Ad una settimana dal Digital Act, cosa sta cambiando sul web
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ApprofondimentiDigitale Sab 24 febbraio 2024

Ad una settimana dal Digital Act, cosa sta cambiando per i colossi del web

Dal 17 febbraio è entrato in vigore in tutta Europa il Digital Service Act, ovvero il pacchetto legislativo che va a regolamentare l'online Ad una settimana dal Digital Act, cosa sta cambiando per i colossi del web
Redazione Verità&Affari
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Dal 17 febbraio è entrato in vigore in tutta Europa il Digital Service Act, ovvero il pacchetto legislativo che va a regolamentare e ridefinire le responsabilità dei comportamenti tenuti nel pianeta digitale. Nuovi standard di sicurezza e normative stringenti sulla trasparenza. Dai grandi gestori, come i motori di ricerca e i social network, alle piattaforme online, marketplace compresi, fino ad arrivare ai singoli utenti: chiunque deve fare attenzione alle nuove regole poste in essere all’interno della Comunità Europea.

L’obiettivo del Digital Act è quello di proteggere gli utenti digitali, compresi i minori di 18 anni, andando a garantire un elevato livello di privacy, sicurezza e incolumità. Verranno introdotti strumenti come il controllo dell’età, verranno vietate le pubblicità rivolte ai bambini; verrà offerta la possibilità di rinunciare alla profilazione, e si punterà verso una maggiore affidabilità per quanto riguarda la moderazione dei contenuti, in modo da disinnescare la presenza di bot e fake news.

Daniela De Pasquale, partner dello studio legale Ughi e Nunziante, spiega come agisce il Digital Act nei confronti dei contenuti potenzialmente dannosi o malevoli: “Tra gli aspetti più interessanti vi è la lotta alla disinformazione, un profilo rispetto al quale molte delle imprese che già applicano il DSA sono coinvolte. L’esperienza degli ultimi anni ci ha mostrato la facilità con cui è possibile utilizzare le piattaforme online per creare e diffondere disinformazione, minando i processi democratici ed alterando il discorso pubblico. Il DSA individua la disinformazione come uno dei rischi sistemici che le piattaforme di grandi dimensioni devono mitigare e vieta di progettare le loro interfacce in modo da ingannare o manipolare gli utenti o compromettere la loro capacità di prendere decisioni libere ed informate. Una ulteriore spinta verrà inoltre data dalle disposizioni dell’AI Act: gli obblighi di trasparenza imposti a fornitori e utilizzatori di sistemi di IA generativa per consentire l’individuazione di contenuti generati artificialmente andranno a facilitare l’implementazione delle misure necessarie per contrastare la diffusione di disinformazione e deepfake”.

A proposito di pubblicità online, invece, gli esperti del marketing sanno che l’arrivo dei social è stata una vera rivoluzione nel rapporto tra i brand e i customer, anche se la deregolamentazione del pianeta digitale ha fornito l’occasione, come ci hanno ricordato alcuni recenti ed eclatanti fatti di cronaca, di mettere in atto pratiche commerciali non del tutto trasparenti, quando anche non scorrette. Il Digital Act agirà anche su questo aspetto, come descrive l’ avvocato Aurora Agostini, Counsel dello studio legale Lexia: “Il regolamento segna un passo decisivo nella regolamentazione della pubblicità online, mirando a creare un equilibrio tra le dinamiche commerciali e la protezione dei consumatori. Prima del Regolamento, non c’era un approccio armonizzato specifico per la trasparenza della pubblicità online o per la gestione dei rischi associati a pratiche pubblicitarie dannose, come il targeting eccessivamente invasivo o la disinformazione. Il contesto digitale si arricchisce così di regole che puntano a salvaguardare l’integrità e la sicurezza del mercato: con questa nuova regolamentazione, gli utenti dovrebbero beneficiare di un maggiore controllo sui propri dati e su come questi vengono utilizzati nel contesto pubblicitario, e le aziende, a loro volta, saranno spinte a rivedere le loro strategie di marketing, priorizzando la trasparenza e l’equità. Ciò potrebbe tradursi in una concorrenza più sana, dove la qualità e l’etica diventano parametri distintivi tanto quanto il prezzo e la funzionalità. Nel contempo, le piattaforme dovranno affrontare la sfida di bilanciare personalizzazione e compliance, mantenendo un’esperienza utente di alta qualità, e gli inserzionisti potrebbero dover investire maggiormente in tecnologie e processi che garantiscano il rispetto della normativa (con un innalzamento delle barriere all’ingresso nel mercato della pubblicità online per le nuove imprese). Inoltre, potremmo assistere a una maggiore fiducia da parte dei consumatori nel digitale, con ripercussioni positive sul coinvolgimento e sulle transazioni online”.

Salvaguardare il rapporto tra il brand e il cliente, quindi, non dovrebbe avere un impatto positivo, tanto verso l’azienda quanto verso lo shopping online. Il ragionamento è semplice: chi andrebbe mai a fare shopping in un posto pieno di borseggiatori? L’avvocato Elisabetta Berti Arnoaldi e l’avvocato Francesca La Rocca, Partners dello studio legale Sena & Partners evidenziano come “il regolamento prevede la nomina di un Coordinatore dei Servizi Digitali che ha il dovere di vigilare la conformità dei prestatori di servizi online e che ha poteri di indagini. Nel settembre 2023 in Italia l’AGCOM è già stato nominata coordinatore dei servizi digitali. I soggetti interessati, compresi gli utenti, hanno quindi il diritto di presentare un reclamo nei confronti dei fornitori di servizi intermediari vertente sulla violazione del regolamento al coordinatore dei servizi digitali presso l’AGCOM, che può comminare multe fino al 6% del fatturato annuo mondiale del prestatore di servizi che ne ha violato le previsioni, comminando quindi una sanzione amministrativa. Sanzione che è importante non confondere con l’eventuale risarcimento del danno subito dall’utente della piattaforma, per ottenere il quale occorre la proposizione di una azione avanti l’autorità giudiziaria”.

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