Ex Ilva, nuovo Cda il 28 dicembre: "La produzione non si fermerà"
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AperturaEconomia Ven 22 dicembre 2023

Ex Ilva, nuovo Cda il 28 dicembre. Urso: "La produzione non si fermerà"

Scontro in assemblea dopo che Invitalia ha disertato il Consiglio di ieri. Delibera sull'aumento di capitale rinviata. Ex Ilva, nuovo Cda il 28 dicembre. Urso: "La produzione non si fermerà"
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Altra fumata nera per il dossier Ilva. Anzi, l’assemblea che si  è riunita oggi a Milano nella sede di Acciaierie d’Italia ha messo ancor più  in evidenza la distanza tra il socio pubblico, Invitalia, intento a salvare l’azienda,  e quello privato, ovvero gli indiani di AcelorMittal che detiene la maggioranza con il 62% ma da tempo ha fatto intendere il proprio disinteresse per il polo siderurgico tarantino.

Da qui la decisione di Invitalia di disertare il Cda di ieri nel quale si sarebbe dovuta discutere una proposta di delibera per l’aumento di capitale di 320 milioni di azioni a un euro l’una.  Um aumento di capitale scindibile, da offrire in opzione a ciascuno dei soci in misura proporzionale alle quote previste dallo statuto, ad un prezzo di sottoscrizione pari al nominale di un euro per azione, con la precisazione che a ciascuna azione spetterà un diritto di voto secondo quanto previsto dallo statuto.

Una assenza propedeutica al rilancio

L’assenza dei consiglieri di Invitalia (presidente compreso) al Cda di ieri è stato un chiaro messaggio a Mittal che, viene fatto rilevare,  spende oltre un miliardo tra buyback e cedole ma volta le spalle a Taranto. Con queste premesse, nell’assemblea di oggi si è andati allo scontro. Inevitabile a quel punto la diffusione di un laconico comunicato che annuncia la convocazione di un nuovo Cda per il 28 dicembre in cui si proporrà un nuovo testo di delibera “a sostegno del fabbisogno finanziario alla società”.

Ma cosa intende fare l’esecutivo per salvare il polo siderurgico? Il governo, per varare un vero piano di ripartenza sarebbe intenzionato a proporre una “composizione negoziata della crisi”, una procedura alla quale possono accedere le imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario con alta probabilità la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato. L’obbiettivo finale è quello di arrivare con Invitalia ad una quota del 60% del capitale, attraverso la conversione del prestito obbligazionario da 680 milioni già versato. A quel punto Mittal, con il 40% sarebbe in minoranza. Nel piano c’è comunque anche l’apertura del negoziato per  il preteso risarcimento chiesto dal socio privato.

Urso esclude il rischio fallimento

Una strategia contro cui AcelorMittal fa muro. Di fronte alla battaglia tra i soci e ed allo spettro del fallimento i fornitori chiuderebbero i rubinetti. E il governo non potrebbe fare altro che   commissariare Acciaierie d’Italia (come è successo ai tempi della famiglia Riva) ed avviarsi sulla strada del risanamento, magari attraverso l’arrivo di un nuovo partner industriale. Ma una strategia tanto complessa presuppone la supervisione del tribunale e anche il rischio di fallimento. Almeno così temono i sindacati.

Per il ministro il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso quest’ultima è una ipotesi da escludere categoricamente.  “Siamo convinti e lavoriamo affinché Ilva continui ad essere un polo produttivo anche e soprattutto con le prospettive della riconversione green – ha detto il ministro. – L’unica cosa certa è che l’Ilva continuerà a produrre”.  “Il governo é impegnato a mantenere questo importante, strategico e decisivo sito produttivo italiano – ha aggiunto Urso,  – e a rilanciarlo nella sua riconversione green. La prossima settimana ci sarà anche un altro tavolo con i sindacati“.

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