Balneari, il governo italiano chiede più tempo all'Ue
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ApprofondimentiCronaca Mer 17 gennaio 2024

Balneari, il governo italiano chiede più tempo all'Ue

L'Italia chiede ancora tempo a Bruxelles sulla vicenda dei balneari. Scade l'ultimatum della Commissione europea sulla direttiva Bolkestein. Balneari, il governo italiano chiede più tempo all'Ue
Redazione Verità&Affari
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L’Italia chiede ancora tempo a Bruxelles sulla vicenda dei balneari. Oggi, mercoledì 17 gennaio, scade infatti l’ultimatum della Commissione europea sulla direttiva Bolkestein: da domani i tecnici Ue proseguiranno il loro lavoro sulla procedura di infrazione per il mancato adeguamento dell’Italia alla direttiva. Secondo quanto riportato dall’Ansa da Palazzo Chigi sta però ultimando una lettera da inviare a Bruxelles per difendere il lavoro del proprio tavolo tecnico e, consequenzialmente, una richiesta di più tempo per completare il lavoro.

Nel governo si fronteggiano da alcune settimane due differenti visioni del dossier. Quella che prevale al momento è la posizione portata avanti dal vicepremier leghista Matteo Salvini che contesta l’applicazione della Bolkestein al settore.

In ogni caso, la volontà della Commissione europea sembra essere quella di continuare un dialogo costruttivo con le autorità italiane. L’auspicio è quello di trovare una via che metta fine alla disputa e porti l’Italia ad adeguarsi alle norme della libera concorrenza nel mercato unico. Una soluzione contro la quale il settore dei balneari italiani continuano a opporre resistenza chiedendo al governo, nel corso di un presidio fuori da Palazzo Chigi, di “rispettare le promesse elettorali” senza cedere alle pressioni Ue.

La lettera della Commissione europea è arrivata a Roma il 16 novembre scorso dopo lunghi mesi d’attesa. La missiva di richiamo Ue ripercorreva il tira e molla giuridico con l’Italia, inclusa l’apertura della procedura di infrazione nel dicembre del 2020. E contestava i risultati del tavolo tecnico istituito dal governo per la mappatura delle spiagge. Per l’Ue il calcolo della quota del 33% riferito alle spiagge occupate da concessioni demaniali – un dato che non rileverebbe scarsità della risorsa naturale escludendo l’applicazione della direttiva – non è corretto perché “non riflette una valutazione qualitativa delle aree e “non tiene conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale”.

La mappatura del governo vuole invece dimostrare come la risorsa demaniale non in concessione non sia scarsa e quindi non vada applicata la direttiva. Da qui la necessità di più tempo per portare a termine la seconda fase del lavoro del tavolo, per definire i criteri in base ai quali stabilire se c’è o meno scarsità del bene demaniale. E sulla base delle risposte offerte, Bruxelles potrà decidere se deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue. (Teleborsa) 

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