Landini e il rebus sul futuro della Cgil
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AperturaLavoro Sab 30 settembre 2023

Landini e il rebus sul futuro della Cgil. Obiettivo: fondi per la formazione

Il sindacato si fa azienda. Le nuove frontiere per la triplice, Cgil in primis. Formazione con i fondi del Pnrr e legge sulla rappresentanza Landini e il rebus sul futuro della Cgil. Obiettivo: fondi per la formazione CGIL MANIFESTAZIONE NAZIONALE A PIAZZA DEL POPOLO
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Altro che campagna mediatica denigratoria contro la Cgil. I problemi di quel sindacato sono ben altri. E il suo leader Maurizio Landini li conosce bene. Sono nelle pieghe di un bilancio che non è più quello di una volta. I tempi sono cambiati e i numeri non tornano. E la grande partita da giocare sono i fondi del Pnrr per la formazione, un affare da centinaia di milioni al quale il sindacato non vuole rinunciare. Anche a dispetto del fatto che le esigenze del mercato siano ben diverse dall’offerta formativa proposta dagli istituti di formazione che fanno capo alle organizzazioni dei lavoratori.

La situazione è molto delicata

La base freme, i lavoratori diminuiscono e i pensionati sono furibondi per la mancata rivalutazione dell’assegno previdenziale. In poche parole, l’organizzazione barcolla. Rappresenta sempre meno le istanze dei suoi iscritti e assomiglia sempre di più ad un’azienda dalla struttura accentrata e verticistica. Con tutte le difficoltà di chi deve confrontarsi con il mercato e con il mondo della comunicazione che, mettendo alla porta il portavoce Massimo Gibelli, Landini ha affidato alle cure del suo compagno d’infanzia Gianni Prandi. Lo stesso che ha ottenuto una commessa da 15 milioni da Ita Airways proprio mentre 4mila lavoratori Alitalia finivano in cassa integrazione. E intere strutture di delegati sindacali intrattenevano rapporti privilegati con Ita.

Fortuna vuole per la Cgil che, come afferma Landini, dei 2,7 milioni spesi in comunicazione il sindacato non paghi neanche un euro per le prestazioni di Prandi che “lavora gratis”. Cosa possibile grazie al fatto che Prandi e le sue aziende (Assist group e a catena True Italian Experience) hanno un portafoglio con clienti di prestigio. Alcuni, come Ita, con cui proprio la Cgil ha rapporti sindacali consolidati e tutt’altro che marginali.

Iscritti in calo, Caf e Patronati in ritirata

Come ha di recente ricordato Landini, la Cgil è “un’organizzazione democratica con più di cinque milioni di iscritti, senza niente da nascondere”. Ebbene nel bilancio 2022, le adesioni risultano in calo in undici regioni su diciannove con la perdita totale nell’anno di oltre 26mila 700 lavoratori (-0,5%). Ma Landini giura che nel 2023 le iscrizioni sono in recupero.  Intanto Caf e patronati fanno fatica. Pur non essendo nel bilancio del sindacato, ma ad esso direttamente riconducibili, sono finanziati, in parte, dallo Stato. Offrono assistenza gratuita o a prezzi calmierati a lavoratori e pensionati iscritti al sindacato. Ed essendo a buon mercato, sono uno dei motivi per cui si sceglie di continuare a pagare la tessera sindacale.

Tuttavia negli ultimi anni, causa revisione della spesa pubblica, i fondi statali per Caf e Patronati sono stati tagliati sulla scia della decisione del governo Gentiloni di puntare sulla digitalizzazione dell’Inps e dell’Agenzia delle Entrate. E così i Caf hanno iniziato a farsi pagare direttamente dagli utenti per alcuni dei servizi offerti.

La formazione, finanziata dalle Regioni, resta un grande affare

Esattamente come in passato. Non a caso l’ex ministro del lavoro e delle politiche sociali (governi Gentiloni-Renzi), il perito agrario Maurizio Poletti, che ha riformato il mercato del lavoro con il Jobs Act, viene proprio dal mondo della formazione sindacale. Attraverso la Regione e i suoi istituti di formazione, come Efeso in Emilia Romagna, diretto per anni da Poletti, i sindacati promuovono infatti progetti per la formazione che vengono finanziati anche da soldi pubblici. Oggi però le cose stanno cambiando per effetto delle figure professionali richieste dalla digitalizzazione e dal Pnrr. Non bastano più infatti i corsi per i tecnici specializzati, coiffeur ed estetiste. Ma serve una formazione altamente specializzata con competenze digitali avanzate e capace di effettuare progettazione e sviluppo per il rilancio del territorio.

Il sindacato cerca nuova linfa vitale

Oltre alla formazione, ci sono poi anche altre due strade più interessanti per Landini. La prima è nello sviluppo dei fondi previdenziali e dell’assistenza sanitaria privata. Il fenomeno, soprattutto se esteso al settore pubblico, porta in dote una moltiplicazione delle poltrone a disposizione del sindacato.

C’è poi un’altra partita essenziale per tutte le grandi sigle sindacali: la definizione di una legge sulla Rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, come ripete in ogni occasione Landini. La norma suggerita da Cgil e le altre confederazioni main-stream deriva dagli accordi iper-corporativi da loro firmati con le maggiori associazioni padronali dal 2011 al 2014, definiti in modo da assicurare una sorta di oligopolio già esistente nelle aziende.
L’obiettivo di Landini, assieme a Cisl e Uil, è tagliare fuori soprattutto i sindacati di base e alcuni autonomi che rischiano di rubare iscritti. Un meccanismo che non ha nulla a che vedere con rappresentatività e democrazia.  

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