Il sindacato e il bilancio che non c'è
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AperturaGoverno Lun 13 novembre 2023

Scontro Salvini-Landini sul sindacato e sul bilancio che non c'è

Il prospetto contabile dei sindacati è solo una frazione delle attività svolte. Mancano all'appello le attività di Caf e patronati, oltre che quelle della formazione Scontro Salvini-Landini sul sindacato e sul bilancio che non c'è CGIL MANIFESTAZIONE NAZIONALE A PIAZZA DEL POPOLO
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Nel botta e risposta fra il vicepremier Matteo Salvini e il leader della Cgil Maurizio Landini volano gli stracci. Il sindacalista accusa il ministro di voler abolire il diritto allo sciopero proprio quando i lavoratori sono pronti a scendere in piazza venerdì 17. Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti risponde imputando ai sindacati opacità e scarsa trasparenza. In particolare sulla contabilità. Per il vicepremier, secondo quanto previsto dalla Costituzione, le organizzazioni dei lavoratori hanno l’obbligo della trasparenza che però non è rispettato. Così per Salvini, prima di tirare in ballo la Carta costituzionale, Landini farebbe bene a rispettarne tutti i suoi principi. 

MATTEO SALVINI MINISTRO

Il VICEPREMIER MATTEO SALVINI

Ed in effetti solo in tempi relativamente recenti, a seguito di alcune inchieste giornalistiche, i sindacati hanno iniziato a pubblicare i loro bilanci. Sul sito della Cgil si possono reperire i prospetti contabili a partire dal 2010. Poche pagine (65 in totale nel 2022, incluse le relazioni di sindaci e revisori) che riassumono l’attività della singola organizzazione sindacale con il numero di tessere, di iscritti e dipendenti, oltre ai costi sostenuti nell’esercizio. Un bilancio sintetico, come si usa chiamare in gergo questo tipo di documento. Tutto bene quindi. Non proprio perchè la trasparenza è rispettata nella forma. Non nella sostanza.

Tre i grandi filoni del sindacato

Se infatti il sindacato affonda le sue radici nelle tessere, ci sono anche altre “fonti di reddito” che non sono direttamente riconducibili al bilancio dell’organizzazione, ma che ad essa sono indirettamente correlate. 

Dalla contabilità dei sindacati sono infatti escluse non solo le attività di consulenza svolte da patronati e Caf, ma anche il business delle strutture di formazione che pure ricevono centinaia di milioni dalle diverse Regioni italiane. Denaro pubblico speso in formazione professionale senza che ci sia poi, da parte dello Stato, un reale riscontro sull’efficienza della spesa. Una questione quest’ultima sulla quale Verità&Affari ha interpellato il Ministero dell’istruzione senz riuscire ancora ad ottenere il dettaglio di una spesa estremamente frammentata.

Detta in altri termini, è come se in un’azienda con diversi rami di business si considerasse solo un’attività all’interno del bilancio consolidato. Un paradosso inaccettabile per le imprese, ma reale per il sindacato.

La base sindacale non è più quella di una volta

L’opacità non fa certo bene all’immagine del sindacato nel momento in cui i lavoratori diminuiscono e i pensionati sono furibondi per la mancata rivalutazione dell’assegno previdenziale. Così progressivamente l’organizzazione si sta indebolendo rispetto al passato. Anche perchè rappresenta sempre meno le istanze dei suoi iscritti e assomiglia sempre di più ad un’azienda dalla struttura accentrata e verticistica. Certo il sindacato resta forte nelle grandi aziende, soprattutto quelle pubbliche. Nelle Ferrovie ad esempio la Cgil rimane estremamente solida come dimostra il fatto che, in passato, un ex sindacalista, Mauro Moretti, ne sia persino diventato amministratore delegato. Tuttavia oggi la nuova ventata di privatizzazioni  rischia di metterne a dura prova il potere interno. 

Il resto lo ha fatto il lavoro da remoto e lo smartworking che si è affermato nel post-Covid. Con i lavoratori sempre meno presenti nelle sedi aziendali e quindi per definizione lontani dal centro di aggregazione sindacale. Intanto Caf e patronati fanno fatica perchè il governo, già dai tempi del governo di Mario Monti, ha dato una pesante sforbiciata ai contributi. Così oggi ci sono meno introiti in una struttura che resta molto sviluppata sul territrio e che è legata al sindacato per effetto delle tessere che consentono di ottenere la consulenza gratuitamente o a prezzi più contenuti rispetto a quelli di mercato.

A conti fatti, per il sindacato il grande business del presente e del futuro è la formazione professionale che rappresenta anche una grande opportunità grazie ai soldi in arrivo del Pnrr. Non è facile costruire la dimensione di questo “ramo d’azienda” perchè è gestita attraverso realtà regionali che, pur essendo l’alter ego locale del sindacato, non fanno parte integrante del suo bilancio. Con buona pace di chi dalle organizzazioni di categoria si attende serietà e trasparenza. E del ministro Salvini che chiede chiarezza. 

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