 2004. La conseguenza fu inevitabile: le insolvenze cominciarono a salire e le banche che avevano investito in queste cartolarizzazioni cominciarono ad avere molti affanni.  Portafogli invendibili perché il rialzo dei tassi aveva fatto scendere i prezzi e debitori che facevano sempre più fatica. Un cocktail mefistofelico che avvelena i conti economici delle banche. I fallimenti si moltiplicano. Northern Rock in Gran Bretagna che viene nazionalizzata. Alliance e Leicester acquistata dal Santander. La Dresdner Bank che si fonde con Commerzbank dando vita al colosso d’argilla. La Fdic, autorità di vigilanza  Usa sulle banche, ha calcolato in quegli anni più di cento default. Tutte le volte tamponati con operazioni di soccorso (Bear e Sterns fu acquistata da Jp Morgan) o  con la nazionalizzazione (come le compagnie assicurative Freddie Mac e Fanny Mae).

Fino alla resa dei conti finale: a settembre 2008 salta Lehman Brothers. L’amministrazione Usa rifiuta il salvagente; un po’ per non aver capito il fatto, un po’ per ragioni politiche (alla Casa bianca c’era il repubblicano George Bush e Lehman era considerata in quota dem) un po’ per dare una lezione al mercato. Da quella decisione sciagurata  derivò la più grande crisi economica e finanziaria dopo la Grande Depressione.

La grande differenza della crisi di oggi

Quindici anno dopo il film non è molto diverso: alla base c’è sempre l’aumento dei tassi d’interesse che la Fed di Ben Bernanke così come quella di Jerome Powell hanno portato al 5%. In Europa il testimone è passato da Jean Claude Trichet a Christine Lagarde. Entrambi francesi. Poi le conseguenze: cominciano a saltare le piccole banche nell’indifferenza generale. Poi tocca ai colossi: quindici anni fa Lehman. Oggi Credit Suisse. Nel frattempo le banche centrali non fermano il rialzo dei tassi.

Unica differenza, non certo trascurabile, è la reazione delle autorità: quindici anni fa venne deciso il primo grande fallimento bancario dai tempi della Grande Depressione. Oggi le banche centrali di tutto il mondo hanno spalleggiato gli svizzeri nel salvataggio di Credit Suisse.  Tutto superato allora? Non ci saranno altre Idi di marzo per le banche mondiali? Qualche dubbio, per la verità esiste. Le misure fin qui adottate sono state dirette a tamponare le falle aperta e non a prevenire l’apertura di nuove.

Ma il rischio è dietro l’angolo

Forse è bene che le autorità prendano atto che l’aspetto emotivo delle persone può portare a scelte irrazionali. Il bisogno di “sicurezza” è una delle esigenze che l’uomo tende a soddisfare. Se a questo poi si aggiunge il “bisogno del riscontro sociale”, che lo porta a ritenere giusto ciò che tutti gli altri fanno, è facile percepire che il rischio di una corsa ai depositi, se non fermato con azioni concrete e preventive a livello globale, potrebbe essere un evento meno imprevedibile di quanto si pensi.

Quando la paura domina, è la parte del cervello che si chiama Amigdala a dominare… E quando dominano le decisioni emotive, la parte razionale, purtroppo, rimane inerte. Prevale la fuga. Dai depositi. Appunto.

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