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AperturaLusso Mer 06 settembre 2023

Crisi La Perla, promesse e guai del finanziere che ha messo in ginocchio il marchio

Il Mimit convoca al tavolo Lars Windhorst, discusso uomo d'affari che ha in mano il brand dell'intimo. Ma i precedenti non sono positivi Crisi La Perla, promesse e guai del finanziere che ha messo in ginocchio il marchio LE LAVORATRICI DE LA PERLA MANIFESTANO SOTTO AL MISE LAVORATRICE MANIFESTAZIONE, PROTESTA
Gianluca Paolucci
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Gianluca Paolucci

Ha lavorato per Reuters e La Stampa occupandosi di finanza, crac bancari, criminalità finanziaria e corruzione. Dal 2022 è caporedattore di Verità & Affari e scrive per La Verità e Panorama.

Crisi La Perla, chi è il finanziere che ha messo in ginocchio il marchio

“Entro la metà del mese di ottobre chiedo sul mio tavolo il piano industriale dell’azienda e chiedo di incontrare di persona Mr. Lars Windhorst per conoscere il suo piano di rilancio dell’impresa”. In bocca al lupo a Fausta Bergamotto, sottosegretario del Mimit con delega alla crisi d’impresa. La crisi è quella di La Perla, storico marchio dell’intimo di lusso. Lars Windhorst è il suo proprietario, e vedremo se risponderà al fermo invito del Mimit.

“Oltraggio alla Corte”

I precedenti non sembrano favorevoli. A dicembre doveva presentarsi in aula a Londra, dove era stato citato da un creditore, il gruppo Heritage del finanziere italo-monegasco Manfredi Lefevre d’Ovidio. Non si è fatto vedere. Il suo avvocato ha spiegato che non aveva risposto all’ordine della Corte perché era a Dubai. Per incontrare un misterioso investitore che avrebbe potuto risollevare le sorti dei suoi investimenti a far contenti i creditori. Purtroppo però l’investitore, se mai c’è stato, si è volatilizzato e i creditori stanno ancora aspettando i soldi. Il giudice non l’ha presa bene e all’udienza successiva lo ha dichiarato colpevole di oltraggio alla Corte. In luglio, nell’ambito della stessa causa doveva essere esaminato lo stato dei suoi asset, conti bancari, proprietà immobiliari e quant’altro per valutare la capacità di soddisfare i suoi creditori. Windhorst ha dichiarato di non essere in grado di dire a quanto ammonta il suo patrimonio. Poco. Tra i suoi investimenti c’era anche il club di calcio dell’Herta Berlino, venduto al fondo americano 777. Il finanziere ha incassato appena 15 milioni, dichiarando di “non ricordare” quanto lo aveva pagato.

Gli investimenti spericolati di H2O

Il nome di Windhorst è salito alla ribalta nel 2019, quando è andato in crisi di liquidità il fondo francese H2O. Noto sul mercato per i rendimenti stratosferici che riusciva a pagare agli investitori, anche molti italiani. Finché non si è scoperto che aveva in portafoglio circa 2 miliardi di euro di titoli illiquidi, tutti legati alle varie attività di Windhorst. Il fondo H2O, dopo anni da superstar dei mercati, ha ricevuto una maximulta dalle autorità francesi per i suoi investimenti spericolati con Windhorst. Compresi dei bond di La Perla. Anche Heritage Group aveva investito nei bond La Perla, oltre 172 milioni di euro. E per questo ha portato il finanziere tedesco in tribunale a Londra. Sempre a Londra, ma in una causa separata, il giudice ha emesso un ordine di congelamento per 150 milioni di asset di Windhorst. In bocca al lupo anche a lui.

Accordo per il rilancio, ma non paga gli stipendi

La crisi di La Perla viene da lontano. Sono almeno dieci anni che il marchio bolognese è in sofferenza e la gestione del fondo Tennor di Windhorst non ha migliorato la situazione. Ad agosto i 350 dipendenti sono scesi in piazza perché non hanno ricevuto lo stipendio, già tagliato da un accordo di solidarietà firmato pochi mesi prima. A inizio maggio la proprietà aveva annunciato che entro un mese sarebbero arrivati i 60-70 milioni necessari per pagare i fornitori, rimettere in marcia lo stabilimento bolognese e riprendere a sviluppare prodotti a pieno ritmo. Non si sono visti neppure quelli. 

“Noi come Governo siamo pronti ad utilizzare gli strumenti che abbiamo a disposizione, ma non siamo un bancomat. Perciò vogliamo conoscere il piano di rilancio dell’impresa e del marchio. Per noi è un connubio necessario, marchio e produzione”, ha detto ancora la Bergamotto dopo il tavolo con i sindacati. In bocca al lupo, soprattutto ai dipendenti. 

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