I Brics crescono con altri sei Paesi. Ma si frena sulla moneta unica
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EconomiaIn evidenza Gio 24 agosto 2023

I Brics crescono con l'ingresso di altri sei Paesi. Ma si frena sulla moneta unica

Dal 2024 ai Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si uniscono Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi I Brics crescono con l'ingresso di altri sei Paesi. Ma si frena sulla moneta unica
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Il fronte dei Brcs cresce, ma sulla valuta unica ci sarà ancora da attendere. A partire dal primo gennaio 2024, il gruppo di Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) includerà infatti altri sei membri effettivi: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.  Lo ha annunciato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, nel corso della conferenza stampa finale dei leader a Johannesburg, nel XV Brics Summit. “Come cinque paesi Brics abbiamo raggiunto un accordo su principi-guida, standard, criteri e procedure del processo di espansione del Brics” stesso, “di cui si era discusso per un bel po'” di tempo, ha spiegato Ramaphosa prima di annunciare l’invito ai sei Paesi a far parte del blocco dal primo gennaio prossimo.

Ma, diversamente dalle premesse e dalle attese,  non c’è l’intesa sulla valuta comune che, dall’altro lato dell’Oceano, sarebbe interpretata come un vero e proprio atto di guerra economico-finanziaria. Una simile mossa rischia infatti di cambiare completamente e per sempre gli equilibri sui mercati valutari in uno scontro con il dollaro e l’euro senza precedenti nella storia economica.

La creazione di una moneta unica per gli scambi internazionali resta un tema caldo

L’ultima volta che qualcuno ha sfidato il dollaro e il franco CFA è finita molto male. Secondo quanto ha raccontato la premier Giorgia Meloni, nel 2011 la Francia bombardò la Libia perché il colonnello Mu’ammar Gheddafi, all’epoca presidente libico, voleva creare una moneta unica per i Paesi Africani. Una valuta da imporre poi non solo nel commercio internazionale con l’Africa, ma soprattutto per il pagamento del petrolio. Di qui i bombardamenti Parigi, la destituzione di Gheddafi e l’inizio di un flusso migratorio verso il Vecchio continente senza precedenti. 

Il raforzamento del fronte Brics è già molto significativo nello scenario geopolitico mondiale

Con l’ingresso di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i Paesi Brics “rappresenteranno il 36% del Pil mondiale e il 47% della popolazione dell’intero pianeta”, ha affermato nella conferenza stampa finale del 15/mo summit dei Brics, in Sudafrica, il presidente brasiliano Lula da Silva. “A questa prima fase se ne aggiungerà un’altra di ulteriore ampliamento”, ha aggiunto Lula.

L’allargamento dei Brics con altri sei Paesi “rappresenta un nuovo capitolo nella collaborazione dei Paesi emergenti e in via di sviluppo”. Lo ha detto nel corso della conferenza stampa finale del 15/mo summit dei Brics, in Sudafrica, il presidente cinese Xi Jinping, esprimendo soddisfazione per gli accordi raggiunti.

Lo scenario non promette niente di buono per il Vecchio continente

“Le guerre si materializzato in figure e forme diverse. Ci sono guerre calde, guerre fredde e quelle che l’economista Pippa Malmgren chiama le guerre calde in luoghi freddi – cyberspazio, spazio e nelle profondità degli oceani” spiega Zoltan Pozsar , esperto di Credit Suisse in un suo recente report dove si analizza l’inflazione.

Alla lista possiamo anche aggiungere i corridoi di potere di  Washington, Beijing, and Moscow, dove le grandi potenze stanno portando avanti guerre calde che coinvolgono i flussi tecnologici, beni e materie prime, e cioè le calde guerre economiche, che recentemente hanno contribuito in modo determinante all’innalzamento dell’inflazione”. Inflazione che, nella sua opinione, non è affatto figlia dello scontro bellico in atto in Ucraina, ma piuttosto delle tensioni internazionali. Tensioni che, a giudicare dai lavori del summit di Johannesburg, non srmbrano stemperarsi. 

 

 

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