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BanchePrimo piano Ven 10 novembre 2023

"Mps, bilanci corretti": anche il tribunale civile chiude la partita

Anche per la prima sezione civile della Corte d'appello di Milano non ci sono stati illeciti. Negati risarcimenti per mezzo miliardo "Mps, bilanci corretti": anche il tribunale civile chiude la partita
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

“Mps, bilanci corretti”

Non è successo niente, neppure in sede civile. La prima sezione civile della Corte d’appello di Milano, in un pronunciamento che ha riunito una serie di procedimenti civili sul caso Montepaschi, ha stabilito in sostanza che la questione della contabilizzazione dei contratti Alexandria e Santorini a saldi aperti o chiusi sulla quale si sono arrovellati per anni autorità di controllo, banchieri, avvocati e tribunali è ininfluente. Che di conseguenza gli investitori non sono stati ingannati quando hanno investito in Mps tra il 2014 e il 2016. 

Gli ex vertici

Tra le parti figuravano Mps, Nomura, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni ma anche Alessandro Profumo e Fabrizio Viola che presero il loro posto tra 2012 e 2013 con lo scoppio dello scandalo. Tra i ricorrenti figurava il fondo Alken, che ha investito in Mps fino al 2016 poco meno di mezzo miliardo e reclamava almeno 434 milioni di euro da Mps in solido con Nomura.

La sentenza della Cassazione

Secondo la Corte d’appello, la normativa internazionale non chiarisce la modalità di contabilizzazione di operazioni come Alexandria. E quindi quella di contabilizzare l’operazione a saldi aperti o chiusi era una facoltà lasciata all’organo amministrativo della banca. Nel pronunciamento, del 19 ottobre scorso, la Corte cita anche la sentenza della Cassazione che ha assolto, in sede penale, la banca e gli ex vertici dalle accuse di falso in bilancio e turbativa del mercato.

Nessun risarcimento spetta quindi al fondo Alken. E nulla è dovuto dai manager che sono stati alla guida della banca fino al 2013, né da quello che li hanno seguiti. Un piccolo investitore, anche lui parte del procedimento, dovrà risarcire quanto aveva ricevuto dopo la sentenza primo grado che invece gli aveva dato ragione: circa 50 mila euro.

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