Il pasticcio del governo Draghi sulla norma degli extraprofitti
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CronacaPrimo piano Gio 01 settembre 2022

Il pasticcio del governo Draghi sulla norma che avrebbe dovuto salvare le famiglie e le imprese

Intanto il governo valuta la possibilità di riscrivere la norma proprio per blindare il provvedimento e soprattutto gli incassi. Il pasticcio del governo Draghi sulla norma che avrebbe dovuto salvare le famiglie e le imprese
Redazione Verità&Affari
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Il problema degli extraprofitti

Qualcosa non quadra nella norma sugli extraprofitti. Eni rifà i calcoli e il risultato è che il conto da pagare è quasi triplicato passando da 550 milioni a 1,4 miliardi. Con buona pace degli investitori internazionali che penalizzano l’azione in Borsa. Si tratta decisamente di una brutta sorpresa per tutto il comparto energetico sul quale il governo di Mario Draghi conta per poter reperire risorse da destinare ad imprese e famiglie proprio contro il caro bollette. L’intero settore è infatti ora in subbuglio e alcune aziende, soprattutto fra le municipalizzate e i gruppi delle rinnovabili, già pensano di ricorrere alle vie legali. Un vero e proprio caos. Ma che cosa è accaduto esattamente?

L’aumento dei prezzi dell’energia

Sin da inizio anno, l’incremento nei prezzi dell’energia spinge il governo a varare una serie di provvedimenti per evitare il salasso ai cittadini. Ma servono soldi. Così l’esecutivo decidere di battere cassa presso i gruppi dell’energia che stanno beneficiando di maxi-profitti inattesi proprio per effetto della fiammata dei prezzi energetici seguita alla guerra in Ucraina. Con un decreto l’esecutivo chiede alle imprese il 10% degli extraprofitti realizzati. Una soglia che poi viene portata al 25%. Immediatamente diverse imprese del settore ricorrono alle vie legali perché ritengono il provvedimento illegittimo. Si allineano, invece, le due grandi aziende di Stato: Eni ed Enel.

Ben presto però viene fuori che il gettito giunto come acconto nelle casse pubbliche (circa un miliardo) è di gran lunga inferiore alle attese dal governo (10 miliardi di cui 4 di acconto). Mancano all’appello tre miliardi subito e nove miliardi in totale. Non proprio noccioline soprattutto in tempi in cui la coperta è decisamente corta. Che cosa è accaduto? A spiegarlo è l’Eni in una nota precisando che il gettito dell’acconto (il 40% del totale) è stato bassissimo perché il «contributo straordinario» non colpisce davvero gli extraprofitti bensì il maggior margine Iva e quindi presta il fianco a ricorsi» come spiega l’Eni.

La multa per le compagnie energetiche

Da domani la multa raddoppia. Dal canto suo, il Cane a sei zampe fa sapere che, dopo un interpello alle Entrate, il gruppo ha «integrato» il versamento in modo da mettersi subito in regola. Quanto all’Enel, nulla da dichiarare. Ma nell’ultima conference call con gli analisti sui risultati semestrali, il management dell’Enel ha parlato di un impatto da 70 milioni per effetto della tassa sugli extraprofitti. Ricalcolo incluso.

Le altre aziende del settore stanno decidendo il da farsi. Le più agguerrite sono le municipalizzate e le imprese del comparto rinnovabili che ritengono di aver già pagato troppo. Fra le aziende pubbliche c’è Acea, controllata dal Comune di Roma, che ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento. E poi ancora società private come la francese Engieo gruppi del calibro di Esso e Kuwait Petroleum. Ma il peggio è che la lista potrebbe ulteriormente allungarsi.

Intanto il governo valuta la possibilità di riscrivere la norma proprio per blindare il provvedimento e soprattutto gli incassi. Anche perché se c’è una certezza è che lo Stato non può fare a meno del «contributo di solidarietà» imposto alle imprese energetiche (in totale ben 11mila) per finanziare gli aiuti a cittadini e aziende di altri settori provati dalla pandemia e da una crisi economica sempre più profonda.

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