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Economia Dom 15 gennaio 2023

Tim, il tavolo sulla rete pubblica è fermo per sbloccarlo serve un intervento della Meloni

Gli aiuti pubblici al settore delle tlc potrebbero sbloccare anche la partita sulla rete pubblica. Ma dove si trovano le coperture? Tim, il tavolo sulla rete pubblica è fermo per sbloccarlo serve un intervento della Meloni GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Il tavolo sulla rete pubblica è fermo

Partiamo dai fatti. Il tavolo che coinvolge ministeri interessati, Vivendi (primo azionista di Tim) e Cassa Depositi e Prestiti (secondo azionista di Tim e primo di Open Fiber) e che nelle intenzioni del governo dovrà fissare il percorso per arrivare alla rete pubblica, prima che unica, è entrato in una fase di stallo. Doveva chiudersi, nel senso di indicare una strada, nel 2022 e così non è stato. Doveva riprendere subito dopo le festività natalizie (da più parti era stato indicato venerdì 13 gennaio come il giorno buono) e così non è stato. Doveva aiutare a trovare un compromesso tra i divergenti interessi dei primi due soci dell’ex monopolista della telefonia ed evidentemente così non è stato. 

Sembra essere tornati indietro ai tempi del Mou, il memorandum of understanding che riguardava tutti gli stakeholder e che avrebbe dovuto portare a un’offerta di Cdp e Open Fiber sull’infrastruttura, mai però realmente arrivata. Il nodo era e resta quello della valutazione della rete. Con Cdp che continua a restare ferma su una cifra che mai supererà i 20 miliardi, nella NetCo dovrebbero confluire una decina dei circa 25 miliardi di debiti di Tim e 21 mila dei 42 mila dipendenti. Vivendi, però, valuta l’infrastruttura in capo a Tim (compresa Fibercop, la società della rete secondaria di Tim, dove il fondo Kkr ha acquistato il 37,5% per 1,8 miliardi di euro) più di 30 miliardi. E intorno a questo enorme gap si ferma tutto. Al punto da far passare in secondo piano i rilievi dell’Antitrust, sia a livello nazionale che Ue.  

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Gli aiuti di Stato

Come se ne esce? Sicuramente gli aiuti di Stato potrebbe sbloccare l’impasse. Secondo il Sole 24 Ore – non considerando le questioni che riguarderebbero solo Tim – sul tavolo del ministero del made in Italy di Adolfo Urso la società guidata dall’ad Pietro Labriola avrebbe fatto arrivare una serie di richieste che riguardano tutto il settore. Ad esempio la rivisitazione delle risorse pubbliche destinate al piano voucher per destinare una parte delle risorse verso altre misure come la riduzione dell’Iva sui servizi di connettività. Un altro tema – a dir il vero anche questo molto dibattuto – riguarda il mancato riconoscimento delle telco fra le aziende energivore per cui non possono beneficiare degli aiuti garantiti dallo Stato per l’acquisto dell’energia. E poi è stata rimarcata l’esigenza di adeguare i limiti elettromagnetici con l’Italia che he dei paletti alle emissioni che sono 10 volte più severi rispetto ai livelli internazionali: 6 volt al metro contro 60 volt per metro. Per non parlare delle richieste su misure che promuovano operazioni di aggregazione industriale (negli Usa ci sono solo 4 player, pari a quelli che operano nella sola Italia) e alla conferma del contratto di espansione. I due tavoli (18 e 25 gennaio) “chiamati” da Alessio Butti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, servono proprio a raccogliere e a fissare le priorità del settore. E con ogni probabilità si sta aspettando di far chiarezza su questo punti prima di rimettere Vivendi e Cdp intorno a un tavolo per parlare di infrastruttura. 

Dove si trovano le coperture?

Possono bastare gli aiuti a sbloccare l’impasse sulla rete? Per rispondere alla domanda bisogna partire da due considerazioni. Da un lato la tempistica e dall’altro le coperture? Quanto tempo ci vorrà per arrivare agli eventuali sussidi e dove si trovano i soldi per venire incontro alle esigenze di Tim e delle altre società di tlc interessate alla partita. Se si pensa che la polemica che sta caratterizzando il dibattito politico da una settimana a questa parte riguarda un miliardo al mese per la mancata conferma del taglio sulle accise, si può capire che l’esecutivo abbia oggi diverse priorità ed è difficile dire fino a che punto potrà spingersi per facilitare il percorso che porta alla rete pubblica. 

Comunque la si mette diventa quindi centrale il ruolo della Meloni. Quando è intervenuto, il presidente del Consiglio l’ha fatto in modo deciso. “Confermo che questo governo si dà l’obiettivo duplice di assumere il controllo della rete, per una questione strategica, e di lavorare per mantenere i livelli occupazionali. Tutto il resto lo lasciamo alla dinamica libera del mercato”, aveva detto nella conferenza stampa di fine anno. Mentre il ministro Urso chiariva: “Spero che entro il 31 dicembre saremo in grado di dare indicazioni sulla rete Tim. Tutto sempre perseguendo l’interesse nazionale nel rispetto degli investitori stranieri”. Il problema è che nelle prime due settimane dell’anno nuovo il dossier non ha fatto passi avanti. Anzi. Se possibile è tornato al punto di partenza. 

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